ELEZIONI POLITICHE, LE RICHIESTE DI VOLONTARIATO E TERZO SETTORE A PARTITI E CANDIDATI

Reddito di cittadinanza e povertà educativa, lotta alla tratta di esseri umani, fondi per le disabilità sono una parte dei temi che volontariato e terzo settore laziali pongono all’attenzione in vista delle elezioni del 25 settembre

di Mirko Giustini

Introduzione del salario minimo, allargamento del reddito di cittadinanza, povertà educativa, lotta alla tratta di esseri umani e maggiori fondi per le disabilità. Questi sono solo parte dei temi che volontariato e terzo settore di Roma e Lazio pongono all’attenzione dei partiti politici in vista delle elezioni politiche del prossimo 25 settembre. Reti solidali ha incontrato alcune organizzazioni, chiedendo di indicare ai futuri parlamentari i principali problemi sociali della capitale e suggerire loro possibili soluzioni.

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Foto Caritas Roma

Un giusto compenso

«Prego che vengano eletti deputati e senatori onesti che antepongano il bene comune al proprio io», esordisce il direttore di Caritas Roma Giustino Trincia. «Al centro va messa l’agenda sociale, non solo in termini idealistici ma anche economici. Un esempio? Il lavoro. Troppi contratti a termine con retribuzioni da fame, se prolungati per troppo tempo, rendono impossibile vivere in una città dove il costo della vita era già alto ancora prima dei rincari energetici e dell’inflazione. Occorre altresì sostenere le piccole e medie aziende che costituiscono il 95% dell’imprenditoria locale, che però devono rispettare i propri doveri fiscali. Serve poi un piano straordinario per la conversione ecologica contro la nuova pandemia: la reazione del creato alla scelleratezza umana. E poi il rilancio della medicina sul territorio, la solitudine dei giovani e l’azzardo, che è tutt’altro che un gioco e distrugge il tessuto sociale e familiare».

Tutti (ma proprio tutti) a scuola

«Di povertà ce ne sono tante, quella minorile è la peggiore» afferma Raffaella Milano di Save The Children. «A Roma un minore su dieci vive in povertà relativa, il 12% dei ragazzi tra gli 11 e i 18 anni non conclude il ciclo di studi, i giovani che non studiano e non lavorano sono saliti ai 22,4%. È necessario sostenere le famiglie nell’educazione dei bambini e garantire loro l’accesso a scuola. Si potrebbe ampliare il reddito di cittadinanza ai nuclei che oggi non ne possiedono i requisiti ma ne hanno ugualmente bisogno. Le risorse non vanno distribuite a pioggia ma utilizzate per colmare i divari più gravi. Come la povertà educativa. Non tutti coloro che escono dalla scuola secondaria hanno veramente acquisito quel bagaglio di conoscenze utili ad affrontare la vita da adulti responsabili».

Meno burocrazia, più responsabilità

«Spero che il nuovo governo ci aiuti a salvare le donne vittime della tratta di esseri umani» prosegue Enkolina Shqau della Comunità Giovanni XXIII. «Con la pandemia abbiamo potuto assisterle solo telefonicamente. Da quando sono tornate in strada su via Palmiro Togliatti, via Salaria e viale Marconi ne vediamo meno e di diverse nazionalità, ma le presenti ci dicono che loro non si sono mai fermate, nemmeno durante i lockdown. Spesso sono giovani senza documenti che aspettano di conoscere l’esito della richiesta di asilo politico, che a volte arriva dopo anni. Chi smette di prostituirsi prova a inserirsi nei progetti di recupero regionali e nazionali, ma la permanenza in lista d’attesa è lunga. Chi sopravvive allo sfruttamento al contrario ha bisogno di trovare una propria autonomia e un sostengo psicologico quanto prima. Oltre a snellire i tempi della burocrazia occorre introdurre il principio di corresponsabilità per il cliente. Senza domanda non c’è offerta. Contemporaneamente deve partire una campagna informativa seria, perché è chiaro che chi paga per un amplesso non si rende conto di cosa c’è dietro».

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Foto associazione Mondo Charge

Più caregiver e specialisti

«Attualmente l’ordinamento italiano riconosce solo la sordità e la cecità, ma non la sordocecità come disabilità complessa a sé stante» conclude Angela Amato Polito, vicepresidente dell’associazione Mondo Charge. Il riconoscimento aprirebbe la porta a figure professionali specializzate che ad oggi non esistono. In più occorre valorizzare adeguatamente i caregiver: la loro è un’attività logorante per la quale ricevono in cambio solo un’indennità ridicola, stress psicofisico e limiti nell’espletamento del loro lavoro. Infatti per prendersi cura del paziente sono costretti a lasciare il proprio impiego e ad accontentarsi di un part time o di aprire una partita Iva, rinunciando a fare carriera e a versare i contributi necessari per una pensione dignitosa».

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