È NATA SIBEC, LA PRIMA SCUOLA DEI BENI COMUNI

Obiettivo: formare da una parte funzionari pubblici, dall'altra professionisti per la gestione dei beni comuni

di Francesca Amadori

È stata presentata il 15 dicembre a Roma SIBEC, la prima Scuola italiana sui Beni Comuni.
Promossa da Euricse, Labsus (Laboratorio per la sussidiarietà) e l’Università degli studi di Trento, la scuola, prima nel suo genere, si rivolge ad un pubblico piuttosto composito di destinatari possibili: professionisti, funzionari ed amministratori della Pubblica amministrazione, imprenditori e, naturalmente, operatori e volontari del Terzo settore. L’obiettivo è, però, preciso: formare, da una parte, funzionari degli enti locali, perché riescano ad affermare un modello di amministrazione condivisa con i cittadini attivi e, dall’altra, professionisti, in grado di gestire in modo economicamente sostenibile i beni comuni, quale occasione di sviluppo per tutta la comunità.
Che gli obiettivi della Sibec, oltre che ambiziosi, puntino ad incidere realmente nel riconoscimento e valorizzazione dei beni comuni, lo si intuisce già dagli invitati ad intervenire al tavolo del panel della mattinata: dall’Anci (Associazione nazionale dei comuni), alla Federnotai , dal Demanio pubblico al Coordinamento nazionale dei Centri di servizio per il volontariato, passando per alcune esperienze come quella del Comune di Torino.

Formare alla complessità

Voci diverse, ma che hanno portato il proprio contributo nella costruzione di una riflessione apparsa come coerente e costruttiva, grazie anche alla capacità degli interlocutori di sintonizzarsi sulla stessa frequenza.

Il logo di Sibec, la Scuola per i Beni Comuni
Il logo di Sibec, la Scuola per i Beni Comuni

Ferrero, ad esempio, che ha rappresentato in modo plastico l’importanza per un Ente locale (nello specifico il Comune di Torino) di accedere ad una formazione alla complessità; quella che consentirebbe, ad esempio, ad un amministratore  di non arretrare di fronte all’ineluttabile domanda: “chi è responsabile se qualcuno si fa male, mentre cittadini sono impegnati in attività sussidiarie?”.
O Patruno, del Demanio pubblico, il quale è sembrato “superare tutti a sinistra” quando ha affermato che lo Stato deve lasciare alla gestione condivisa dei cittadini buona parte di quel 20% del patrimonio ancora pubblico, a patto che dietro ad ogni dismissione ci sia un progetto capace di resistere alla prova del tempo.

Raccogliere segnali dal futuro

La Scuola parte a febbraio con 4 moduli che si terranno in varie sedi e per tutta l’Italia.
Si comincia a Milano con il primo modulo curato dallo stesso Arena; a Caserta con l’appuntamento di aprile tenuto da Carlo Borgomeo; a Firenze, nel mese di maggio, con un modulo di Borzaga e a Lecce, in giugno, con Gianluca Salvatori.
La Sibec, ha chiosato Flaviano Zandonai, da bravo facilitatore qual è stato, può costituire uno di quei soggetti capaci di raccogliere quei “segnali dal futuro” che arrivano a noi, dai tanti segnali di cambiamento: cooperative di comunità per la gestione di servizi di interesse collettivo; assett per scopi sociali (la messa a disposizione delle stazioni dismesse); nuovi cantieri di rigenerazione urbana, e via dicendo.
Gregorio Arena ha rassicurato tutti circa il dubbio che a qualcuno sarà senz’altro balenato durante i lavori del pomeriggio: sì, non c’è niente di segnato; la strada non è ancora tracciata! La si traccerà facendola…

È NATA SIBEC, LA PRIMA SCUOLA DEI BENI COMUNI

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