DISTURBI ALIMENTARI: SERVE ATTENZIONE, SERVONO STRUTTURE

Nella Giornata Mondiale contro i disturbi alimentari, oggi alle 15 si tiene una manifestazione davanti al Ministero della Salute. La Rete degli Studenti Medi del Lazio chiede sportelli psicologici a scuola, psicologi di base e consultori. E critica una società che porta continuamente alla competizione

“Ci meritiamo di stare bene”. È la scritta che campeggia su uno specchio tenuto in mano da una ragazza e l’immagine di lancio di un’importante manifestazione che si tiene a Roma oggi, il 15 marzo alle 15, davanti al Ministero della Salute, in occasione della Giornata del Fiocchetto Lilla, la Giornata Mondiale contro i disturbi alimentari. A promuoverla è la Rete degli Studenti Medi del Lazio, che da qualche anno ha deciso di prendere posizione nei confronti delle istituzioni sul tema dei disturbi alimentari. In Italia circa 3 milioni di persone sono affette da DCA e il 30% hanno meno di 14 anni. Secondo la ricerca Chiedimi come sto (promossa da Rete studenti medi, Udu, Spi Cgil nazionale e curata da Ires) il 14,5% dei giovani intervistati ha avuto episodi di autolesionismo e il 26,4% ha pensato seriamente di lasciare gli studi.  Gli studenti e le studentesse stanno male, e la politica fa poco per aiutarli. In tutto il territorio del Lazio ci sono solo 135 consultori attivi, un numero molto al di sotto della media nazionale. Proprio a causa del numero ridotto di presìdi, quelli attivi devono occuparsi mediamente di 44.058 residenti ognuno, più del doppio di quanto previsto dalla legge 34/96. Inoltre, nel Lazio sono registrati solo 8 centri specializzati nella gestione dei DCA, rendendo sempre più complesso l’accesso alle cure da parte di chi ne ha bisogno. Inoltre, alll’interno delle scuole superiori, dove situazioni di disagio psicologico sono sempre più frequenti, le 140 ore annue di sportello psicologico previste spesso non vengono realmente svolte.

La Rete degli studenti medi del Lazio: le richieste

Rete degli studenti medi del Lazio
La manifestazione si tiene oggi, 15 Marzo, in occasione della Giornata del Fiocchetto Lilla. Immagine Rete degli studenti medi del Lazio

È interessante vedere come siano gli studenti ad essersi organizzati, in modo da far sentire la loro voce. «Il percorso è iniziato subito dopo la pandemia» ci ha spiegato Michele Sicca, della Rete degli Studenti Medi del Lazio. «Abbiamo iniziato a ragionare di questo problema perché la pandemia lo ha esasperato e reso evidente in forme peggiori. Abbiamo lanciato il progetto Chiedimi come sto, una pagina Instagram animata in tutti i territori d’Italia dagli studenti di licei e università, per parlare del tema dal nostro punto di vista. Erano i giorni in cui ognuno aveva qualcosa da dire e noi avevamo poca voce in capitolo. Abbiamo realizzato una ricerca statistica con l’IRES dell’Emilia Romagna, su un campione di 30mila studenti che ha portato a un report di 70 pagine». «Questo studio racconta una generazione in grossa difficoltà e una sanità che non riesce a rispondere a quelle necessità» spiega Michele Sicca. «Da lì sono iniziati momenti di formazione, assemblee, formule di socializzazione dei dati che ci hanno permesso di costruire consenso intorno alla questione. Ma, oltre alla consapevolezza, c’era bisogno di darsi degli obiettivi e rivendicarli. L’anno scorso come Rete degli Studenti Medi del Lazio, abbiamo fatto un flashmob, ma quest’anno volevamo scendere in piazza. Con la manifestazione, organizzata dalla Rete del Lazio ma con uno sfondo nazionale, stiamo chiedendo una serie di cose che riguardano sia il mondo della scuola che il mondo della sanità pubblica. Le nostre idee sono: lo sportello psicologico a scuola, lo psicologo di base e i consultori. La nostra è una critica complessiva al sistema di istruzione e società che ci porta continuamente alla competizione e a stare male. A volte con alcuni tragici epiloghi. Con ragazze e ragazzi che hanno deciso di togliersi la vita».

L’ansia per la scuola, l’incertezza sul futuro, le diete, il bullismo

Spesso i disturbi alimentari sono legati ad altre problematiche, causate dal mondo di oggi che non fa altro che creare competizione. Così ci sono studenti e studentesse che si tolgono la vita per non aver dato esami universitari, o prendono medicine per affrontare l’ansia di interrogazioni e compiti in classe. «Molta gente immagina che chi soffre di questi disturbi lo fa per una questione di stile» ragiona Michele Sicca. «È evidente che ci sono cause anche nel modello canonico di bellezza che la società impone. Ma i disturbi alimentari hanno le cause più disparate. C’è l’ansia e lo stress causati dalla scuola, la prospettiva di un futuro incerto. Questi disturbi sono molto caratterizzati dalla necessità di controllo: non avere una prospettiva di fronte a sé mette in crisi questa idea di controllo e fa ricadere in questi comportamenti». «Ci sono predisposizioni individuali, temperamenti con cui si nasce, un’insicurezza personale e interpersonale che giustifica la tendenza al perfezionismo» ci spiega la dott.ssa Valeria Zanna, responsabile del reparto dedicato all’anoressia e ai disturbi alimentari dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. «Ci sono fattori di rischio che aumentano se in famiglia qualche parente si è ammalato di disturbo alimentare. E ci sono fattori scatenanti, che sono i più casuali. Può trattarsi di una condizione di obesità o sovrappeso, per cui le ragazze decidono di mettersi a dieta e lo fanno con modalità sbagliate. Possono esserci episodi di bullismo, critiche o giudizi sull’aspetto fisico».

Ambulatori specializzati erogati dal territorio

rete degli studenti medi del lazio
Chi soffre di disturbi alimentari vive la propria condizione come situazione normale. Immagine Fenice Lazio odv

I disturbi alimentari sono cose da prendere sul serio, da non sottovalutare. Per questo servono centri specializzati, che non sono abbastanza. «Adesso la situazione si sta muovendo» ci spiega Manlio Dell’Ariccia, dell’associazione Fenice Odv, che si occupa di disturbi alimentari. «Qui nel Lazio non c’era nessuna struttura, se c’erano delle ragazze che avevano bisogno di ricovero in una struttura specializzata, come mia figlia, dovevano andare in Umbria o in Lombardia. Ora la Asl Roma 1 sta aprendo una residenza e centri convenzionati». A Roma c’è l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù che ha un reparto dedicato all’anoressia e disturbi alimentari. «I disturbi alimentari devono essere trattati in ambulatori specializzati, e questi servizi devono essere erogati dal territorio» ci spiega la responsabile, la dott.ssa Valeria Zanna. «Ad oggi nel Lazio sono pochissime le Asl che erogano un servizio così specialistico, e quelle esistenti offrono un servizio rivolto agli adulti o alla fascia dell’alta adolescenza, dai 16 anni in su. La popolazione infantile si trova senza un riferimento. Sotto i 16 anni al momento c’è solo la Asl Roma 1 che dà una risposta dai 12 anni in su. Noi facciamo ricoveri anche di bambine di otto-nove anni. E non si tratta di ragazzine che smettono di mangiare: vogliono avere la tartaruga sull’addome, conoscono le calorie, sono dentro un’ideazione anoressica».

Le ragazze non vedono il problema: per loro mangiare significa ingrassare

A presentare problemi di questo tipo sono soprattutto ragazze, e sono sempre più giovani. Come abbiamo visto il disturbo alimentare è legato a condizioni psicologiche molto particolari. «Questi disturbi sono molto più frequenti nella popolazione femminile» ci spiega la dott.ssa Zanna. «La patologia che più di ogni altra ha necessità di un intervento urgente è l’anoressia nervosa. Sono ragazze che perdono peso rapidamente, che ormai hanno un disturbo del pensiero. Per cui per loro mangiare significa ingrassare, ed è difficile far riprendere loro abitudini alimentari normali». La caratteristica di chi soffre di disturbi alimentari è vivere la propria condizione come situazione normale. «Noi psichiatri la chiamiamo ego sintonica» ci spiega la dottoressa. «Questa cosa non crea loro un problema, che infatti viene visto e sottolineato dai familiari, che per noi sono una grande risorsa: sono loro che ci portano i ragazzi. Oltre un disturbo del pensiero c’è un disturbo della percezione: le ragazze si vedono grasse anche se sono visibilmente sottopeso. È difficile ingaggiarle per un trattamento di cura. Serve allora cercare di creare un’alleanza terapeutica, un rapporto di fiducia. Si tratta di costruire un cambiamento delle abitudini alimentari, facendo capire loro che il nostro obiettivo non è farle ingrassare: possono rimanere magre, purché in un corpo che funzioni».

Il ricovero e il day hospital; l’intervento del nutrizionista, dello psichiatra, dello psicologo

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«I profili recovery nascono per accompagnare un processo di guarigione: se ad averli sono persone che non stanno guarendo si creano meccanismi moto dannosi» Immagine Fenice Lazio odv

Molto spesso le condizioni di queste ragazze sono talmente serie che hanno necessità di essere ricoverate. «Siamo presenti su tre diversi tipi di intervento» ci illustra Valeria Zanna. «Il ricovero, quando c’è uno scadimento delle condizioni psicofisiche: sono ragazze che hanno perso tantissimo peso e che hanno una frequenza cardiaca molto bassa. Poi siamo presenti sul trattamento: cerchiamo il più possibile di evitare ricoveri lunghi, perché non è mai un’esperienza piacevole. Quindi abbiamo un intervento in day hospital su due livelli: quello ad alta assistenza, dove le ragazze vengono 3 volte a settimana e condividono il pranzo e la merenda, e il day hospital mono settimanale». La terapia deve essere anche di tipo psicologico. «Serve una psicoeducazione alimentare» illustra la dottoressa. «Le ragazze devono imparare ad alimentarsi bene e sono seguite dal nutrizionista, che non deve limitarsi a definire le diete, ma deve sapere come aiutarle a vincere le loro paure. Vanno seguite da un punto di vista psichiatrico, perché ai disturbi alimentari si accompagnano quelli di ansia e depressione. E da uno psicologo che, in età evolutiva, faccia un lavoro sulla famiglia: i genitori non solo soffrono nel dover gestire una problematica importante, ma per noi sono una risorsa fondamentale. I ragazzi sono a casa con i genitori e questi devono sintonizzarsi sulla loro sofferenza e non considerarlo un capriccio».

I genitori: mutuo aiuto e ascolto

E i genitori, nel Lazio come in altre parti d’Italia, hanno deciso di associarsi per capire di più i problemi, i loro figli e aiutarsi l’un l’altro. Fenice Lazio Odv nasce nel 2009 da alcuni genitori che avevano le proprie figlie assistite dalla Asl Roma 1, «per creare un luogo dove parlare dei problemi che un genitore deve affrontare, perché deve essere anche capito» spiega Manlio Dell’Ariccia. «Questi ragazzi hanno comportamenti difficilmente comprensibili. Quando mia figlia stava male, non riuscivo a capire tutta la problematica. Parlando con i genitori, ti accorgi che questi atteggiamenti che sembrano così assurdi invece finiscono per essere molto comuni». I genitori dell’associazione organizzano una serie di incontri di auto mutuo aiuto, in cui sono sempre presenti due dottoresse della Asl Roma 1, l’unica che ha delle strutture. «Quando ci sono dei minori presi in carico dalla Asl Roma 1 noi siamo presenti, così i genitori delle ragazze ci possono incontrare», spiega Dell’Ariccia, « e possiamo spiegare chi siamo e dare un momento di conforto». Per informazioni e sostegno c’è anche un numero verde nazionale, 800 180 969. Fenice Lazio Odv organizza anche laboratori teatrali e di arte figurativa, attività terapeutiche, corsi per la presa di contatto con il proprio corpo e la propria personalità.

I social media: un pericolo ma anche un aiuto

«I genitori sono una risorsa: devono sintonizzarsi sulla sofferenza dei ragazzi, non considerarlo un capriccio». Immagine Fenice Lazio odv

Tra i corsi che Fenice Lazio Odv organizza, insieme a Asl Roma 1 e l’associazione Animenta, uno in particolare riguarda i pericoli e l’uso appropriato dei vari social network. I social media sono spesso un fattore che rischia di aggravare il problema dei disturbi alimentari. «È un fenomeno terribile» spiega Michele Sicca, della Rete degli Studenti Medi del Lazio. «I profili recovery nascono per accompagnare un processo di guarigione: se ad averli sono persone che non stanno guarendo si creano meccanismi moto dannosi per chi soffre di disturbi alimentari, ma anche per l’autolesionismo». «Alcuni ragazzi riescono ad operare un processo critico, altri un po’ di meno, sono più fragili, delicati» interviene la dottoressa Zanna. «E quindi tutto quello che viene promosso dai social media viene considerato persino più autorevole, come tipo di informazione. Il profilo personale sta diventando una vetrina da esporre, con molte immagini e pochi contenuti. Se cade in un’età, come l’adolescenza, contrassegnata da fragilità personali può diventare un ambito che aumenta le proprie insicurezze». «Ma abbiamo conosciuto anche progetti che usano TikTok e Instagram per parlare di questi problemi e danno gli strumenti a chi sta male per stare meglio», precisa Sicca, della Rete degli Studenti Medi del Lazio.

I segnali a cui prestare attenzione

Ma cosa può fare un genitore per prevenire tutto questo? Quali sono i segnali a cui prestare attenzione? «Prima ancora di vedere un dimagrimento nelle ragazze, si osserva un cambiamento delle loro abitudini a tavola» ci spiega la Dott.ssa Zanna. «Stanno poco tempo a tavola, ci sono pochi pasti condivisi, vengono inserite attività scolastiche a pranzo, così rimangono fuori e non pranzano. Cibi che venivano mangiati senza problemi iniziano ad essere evitati. Possono portare avanti argomentazioni salutistiche, come “non voglio mandare schifezze”». Spesso questi comportamenti si sposano a una maggiore attività fisica, allo stare a casa, a un iperinvestimento negli studi. Deve essere un primo campanello d’allarme che deve suscitare nei genitori, maggiore attenzione, non critiche». «Dei segnali ci sono» aggiunge Dell’Ariccia. «È difficile rendersene conto, perché le ragazze sono brave a minimizzare e a nascondere. Io me ne sono accorto casualmente. In vacanza, in un ristorante all’aperto, ci siamo distratti per vedere una cosa e, quando mi sono girato di scatto, ho visto mia figlia che prendeva del cibo e e lo gettava sotto il tavolo. E se non mi fossi voltato?». «Per questo sarebbe importante anche l’attenzione del corpo insegnante» continua. «È anche nel contesto della scuola che puoi vedere come le ragazze si comportano. E poi una categoria importante sono i medici di base, i pediatri.  E anche gli istruttori delle palestre».

DISTURBI ALIMENTARI: SERVE ATTENZIONE, SERVONO STRUTTURE

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