ECOMAFIE A LATINA: UN FENOMENO IN CRESCITA

La criminalità organizzata si diffonde nel Lazio, ma sul territorio c'è chi lavora per contrastarla. Come il Circolo Legambiente di Terracina

Il Lazio è al 5° posto in Italia, tra le regioni con il maggior numero di reati ambientali. Latina è la provincia della nostra regione con il litorale più esteso e ricco di zone a tutela ambientale, ma è anche la provincia preferita dagli ecomafiosi. Questi sono solo alcuni dei dati che emergono dal Rapporto 2016 di Legambiente sulle Ecomafie, che verrà illustrato venerdì 22 Luglio 2016, alle ore 20.45, a Campo Soriano (Terracina), in occasione di Ecosuoni sulla Francigena: una rassegna itinerante che coinvolge tutti i comuni in provincia di Latina, attraversati dalla Via Francigena. Oltre alle proposte musicali, alle visite guidate e alle degustazioni di prodotti locali, la rassegna propone ogni anno diversi incontri, che approfondiscono le principali questioni ambientali che riguardano il territorio. Quest’anno, a Terracina, interverrà anche Legambiente, con la presentazione del Rapporto 2016 e con il seminario “Agromafie: un business ghiotto, dal campo al piatto” a cura di Antonio Pergolizzi, Coordinatore dell’Osservatorio Nazionale Ambiente e Legalità di Legambiente. Quello delle Agromafie si rivela infatti un tema particolarmente delicato per il territorio della provincia di Latina, che nel comparto della produzione alimentare e, in generale, dell’agricoltura individua uno dei settori più importanti dell’economia locale. Durante l’incontro di venerdì 22 luglio, sarà presente anche l’intero Circolo Legambiente di Terracina “Pisco Montano”, fondato e presieduto da Anna Giannetti, che presenterà le azioni legali in corso per la tutela dell’ambiente, curate dal Centro di Azione Giuridica – CEAG di Legambiente Lazio. L’evento offrirà anche l’occasione per introdurre la nuova referente legale locale e coordinatrice dell’ufficio territoriale per il Circolo di Terracina, Paola Proietti. Per conoscere da vicino il fenomeno delle ecomafie nel Lazio ed approfondire il lavoro svolto dal Circolo Legambiente “Pisco Montano” a Terracina, abbiamo rivolto alcune domande alla presidente del Circolo Anna Giannetti.

Cosa sono le ecomafie?
«“Ecomafia” è un neologismo coniato da Legambiente, che indica quei settori della criminalità organizzata che hanno scelto il traffico e lo smaltimento illecito dei rifiuti, l’abusivismo edilizio, la produzione agricola, le energie rinnovabili e le attività di escavazione come nuovo grande business.

ecomafie a Latina
Anna Giannetti, del Circolo Legambiente “Pisco Montano” di Terracina

Non solo, tra le attività illecite perpetrate dalla criminalità organizzata stanno acquistando maggior peso anche i traffici clandestini di opere d’arte rubate, di reperti archeologici e di animali esotici. Dal 1994, L’Osservatorio Nazionale Ambiente e Legalità di Legambiente svolge attività di ricerca, analisi e denuncia sul fenomeno delle ecomafie, in collaborazione con tutte le forze dell’ordine, l’Istituto di ricerche Cresme-Centro Ricerche Economiche Sociologiche e di Mercato nell’Edilizia e con i magistrati impegnati nella lotta alla criminalità ambientale. Un ruolo importante lo svolgono poi gli avvocati dei CEAG, i Centri di Azione Giuridica di Legambiente».

A cosa si riferisce invece il termine “Agromafie”? Agromafie ed Ecomafie sono fenomeni connessi?
«L’Agromafia è uno dei settori più promettenti dell’Ecomafia. La filiera agroalimentare è infatti quella in cui si riscontra il maggior numero di infrazioni a opera della criminalità ambientale. Si pensi, ad esempio, alle truffe per ottenere finanziamenti pubblici a sostegno di alcune colture, alla piaga sociale del caporalato, oppure al coinvolgimento delle organizzazioni criminali nella vendita dei prodotti sui banchi dei supermercati, fino al business legato alla ristorazione. Le mafie, insomma, controllano questo settore dal campo al piatto. E il business è davvero ghiotto: solo nel 2014, secondo le stime delle Forze dell’ordine, si aggira intorno ai 4,3 miliardi di euro. Sono migliaia i produttori che subiscono il controllo delle cosche, attraverso minacce, soprusi ed estorsioni, soprattutto nelle regioni meridionali. Quello rurale, poi, è un mondo in cui vige l’omertà rispetto a questo tipo di illegalità. Le famiglie criminali hanno le mani sui mercati ortofrutticoli più importanti del Paese. Numerose inchieste hanno smascherato la presenza di ‘ndrine, cammorristi e cosche all’interno dei grandi mercati di Milano, di Fondi nel basso Lazio, di Vittoria e di molte altre località in Sicilia e nelle regioni del Sud, dove i boss comandano indisturbati. La presenza criminale, infine, è forte anche nella commercializzazione di alcune produzioni tipiche pregiate, a cominciare dall’olio di oliva, passando dal parmigiano reggiano alla mozzarella di bufala, dal pomodoro al vino, che spesso vengono venduti con l’imbroglio del “falso made in Italy” o dell’ “Italian sounding”, per conquistare importanti fette del mercato internazionale. Ma nel novero delle attività illecite in ambito alimentare vanno inseriti anche: il racket del pesce, la macellazione clandestina, i furti di bestiame e le sofisticazioni alimentari».

Quali sono i dati sulla diffusione del fenomeno delle Ecomafie nella regione Lazio e in particolare nella provincia di Latina?
«Latina è la provincia del Lazio con il litorale più esteso e ricco di zone a tutela ambientale, ma è anche la provincia preferita dagli ecomafiosi. Qui, tra Latina, Sabaudia e San Felice Circeo, le cosche mafiose sono ormai ben radicate e strutturate sul territorio, e da anni concentrano i loro affari d’oro legati al ciclo illegale del cemento, dei rifiuti e delle agromafie, causando gravi conseguenze all’ambiente e alla salute dei cittadini.

ecomafie a Latina
I dati relativi all’Italia, riportati nel Rapporto Ecomafia 2016

Secondo il Rapporto Ecomafia 2016 il Lazio è la 5° regione per reati ambientali, con 2.431 infrazioni accertate e record nazionale di arresti.  Latina invece è all’11esimo posto nella classifica tra le provincie italiane. La nostra regione risulta in controtendenza netta rispetto al resto d’Italia, dove il business dell’ecomafia è in calo rispetto all’anno scorso (e vale comunque ben 19,1 miliardi di euro). Nel Lazio, infatti, reati ambientali sono in aumento: nel 2015 sono state 2.431 le infrazioni ambientali accertate, rispetto alle 2.255 del 2014, con una media di 6,6 al giorno. Sempre nel 2015, sono state 2.090 le denunce, 29 gli arresti (record nazionale) e 520 i sequestri. La nostra regione risulta quindi tra quelle col maggior numero di Ecoreati, e si classifica dopo le 4 regioni a tradizionale presenza mafiosa (Campania, Sicilia, Calabria, Puglia)».

Qual è il settore in cui la criminalità organizzata agisce maggiormente nel Lazio?
«Il settore principale in cui agisce nel Lazio è quello del ciclo dei rifiuti, dove le logiche ecomafiose trovano sempre più spazio. La nostra regione infatti, nel Rapporto Ecomafia 2016, risulta al 3° posto con 465 infrazioni accertate in questo ambito (in aumento rispetto al 2014, quando erano “appena” 255), 461 sono state invece le denunce, 169 i sequestri e 25 gli arresti, che ne fanno la regione italiana in assoluto con più arresti nell’ambito dei rifiuti. Anche nel ciclo del cemento la situazione è in netto peggioramento ed il Lazio è diventata la 3° regione per numero di infrazioni accertate (era 4° nel 2015), con ben 514 infrazioni, 577 denunce, 163 sequestri. Latina invece è la 5° provincia con 175 infrazioni. Dal Rapporto Ecomafia emergono anche dati sulla corruzione in ambito ambientale tra gli anni 2010-2016, che vedono il Lazio al 3° posto con 38 inchieste, 308 arresti, 316 denunce, 24 sequestri. Può essere interessante però segnalare il dato secondo cui il Lazio è la prima regione in Italia per applicazione della legge sugli ecoreati. Quindi, anche se aumentano le illegalità, sembra anche che si stia applicando la legge per perseguirle».

Quali sono le attività del Circolo Legambiente “Pisco Montano”, per combattere l’ecomafia a Latina e provincia?
«Il Circolo Legambiente di Terracina è nato solamente a febbraio 2016, ma si è attivato fin da subito per contrastare le manomissioni della costa e delle spiagge, per prevenire l’abbandono illegale dei rifiuti sulle coste e per la lotta all’inquinamento di foci, canali e fiumi.

13495139_1091534800919769_1603932129130628148_nA questo proposito, si è rivelata importante la tappa di Goletta Verde (la storica imbarcazione di Legambiente) a Terracina, dal 27 al 29 giugno scorsi. Goletta Verde, infatti, ormai da molti anni naviga a difesa delle coste e del mare italiani, analizzando la qualità delle acque, contrastando la presenza dei rifiuti sulle spiagge e denunciando le speculazioni edilizie e la cattiva gestione delle coste. La tappa dell’imbarcazione a Terracina ha rappresentato, quindi, un segnale importante per la tutela della preziosa biodiversità del nostro territorio, spesso minacciata. Nel corso dei tre giorni dedicati a Goletta Verde, il comune si è mobilitato e la partecipazione di pubblico e addetti ai lavori è stata memorabile. Molti sono stati gli eventi organizzati (sia di carattere formativo sia dedicati alla comunicazione) e i temi ambientali trattati sono stati diversi.
Ad esempio, durante uno degli incontri, abbiamo parlato della gestione delle aree di pregio, come i siti di Importanza Comunitaria (SIC) e le Aree Marine Protette (AMP). A questo proposito, nel passaggio da Capo Circeo a Terracina, è importante tutelare la presenza di due gioielli ambientali preziosi, attualmente minacciati: il Sito di Importanza Comunitaria/SIC relativo alle praterie di Posidonia, istituito dalla Regione Lazio nel 2002, per la conservazione della diversità biologica dell’area marina e l’Area Marina Protetta/AMP di ripopolamento ittico, realizzata nel 2007 dalla Regione Lazio. Tornando alle attività avviate dal Circolo Legambiente di Terracina in questi mesi, è importante segnalare la recente istituzione di un Ufficio territoriale per la raccolta di segnalazioni e denunce, che opererà su tutto il territorio di Terracina, in stretto coordinamento con l’Osservatorio Nazionale e il Centro di Azione Giuridica – CEAG di Legambiente Lazio».

Quali sono le attività in cantiere per continuare la lotta al fenomeno delle ecomafie?
«Per il Circolo Legambiente di Terracina è fondamentale procedere sempre di concerto, assicurandosi il sostegno della Amministrazione comunale, del Parco Regionale dei Monti Ausoni e del Lago di Fondi, collaborando (come stiamo già facendo) con la Capitaneria di Porto, il Corpo Forestale, la Guardia di Finanza, la Polizia Municipale e in generale con le Forze di Polizia.

ecomafie a LatinaPer monitorare il territorio si rivela importante anche l’ausilio di personale volontario, che possa costituire un piccolo corpo di guardie ecologiche, impegnate a sorvegliare in modo più attento tutto il territorio. Ci interessa contrastare primariamente l’abbandono illegale di rifiuti (soprattutto sulle coste, sulle spiagge e nel mare), gli abusi edilizi costieri, gli scarichi e le fognature illegali su canali, foci e fiumi, ma ci occuperemo anche di contrasto all’abuso dei pesticidi ed erbicidi. Infatti, nel recente rapporto dell’Ispra – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, l’agro Pontino (in particolare Pontinia e Sabaudia) risulta tra le zone più contaminate del Paese. È importante inoltre combattere il fenomeno del caporalato e l’utilizzo di manodopera a basso costo (si vedano i recenti gravi fatti di cronaca relativi allo sfruttamento indiscriminato delle minoranze Sikh). Sul fronte della pesca, intendiamo batterci contro la pesca illegale, per effettuare il recupero degli stock ittici del Mediterraneo, pericolosamente diminuiti. In generale, pensiamo che sia fondamentale istituire una Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) a Latina e promuovere progetti di educazione ambientale, per costruire, rafforzare e diffondere la cultura della legalità, soprattutto tra le giovani generazioni».

Parte integrante dell’Osservatorio Nazionale Ambiente e Legalità di Legambiente è il  CEAG-Centro di Azione Giuridica. Quali sono le azioni legali attualmente in corso?
«L’Osservatorio Nazionale Ambiente e Legalità di Legambiente rappresenta lo snodo principale attraverso il quale vengono raccolte ed elaborate le informazioni provenienti dalle Forze dell’ordine, dalla magistratura, dalle associazioni ambientaliste e antimafia, da avvocati, comitati e singoli cittadini, impegnati a vario titolo nella lotta all’illegalità. Il CEAG è una parte integrante dell’Osservatorio, ed è costituito da un pool di circa 200 avvocati, organizzato su base regionale, che segue le vicende giudiziarie promosse da Legambiente, sia a livello locale che nazionale e che, oltre a seguire le vertenze promosse dall’associazione, contribuisce ad elaborare nuove proposte normative.

ecomafie a LatinaAttualmente, il Circolo Legambiente di Terracina è impegnato insieme al CEAG di Legambiente Lazio in una vertenza: abbiamo avviato un ricorso al TAR, contro l’autorizzazione della Regione Lazio per un mega-impianto di mitilicoltura (per l’allevamento delle cozze), nei pressi di un Sito marino di Importanza Comunitaria, il più esteso del Lazio, il cui pregio naturalistico è dato dalla presenza della pianta acquatica Posidonia Oceanica. Al nostro fianco in questa battaglia abbiamo anche il Comune di Terracina».

Esiste una legge, nel nostro Paese, che punisca i reati ambientali?
«Dopo oltre vent’anni di battaglie che hanno visto in campo Legambiente, associazioni, cittadini e un ampio schieramento istituzionale, è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 28 maggio 2015, n. 122 la Legge 22 maggio 2015, n. 68 in materia di riforma dei reati ambientali, con l’obiettivo di garantire un netto salto di qualità nella protezione della salute e nella tutela dei beni naturali. Il provvedimento introduce nel codice penale un nuovo titolo dedicato ai “Delitti contro l’ambiente”, all’interno del quale sono previsti: inquinamento ambientale; disastro ambientale; traffico ed abbandono di materiale radioattivo; impedimento di controllo; omessa bonifica. L’Inquinamento ambientale e il disastro ambientale rappresentano i cardini del sistema e risultano puniti: il primo, con pene detentive che vanno da un minimo di 2 ad un massimo di 6 anni, mentre il secondo con la reclusione da 5 a 15 anni. Con questa nuova legge, la storia italiana delle vertenze ambientali impunite è finalmente chiusa».

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