
DISAGIO GIOVANILE: QUALI RISPOSTE ARRIVANO DAL MONDO ADULTO?
Il disagio giovanile: quali risposte dagli adulti è un incontro organizzato dalla Cooperativa Magliana Solidale per il 18 giugno a Roma. Chiara Checcacci: «Vogliamo mettere a sistema istituzioni, genitori, Terzo Settore, scuola per cercare di dare una risposta condivisa»
17 Giugno 2025
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Disagio giovanile. Un tema ampio, dibattuto. Un tema da tenere sotto controllo perché la vita dei ragazzi di oggi non è quella dei nostri tempi. E sappiamo che, dopo il Covid, qualcosa in loro è cambiato. Per questo l’incontro Il disagio giovanile: quali risposte dagli adulti è importante. Un confronto aperto tra teorie pratiche e progettualità, che si terrà domani, 18 giugno 2025, dalle 8.30, a Roma, a Palazzo Valentini, in via IV Novembre 119/a. L’incontro è organizzato dalla Cooperativa Magliana Solidale, che da sempre lavora con i giovani ed è in grado di raccontare il fenomeno con cognizione di causa e raccogliere intorno a sé la rete delle comunità educanti, il mondo del Terzo Settore ed esperti dal mondo universitario. «Abbiamo sempre svolto progettualità nel mondo della scuola, per prevenire la dispersione scolastica, rispetto ai temi dell’inclusività e della comunità educante», spiega Chiara Checcacci, pedagogista di Magliana Solidale. «Considerando il periodo storico che stiamo vivendo, i mutamenti sociali e la difficoltà nella comunicazione generazionale, ci è sembrato giusto organizzare un evento che fosse un momento di raccolta di esperienze e di osservazioni sul tema delle risposte che gli adulti danno al disagio giovanile. Un tema che andiamo a intercettare noi come realtà del Terzo Settore, ma che è trasversale. Vogliamo provare a mettere a sistema istituzioni, genitori, Terzo Settore, scuola per confrontarci su questo tema e cercare di dare una risposta condivisa». L’incontro del 18 giugno sarà un momento di riflessione e condivisione sulle difficoltà che hanno gli adulti nell’affrontare i problemi dei giovani e a dialogare con loro.
Quell’ansia da prestazione
La Cooperativa Magliana Solidale lavora con ragazzini dai sei anni fino alla maggiore età. Grazie al servizio domiciliare, con il quale segue nuclei familiari con disagio sociale, incontra anche minori più piccoli, di due-tre anni. Ma il focus, in questo caso, è soprattutto sui ragazzi dai 5 ai 13 anni, un’età molto delicata. Tra i ragazzi di questa età il disagio si manifesta in moltissimi modi diversi tra loro, ma ci sono delle costanti. «Quello che intercettiamo in parte dei ragazzi è un senso di difficoltà, di ansia, un’ansia da prestazione che porta al ritiro sociale o alla frequenza altalenante della scuola», spiega Chiara Checcacci. «Ma c’è anche un disagio più sommerso, difficile da decifrare. Quello che vediamo più spesso nei ragazzi è una difficoltà di relazione. Ci può essere una difficoltà momentanea a scuola e l’ansia da prestazione provoca ricadute nella relazione con i coetanei».
Tutta la comunità è una comunità educante
L’incontro vuole concentrarsi sulla risposta degli adulti. Che, a loro volta, fanno parte di vari mondi: i genitori, la scuola, chi gestisce le attività post scuola e gli addetti ai lavori, psicologi e assistenti sociali. «Ovviamente abbiamo chiamato tutti gli adulti di riferimento che intercettano i ragazzi», sottolinea Checcacci. «La famiglia, le istituzioni, il Terzo Settore, il volontariato. Tutta la rete, tutta la comunità è una comunità educante, tutti noi siamo chiamati in qualche modo. Ecco perché la riflessione vuole essere condivisa. Tutti siamo chiamati a fare delle riflessioni, a condividere la risposta più opportuna quando intercettiamo, qualunque veste stiamo indossando, il disagio del ragazzo».

Decifrare il disagio giovanile
All’incontro parteciperanno Cristina De Luca, Presidente del CSV, Centro Servizi per il Volontariato del Lazio, ed Eleonora Di Maggio, sociologa ed esperta di patti educativi. E molti professori universitari: Orazio Gianicola, Professore Associato di Sociologia dei Sistemi Educativi dell’Università La Sapienza, Fabio Olivieri, Professore Associato in Pedagogia Generale e Sociale dell’Università Roma Tre, Anna Di Norcia, Professoressa Ordinaria di Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione dell’Università la Sapienza e Pasquale Peluso, Professore Associato di Psicologia della Devianza dell’Università Guglielmo Marconi. «Sono esperti che ci aiutano a dare una cornice al disagio giovanile, ciascuno con un apporto importante» commenta la pedagogista di Magliana Solidale.
Tra tecnologia e apprendimento
È particolarmente interessante il titolo di un intervento, quello del professor Olivieri, “Tra tecnologia e apprendimento: in che direzione stiamo andando?”, un tema che interessa molto da vicino chiunque abbia dei figli. Come si affronta il rapporto dei ragazzi con la tecnologia? «Noi abbiamo la fortuna che abbiamo avuto un prima e un dopo» riflette Checcacci. «Ci rendiamo conto di quello che ci toglie la parte tecnologica. Loro sono nati in quest’epoca e non se lo possono immaginare. Il nostro compito è di far scoprire loro cosa rappresenta un mondo senza tecnologia. Sono dell’idea, come madre e come pedagogista, che non si possa pensare soltanto ad arginare questo fenomeno con il contenimento del tempo nell’utilizzo del cellulare. Loro sono di questa epoca, bisogna riconoscerlo, non hanno vissuto un prima, ma devono essere resi consapevoli di cosa significa utilizzare un cellulare, dei pericoli che ci sono» continua. «Dobbiamo insegnare loro un uso più funzionale, un’occasione di sperimentazione. Certo, mi spaventa come genitore tutto quello che è ignoto, ma siamo noi adulti a dover essere consapevoli della necessità di monitorare e limitare i ragazzi, di renderli responsabili, di dar loro fiducia, di mostrare loro che la tecnologia serve per alleggerire, ma la curiosità umana deve prevalere su tutto». Anche l’intelligenza artificiale non deve spaventarci, come sottolinea Checcacci, «può essere uno strumento di lavoro, ma se qualcuno dà ai ragazzi gli strumenti giusti per utilizzarla e se si spiega loro che la creatività umana, il pensiero, il prendersi un tempo per pensare e creare vale di più. Vale di più anche sbagliare. Ma questa è una responsabilità nostra: i ragazzi oggi li vogliamo molto performanti, ed ecco l’utilizzo del cellulare per la paura di sbagliare. Pensano che dia la risposta corretta. Ma in realtà non è sempre così».
