DALLA PARTE DI ANTIGONE. ESSERE DONNA, IN CARCERE

Dalla parte di Antigone è il primo rapporto interamente dedicato alla condizione delle donne detenute in Italia, presentato oggi a Roma. Gonnella: «Le donne sono una minoranza della popolazione detenuta, ma scontano il peso di un sistema detentivo plasmato sulle peculiarità maschili»

Esce per la prima volta, presentato in Senato a Roma l’8 marzo, un rapporto interamente dedicato alla condizione delle donne detenute in Italia. Lo ha realizzato l’associazione Antigone, che ha appena compiuto 32 anni, per «accendere un faro su quanto avviene su questo aspetto, raccontando di come le donne abbiamo necessità di un sistema penitenziario che guardi alla loro peculiarità, ai loro bisogni e alle loro storie», spiega il presidente Patrizio Gonnella. Dalla parte di Antigone è il titolo dell’accurato studio che offre «uno sguardo completo su tutte le carceri e le sezioni femminili nel nostro Paese, comprese quelle minorili e i reparti che ospitano detenute trans collocate nelle sezioni femminili. Le donne in carcere in Italia sono una minoranza della popolazione detenuta, ma scontano il peso di un sistema detentivo plasmato sulle esigenze, i bisogni e la peculiarità maschili», osserva Gonnella.

Il 4,2% della popolazione detenuta

dalla parte di antigone
Dalla parte di Antigone  offre uno sguardo completo su tutte le carceri e le sezioni femminili nel nostro Paese, comprese quelle minorili e i reparti che ospitano detenute trans collocate nelle sezioni femminili. Credit: Antigone, Rapporto dalla parte di Antigone

In ambito generale, i dati del 2021 riferiscono che le donne arrestate o denunciate sono 151.860 (pari al 18,3% del totale), gli uomini invece 679.277. Riguardo al totale delle denunce, il 25,8% di quelle per sfruttamento o favoreggiamento della prostituzione riguardano donne, il 23,2% per truffe o frodi informatiche, il 20,2% per furto, il 16,8% per associazione a delinquere di stampo mafioso, il 15,9% per stalking, il 7,7% per violazioni della legge sulle droghe, il 7,5% per rapine, il 6,1% per omicidi, l’1,9% per violenze sessuali. Tuttavia le donne rappresentano solo il 4,2% della popolazione detenuta nel nostro Paese (2.392 donne negli istituti penitenziari al 31 gennaio 2023, di cui 15 madri con 17 figli; il 30,5% sono straniere e il 10% in regime di alta sicurezza) quindi una quota di molto inferiore rispetto alle denunce: ci sono 8 detenute ogni 100 mila abitanti donne, 17 persone transgender detenute ogni 100 mila abitanti transgender e 182 uomini detenuti ogni 100 mila abitanti uomini.

Solo due in Italia le case famiglia protette

Le quattro carceri femminili presenti sul territorio italiano (a Trani, Pozzuoli, Roma e Venezia) ospitano 599 donne, pari a un quarto del totale. Con le sue 334 detenute (118 straniere) il carcere romano di Rebibbia femminile risulta il più grande d’Europa; la capienza regolamentare è pari a 275 posti. Se nel 95,5% dei penitenziari femminili visitati da Antigone il wc è in ambiente separato, contro l’89,8% degli istituti esclusivamente maschili, nel reparto “camerotti” della casa circondariale femminile di Rebibbia «nelle singole al primo piano è presente solo il wc che non è separato dal resto della cella e le docce sono in comune». Al momento della rilevazione nella sezione nido di Rebibbia femminile era presente una mamma con un bambino. «Sono solo due in tutta Italia le case famiglia protette previste dalla legge n. 62 del 2011 per andare incontro alle difficoltà incontrate nell’accedere ad alternative al carcere da detenute madri prive di un domicilio ritenuto adeguato dalla magistratura»: a Milano dal 2010 la casa famiglia protetta dell’associazione “Ciao…un ponte tra carcere, famiglia e territorio”, mentre nel 2017 è nata a Roma La Casa di Leda, che può ospitare sei donne con otto bambini fino ai dieci anni di età.

La situazione a Rebibbia

dalla parte di antigone
Nel 2022 sono state 5 le donne che hanno posto fine alla loro vita in carcere. Credit: Antigone

Fra le detenute a Rebibbia femminile, alcune hanno iniziato studi accademici. Purtroppo «molte di esse, una volta espiata la pena, non continueranno il percorso universitario intrapreso: delle 12 donne iscritte nel carcere romano, soltanto 5 continueranno gli studi universitari in quanto le altre hanno già rinunciato per intervenuta fine pena o esecuzione penale esterna. Quindi anche questo dato avvalora la tesi secondo cui tendenzialmente si iscrivono con maggiore propensione ai corsi di studio universitari i detenuti che devono scontare una pena molto lunga», spiegano Franca Garreffa e Daniela Turco nel Rapporto. Sofia Antonelli, invece, firma un capitolo su atti di autolesionismo (praticati da circa una detenuta su 3) e suicidi. Delle cinque donne che nel 2022 hanno posto fine alla loro vita in carcere, una «il 30 luglio si è impiccata nella sua cella all’interno del carcere femminile di Rebibbia. Aveva 36 anni, era italiana e aveva problemi di tossicodipendenza. Da quanto racconta il Garante dei diritti delle persone detenute della regione Lazio, la donna era in procinto di essere trasferita nel carcere di Civitavecchia. Un trasferimento che le avrebbe consentito di avvicinarsi al suo compagno, anch’esso detenuto nel Nuovo Complesso di Civitavecchia».

Per quanto riguarda le donne transgender, sono circa 70 in totale e vengono ospitate in apposite sezioni protette all’interno di carceri maschili negli istituti di Belluno, Como, Ivrea, Napoli Secondigliano, Reggio Emilia e Roma Rebibbia Nuovo Complesso. «Queste donne vivono spesso in uno stato di abbandono, essendo coinvolte in pochissimi attività interne», osserva il Rapporto. Ma le 16 donne trans recluse a Rebibbia, «la maggior parte di origine straniera, possono invece usufruire di corsi di alfabetizzazione e scuola secondaria, entrambi svolti nelle aule interne alla sezione. Le attività ricreative previste sono il cucito e un corso di teatro. Per quanto riguarda lo sport, è possibile praticare la pallavolo». Oltre alle prestazioni sanitarie «offerte all’interno dell’istituto di Rebibbia Nuovo Complesso (medico 24 ore su 24; 104 ore settimanali di presenza degli psichiatri; 76 ore settimanali di presenza degli psicologi; ambulatori specialistici) si segnala in particolare per le detenute transgender la presenza di un endocrinologo per seguire terapie ormonali avviate all’esterno».

Sezioni femminili

Altre 1.779 donne sono distribuite nelle 44 sezioni femminili ospitate all’interno di carceri maschili. Per quanto riguarda il Lazio, è presente una sezione femminile nella Casa circondariale di Latina, un reparto di alta sicurezza con 30 donne (su 28 posti disponibili) al momento della visita: 10 avevano una condanna definitiva, mentre le altre erano in attesa di giudizio; solo 3 erano di nazionalità straniera, mentre molte provengono da altre regioni, soprattutto dalla Calabria. «Nessuna donna partecipa a corsi di formazione professionale, non previsti né per la sezione femminile né per quella maschile. In 20 sono invece iscritte a corsi scolastici: 3 a un corso di scuola secondaria di primo livello e 17 a uno di scuola secondaria di secondo livello, mentre 11 lavorano alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria. Era stato allestito un ampio orto giardino prima della sospensione per Covid, se ne auspica l’attivazione nel corso del 2023».

DALLA PARTE DI ANTIGONE. ESSERE DONNA, IN CARCERE

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