COSÌ I RAGAZZI DISABILI DIVENTANO MASTRI BISCOTTAI E SI CREANO IL LAVORO

Grazie al progetto di Ylenia e gli Amici Speciali hanno imparato a fare biscotti per cani, organizzare il magazzino, fare marketing. Il prossimo step? L'impresa sociale

L’idea di creare lavoro per un gruppo di ragazzi con disabilità intellettiva producendo biscotti per cani può far sorridere. E invece è una soluzione innovativa, nata dopo un lungo percorso di esperienze e acquisizione di competenze, che può aprire reali prospettive di lavoro, e dunque di conquiste importanti in termini di autonomia.

Il progetto si chiama Mastri Biscottai, lo sta realizzando l’associazione Ylenia e gli amici Speciali ed è finanziato dalla Regione Lazio con il Fondo Sociale Europeo.

Per capirne lo spirito è importante collocarlo correttamente nella cornice dell’associazione, nata nel 2007 da un gruppo di genitori, dopo la morte nel sonno di Ylenia, una giovane di 18 anni che da qualche anno stava seguendo un percorso di autonomia sociale, finanziato dalla Provincia di Roma. Ad unirli era «l’idea di fare qualche cosa per aiutare i nostri ragazzi, superando l’approccio pietistico con cui normalmente ci si avvicina al mondo della disabilità, in particolare quella intellettiva», spiega Silvana Giovannini, presidente dell’associazione.

Mastri biscottai
Un post preparato dal laboratorio di marketing dei Mastri Biscottai

La casa e il lavoro

Mastri biscottai sta quindi in una cornice di progetti anche piuttosto impegnativi, con in comune la parola chiave “autonomia”.  «Abbiamo sempre fatto progetti che valorizzassero il protagonismo delle persone», spiega Giovannini, «dalle semplici vacanze ai laboratori teatrali fino alle esperienze abitative per sperimentare l’autonomia, ci siamo sempre mossi con questo spirito. E nella prospettiva della conquista dell’autonomia, la residenza e il lavoro sono due aspetti della stessa questione». Così è nata Casetta 31, un luogo dove per alcuni giorni in settimana i ragazzi possono vivere sperimentando la propria capacità di autonomia, e nel quale si svolgono tutta una serie di attività, tra cui la cura di un blog, dove i ragazzi e gli operatori si raccontano.

«Nella Casetta 31 abbiamo cominciato a fare corsi di cucina e di educazione alimentare, grazie ai fondi della Tavola Valdese», racconta la presidente. «Ci siamo accorti che stavamo diventando bravi e abbiamo pensato di fare qualche cosa che guardasse al futuro». Così è nato il progetto Mastri Biscottai, per l’inserimento lavorativo.

All’inizio l’associazione era partita con il catering solidale e «I ragazzi erano anche diventati molto bravi, grazie alle chef che ci aiutavano. Il problema era che erano bravi a cucinare, ma troppo lenti nell’allestimento: occupavano un tempo non commercialmente sostenibile. Così abbiamo in parte abbandonato il catering e abbiamo cominciato a fare i biscotti per la colazione. Anche in questo i ragazzi erano diventati bravi, ma ci siamo accorti che i potenziali clienti avevano una erta diffidenza, proprio perché erano prodotti da persone con disabilità intellettiva, per cui temevano che non fossero rispettate le regole igieniche e cose del genere».

L’idea buona arriva quasi per caso: «Un giorno una signora di un’associazione di cani da salvamento ci ha detto che stavano organizzando un grande raduno nazionale e che avevano bisogno di biscottini-premio da dare agli animali, che avrebbero fatto simulazioni ed esercizi», ricorda Giovannini. «Ci abbiamo provato e da allora abbiamo cominciato a produrre biscotti per cani».

mastri biscottaiLe partnership e il modello organizzativo

Tutto questo avveniva nella Casetta, quindi in una cucina casalinga. Ma poi è arrivato il bando della Regione Lazio ed è stata l’occasione per fare il salto di qualità: «Abbiamo costruito una serie di partnership: l’istituto alberghiero Tor Carbone ci ha messo a disposizione la cucina professionale con le sale di ricevimento, in cui abbiamo allestito il magazzino. Abbiamo rapporti di collaborazione con gli chef dell’istituto e abbiamo dato incarichi di tutoraggio ai ragazzi dell’ultimo anno, che stavano per diplomarsi e facevano l’alternanza scuola lavoro da noi. Abbiamo avviato una partnership con il Dipartimento di Scienze dell’Università Tor Vergata e una convenzione con l’Ordine professionale dei veterinari di Roma. Tutte relazioni di valore, non solo formali, che ci hanno molto aiutato nel fare una formazione vera».

Fondamentale è stato anche il modello organizzativo, «messo a punto da alcuni psicoterapeuti e basato sul gruppo, anziché sull’individuo. Gli psicoterapeuti, con questo modello organizzativo, sono riusciti a dimostrare, nei fatti, che in un contesto favorevole la disabilità del singolo, sommata a quelle degli altri fa l’abilità del gruppo. Ogni ragazzo fa qualcosa e per quello che non riesce a fare subentra l’altro». Anche grazie a questo i 19 ragazzi che stanno seguendo il percorso di formazione riescono a lavorare insieme.

Per ora i biscotti non si possono vendere, perché il progetto non lo prevede, ma si stanno gettando le basi per poterlo fare. «Stiamo facendo una campagna regalo dei biscotti di Mastri Biscottai. Avevamo preparato le giacenze per il Good Deeds Day di aprile: come gli altri anni avevamo lo stand al Circo Massimo e volevamo portarli lì, per farli conoscere. Ma è scoppiata la pandemia e tutto è saltato».

Il distanziamento sociale

Durante il periodo di quarantena, peraltro, le attività sono continuate, anche se non più in presenza. «Ci siamo fermati i primi giorni, perché siamo stati presi un po’ in contropiede. Subito dopo abbiamo avviato la formazione a distanza.

Il laboratorio di cucina via Skype

Ogni reparto ha ripreso la propria attività, con i propri operatori e i propri destinatari. Come tutte le aziende, infatti, il biscottificio è diviso in tre reparti: il reparto di cucina, quello del magazzino, e quello di marketing e comunicazione esterna. Ognuno ha i suoi operatori e i suoi allievi. Per il reparto di cucina, gli chef e i tutor registrano le videoricette, filmando tutto il procedimento e spiegandolo. Le videoricette vengono postate su whatsApp, in modo che i ragazzi se le possano studiare, e si procurino gli ingredienti necessari. Il giorno del laboratorio ci si collega tutti via Skype e ognuno cucina da casa quella ricetta. Lo chef e il responsabile del laboratorio  verificano le procedure, intervengono se c’è qualche errore, eccetera».

Così i ragazzi fanno le attività da casa propria. Il magazzino ha predisposto quanto è necessario per spedire i pacchi che vengono regalati, cercando il corriere per le consegne, verificando gli indirizzi delle persone, predisponendo bigliettini con frasi scritte dai ragazzi e poi fatti stampare dalla copisteria. Il marketing invece si sta occupando dei social –Facebook e Twitter –, fa pubblicità, risponde alle mail. Inoltre, racconta la presidente, «avevamo organizzato un convegno che avrebbe dovuto svolgersi in aprile e che chiaramente non abbiamo potuto fare. Allora abbiamo tramutato questa attività in una diretta streaming settimanale, sulla nostra pagina Facebook: ogni mercoledì pomeriggio dalle 17:00 alle 17:45, con un personaggio che riteniamo abbia qualcosa di interessante da dire sul tema che vogliamo trattare, e cioè quello della disabilità nei contesti di lavoro.

Il progetto di Impresa Sociale

Il futuro? L’idea è di costruire un’impresa sociale, «che sia all’inizio un piccolo biscottificio, perché la formazione dei ragazzi è avvenuta in questo campo, ma che poi possa fornire anche altri servizi, lavorando con imprese che ci diano commesse per soddisfare il loro obbligo previsto dalla Legge 68 del 1999, sul diritto al lavoro dei disabili. Il Decreto legislativo 276 del 2003 consente loro di esternalizzare piccole parti di produzione, dandole in convenzione a cooperative e assolvendo così il proprio obbligo di far lavorare una certa quota di persone disabili. È una soluzione positiva per tutti: la persona con disabilità lavora, la cooperativa prende la commessa, le imprese assolvono l’obbligo di legge, senza avere il problema di assumere una persona all’interno, che poi non saprebbero accompagnare e integrate in un contesto ordinario di lavoro».

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