L’ECONOMIA SOCIALE E LE PERIFERIE, SPAZI SOCIALI DI RIGENERAZIONE URBANA

Le periferie non sono solo luoghi di marginalità, ma grandi incubatrici di innovazione. Di economia sociale come chiave di lettura di questi processi si è discusso a Il Fattore Economia Sociale, a Roma. Ciarini: «Il volontariato ha un ruolo chiave, palestra sociale dove i giovani possono costruire un’identità e progetti collettivi di valore economico e sociale»

di Antonella Patete

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Non solo luoghi di marginalità e disagio, ma anche spazi di resilienza e innovazione sociale, capaci di originare pratiche di rigenerazione urbana e processi collettivi in grado di trasformare le criticità in opportunità concrete di sviluppo sostenibile. Sono le periferie che, giovedì 14 novembre, sono state al centro di una delle tavole rotonde organizzate all’interno del festival Il Fattore Economia Sociale: un appuntamento che ha riunito esperti, studiosi, policy makers e organizzazioni al Dipartimento di Scienze sociali ed economiche della Sapienza Università di Roma, per una due giorni di confronto su sostenibilità, rigenerazione urbana, innovazione, lavoro sociale e welfare. «Una periferia è uno spazio materiale e al tempo stesso immateriale, ma è anche un contenitore di pratiche e di processi sociali e culturali», ha spiegato a Reti Solidali Andrea Ciarini, professore associato di Sociologia economica e del lavoro alla Sapienza e presidente della Fondazione Impresasensibile Ets a margine dell’incontro Città, periferie, lavoro, rigenerazione urbana. Quale modello di riconversione materiale e immateriale dell’economia territoriale. «Da un lato le periferie sono luoghi di concentrazione del disagio, della vulnerabilità, della marginalità e finanche dello stigma, dall’altro sono anche spazi sociali dove si attivano anticorpi che contrastano dal basso quei fenomeni di espulsione e di segregazione degli ultimi negli spazi più distanti possibili dal centro», ha chiarito il docente. «Inoltre le periferie sono anche luoghi dove si attivano processi di innovazione che poi possono tradursi in politiche di cambiamento, determinando trasformazioni che vanno oltre un’operazione di semplice ricucitura degli strappi prodotti dal mercato».

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Ciarini: «Da un lato le periferie sono luoghi di concentrazione del disagio, della vulnerabilità, della marginalità e finanche dello stigma, dall’altro sono spazi sociali dove si attivano anticorpi che contrastano dal basso quei fenomeni di espulsione e di segregazione degli ultimi negli spazi più distanti dal centro»

Economia sociale come chiave di lettura per i processi di rigenerazione urbana

Il Festival nasce dal confronto continuo con la rete di attori e di organizzazioni che sostengono il master in Terzo settore e innovazione sociale nato tre anni fa all’interno della Sapienza. «In questi anni, attraverso il dialogo con molte realtà tra cui il Forum del Terzo settore e il Csv Lazio, è maturata l’idea di organizzare un’iniziativa che affrontasse la questione dell’economia sociale». E proprio la definizione di economia sociale, dei suoi attori e del ruolo che essi svolgono all’interno della società ha rappresentato il punto di partenza del Festival, ma anche la chiave di lettura per interpretare i processi di rigenerazione urbana all’interno delle periferie romane e non solo. «Partendo dalla definizione europea di economia sociale, abbiamo cominciato a delineare i contorni delle organizzazioni che rientrano in questo ambito sulla base di tre principi fondamentali», ha spiegato Ciarini: «la non distribuzione degli utili o, quanto meno, il reinvestimento dei profitti nell’organizzazione stessa o in una causa sociale specifica; la governance interna democratica e partecipativa, che garantisce un forte coinvolgimento dei membri e dei portatori di interesse; il primato delle persone e dell’ambiente, inteso non solo in senso ecologico, ma anche come attenzione alla prossimità e al ruolo positivo che queste organizzazioni svolgono nei territori e nei confronti degli stakeholder con cui collaborano». Le associazioni, le cooperative, le fondazioni, le imprese sociali e tutte le altre organizzazioni che condividono questi valori e modalità operative possono contribuire ad attuare quella transizione che tocca, più in generale, i grandi processi di trasformazione delle relazioni sociali, economiche e culturali. «Queste organizzazioni», puntualizza il sociologo, «contribuiscono a contrastare le disuguaglianze, a rafforzare le politiche sociali e il welfare e a favorire una crescita che non sia soltanto basata sul profitto o sul consumo individuale, ma che rispetti i bisogni delle persone e dell’ambiente». In quest’ottica assume un ruolo chiave il volontariato che rappresenta «una sorta di palestra sociale dove, soprattutto i giovani, possono sperimentarsi, costruire un’identità e, spesso, dar vita a progetti collettivi che poi si sviluppano ulteriormente, acquisendo anche un valore economico oltre che esclusivamente sociale».

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Campailla: «Rigenerare implica anche un lavoro sociale che spesso è l’unica forma di tutela presente nelle periferie e necessita di un sostegno più strutturato delle politiche pubbliche»

Il volontariato va bene, ma da solo non basta

«Si tratta di un incontro di grande importanza perché pone al centro il tema delle periferie e delle città, con particolare attenzione alla capitale, attraversata da profonde disuguaglianze», ha commentato Alberto Campailla, attivista dell’associazione Nonna Roma nata nel 2017 per contrastare la povertà e le diseguaglianze economiche e sociali, con un focus specifico sull’alimentazione e i problemi legati all’accesso ai beni di prima necessità. «È significativo ricordare che il reddito medio individuale varia dai 18mila euro annuali di Tor Bella Monaca ai 68mila del centro. Oggi è stato affrontato il tema della trasformazione delle periferie, puntando sulla rigenerazione urbana. Tuttavia», ha ammonito l’attivista, «rigenerare non significa solo intervenire dal punto di vista architettonico con strade e piste ciclabili, ma implica anche un lavoro sociale che spesso rappresenta l’unica forma di tutela presente nelle periferie e necessita, sicuramente, di un sostegno più strutturato da parte delle politiche pubbliche. È indispensabile, infatti, la presenza di un governo pubblico da parte delle istituzioni che coordini le reti informali e formali, le grandi organizzazioni, il privato sociale e, in parte, anche il settore profit. Solo un approccio integrato, che metta insieme idee e soluzioni condivise, può costruire un processo di riconversione materiale e immateriale dell’economia delle periferie». All’incontro hanno partecipato numerose realtà, tra cui l’Università di Milano Bicocca, le Acli/Iref, la Commissione speciale Pnrr Roma, i Salesiani per il sociale e la Fondazione Charlemagne, che attraverso il programma Periferiacapitale, interviene a favore di organizzazioni e istituzioni che impegnate per lo sviluppo sociale ed economico di tutti i municipi romani per stimolare processi comunitari, attivismo, volontariato e partecipazione civica.

Immagine di copertina Fabio Moscatelli

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