DALLE MAFIE UN WELFARE “ALTERNATIVO”, CHE NELLA CRISI PROSPERA
La denuncia della Direzione investigativa antimafia: la criminalità organizzata sta facendo "un vero e proprio investimento sul consenso sociale"
di Redazione
17 Luglio 2020
Dalle mafie un welfare alternativo, che porta illegalità e disordine. Questa volta è la DIA (Direzione investigativa antimafia) a denunciare il pericolo e a raccomandare: «una particolare attenzione deve essere rivolta, sul piano sociale, al mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica». La crisi nata dalla pandemia pota con sé anche questo: che la criminalità organizzata speculi, faccia affari, prosperi sulla disoccupazione, la povertà, la precarietà provocate dalla crisi sanitaria e che possa fomentare la protesta anche violenta.
L’investimento delle mafie
La DIA lo ricorda nella relazione del secondo semestre al Parlamento, nella sezione dedicata allo “Speciale Covid”. Come riporta Redattore Sociale”, «è evidente», scrive la Dia, «che le organizzazioni criminali hanno tutto l’interesse a fomentare episodi di intolleranza urbana, strumentalizzando la situazione di disagio economico per trasformarla in protesta sociale, specie al Sud. Parallelamente, le organizzazioni si stanno proponendo come welfare alternativo a quello statale, offrendo generi di prima necessità e sussidi di carattere economico. Si tratta di un vero e proprio investimento sul consenso sociale, che se da un lato fa crescere la “rispettabilità” del mafioso sul territorio, dall’altro genera un credito, da riscuotere, ad esempio, come “pacchetti di voti” in occasione di future elezioni».
La bomba sociale
Da tempo il problema era stato segnalato da vari soggetti della società civile impegnata sul fornte della legalità. «Storicamente le mafie sono sempre state molto presenti e attive nelle emergenze, in occasione di terremoti, catastrofi e in tutte le situazioni di crisi. Esse si trovano a proprio agio nelle condizioni di eccezionalità, riuscendo a trarne profitto», ha ricordato ad esempio Rocco Sciarrone su “La via Libera” il 20 maggio scorso.
E don Luigi Ciotti è intervenuto più volte lanciando l’allarme. In un’intervista pubblicata nel sito di Liberaha detto: «c’è meno lavoro, le attività produttive sono ferme. Le mafie non aspettano altro: dispongono di immensi capitali illeciti e sono in attesa di collocare tutti queste risorse. A favorire tale situazione, c’è questa bomba sociale, più evidente in alcuni contesti. Le mafie si approfittano di queste fragilità. Tra i vulnerabili, non possiamo dimenticare i lavoratori in nero, i lavori invisibili che sono privi di ammortizzatori sociali e di assistenza. Le organizzazioni criminali fanno inoltre un po’ da banca…».
Investire nell’inclusione sociale
Affrontare la crisi vuol dire anche questo: tagliare il terreno sotto ai piedi alla criminalità impedendo che si espanda dalle mafie un welfare alternativo che arriva dove lo Stato – paralizzato da burocrazia, tagli, e inefficienze – non arriva. Significa, come dice Ciotti, investire su «lavoro, casa, famiglia, educazione, cultura. Scuola e lavoro diventano fondamentali. Lotta alla mafia vuol dire servizi, inclusione sociale. Le politiche sociali devono essere intese da tutti come un investimento, non come un costo».
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