CRAZY FOR FOOTBALL: GIOCARE A PALLONE FA BENE ALLA MENTE

Sandrone è uno dei dodici volati in Giappone per la prima Coppa del Mondo per pazienti psichiatrici. E questa è la sua storia

Da un cortile di Monte Sacro, Roma Nord, a Osaka, Giappone, a giocarsi un mondiale di calcio. In mezzo, l’inferno del disagio mentale. Eppure, da bambino, ad Alessandro, per tutti oggi Sandrone, il calcio non piaceva neppure tanto. In quel bellissimo cortile di Via Scarpanto, Alessandro giocava soprattutto a nascondino, a ruba bandiera, a campana. Un’infanzia spensierata, in quegli anni Settanta, dove si sentivano gli effetti del boom economico. Quegli anni in cui tutti ci sentivamo al sicuro, e sembrava che non potesse succederci mai niente. È un bambino dislessico, anche se a quei tempi questo disagio non veniva diagnosticato.

Una scena di Crazy for football. Sandrone è il terzo da sinistra

Sandrone cresce, e sceglie di diventare un poliziotto. Forse perché ha visto parecchi telefilm di Starsky & Hutch, e quell’idea gli piace. In realtà ha un’indole buona, pacifica, è uno che non ho mai fatto violenza a nessuno, né fisica né psicologica. Sandrone entra in polizia per cambiare il mondo. E invece capita che quel mondo cambi lui. Vede tanta violenza, la violenza dell’autorità. Si sente dentro un ingranaggio. Sente che se arresta qualcuno e lo manda in carcere poi lo rende un criminale definitivamente.

Voleva entrare nei NOCS, Sandrone, essere operativo. Ma gli propongono di entrare nella scorta del Quirinale. L’occasione è di quelle importanti, pagano il doppio dello stipendio. E in quel momento l’idea lo alletta, come avrebbe allettato chiunque. Così entra nella scorta del Presidente Cossiga, che definisce una persona molto attenta alla forma, per come si vestiva, come si comportava. Sarà stato per lo stress, per il grosso impegno, per non aver incontrato una ragazza al momento giusto, ma Sandrone comincia a sentire un po’ di solitudine.

Sandrone non smette mai di giocare

Cominciano ad arrivare i primi segnali di un certo disagio. Sandrone è dispettoso al lavoro, con i colleghi, pur essendo sempre molto ligio al dovere. Tende a isolarsi sempre di più, a voler rimanere con se stesso. Comincia a sentire delle voci, voci che venivano dal cervello e dallo stomaco. Man mano le voci diventano migliaia, e la confusione diventa insostenibile. È il 1988, e Sandrone ha bisogno del suo primo ricovero.

crazy for football
Sandrone continua ad allenarsi con la sua nazionale.

Mentre è all’ospedale, le voci che sente gli dicono che in quel luogo vogliono farlo diventare donna, e cerca di fuggire gettandosi dalla finestra. Per fortuna si trova al primo piano e non gli succede niente di grave. Viene sedato. Da quel momento capisce di essere entrato “in certi sogni”, di essere in un tunnel dal quale non è facile uscire. Comincia a curarsi con gli psicofarmaci. Non è facile. Prova ad abbandonarli tre o quattro volte, ma le voci tornano a farsi sentire. E allora capisce di averne bisogno. Il suo cervello aveva avuto uno strappo. Che andava ricucito.

La nuova vita, in compagnia degli psicofarmaci, continua a scorrere. Sandrone trova il suo equilibrio. Non fa esperimenti, prende sempre la sua medicina con la puntura intramuscolo. Ed è a uno di questi appuntamenti con la sua iniezione che la sua vita cambia. È il 1995, e Sandrone si reca alla Asl per fare la sua puntura. Ma l’infermiere non c’è. Così un dirigente della Asl, vedendolo agitato, decide di farla lui. Vede la sua coscia, e gli chiede se vuole iniziare a giocare a pallone. Inizia così la sua avventura nel calcio a otto, in squadre per persone con problemi psichiatrici. Gira l’Italia e l’Europa: Londra, la Spagna, l’Austria. La sua squadra fa sempre risultato, prima o seconda. Finché gira un piccolo film, nel 2004, Matti per il calcio (di Wolfango De Biasi e Francesco Trento). È un film che gira il mondo e fa nascere un movimento. E le squadre di calcio di questo tipo diventano migliaia. Sandrone non smette mai di giocare. Oggi ha cinquant’anni e non vuole rallentare né fermarsi. Lo sport fa bene al corpo e alla mente. Per la mente, poi, c’è la poesia, la pittura. Sandrone scrive e dipinge, legge la Bibbia, Pessoa, Rilke.

Crazy for football è il racconto di tante vittorie

Per Sandrone lo sport è solidarietà e non agonismo. Non si sente un protagonista, ma neanche un antagonista. Quando arriva la chiamata per giocare i primi mondiali di calcio per pazienti psichiatrici, a Osaka, in Giappone, lo scorso anno, risponde presente, e si mette a disposizione. Incontra un coach straordinario, Enrico Zanchini, un sergente di ferro con l’anima buona, un trasteverino, che ha la mentalità dell’Ottocento, quando c’era lo scherno, non si infieriva sugli altri ma c’era solo la battuta.
Per capire chi è Sandrone, basta vedere una scena di Crazy For Football, il nuovo film di De Biasi e Trento (nelle sale da oggi, 23 febbraio) che racconta la storia di questa Coppa del Mondo così particolare. In una delle partite, l’allenatore decide di fare dei cambi, e far giocare chi fin lì ha giocato di meno. È finalmente il turno di Sandrone. Che però decide di non entrare. Vede che ci sono elementi più giovani, di venti, trenta o quarant’anni, che la squadra sta giocando bene, che il gioco è vivace. E dice al mister che è meglio non cambiare. Perché loro si devono esprimere, perché bisogna dare lo spazio ai giovani.

Grazie al calcio, alle sue letture, alla sua poesia, oggi Sandrone sta meglio. Qualche voce forse ancora c’è, ma è più qualche pensiero che altro. Lui recita il suo mantra, una preghiera, e sta a posto. Ha imparato che un contadino non deve alzare la testa dal proprio orto per sapere come va il mondo. Continua ad allenarsi con la sua nazionale. Per lui, oggi, avere un equilibrio e provare delle emozioni è già una vittoria.

Vi lasciamo con l’invito a vedere la sua storia, e quella di tanti altri, nel film Crazy For Football. E con due poesie. La prima è nata guardando un tg, 15 anni fa, dove parlavano dei bambini armati. L’altra è la prima poesia che ha scritto:

Dispersi in gocce di sangue/ su un suolo ormai duro/ bambini armati come fiori secchi sui campi/incenso all’eterno
Imparare dall’alba/che nel mondo governa l’abitudine/ il gesto di umili cose/ fa l’uomo in attesa del tramonto.

Si ringrazia per le foto Fosforo Press

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