CINEMA A SCUOLA: SI DEVE SEMPRE SCOMMETTERE SUI BAMBINI

Girare un vero film, in seconda elementare, è possibile. Si chiama “Gli avventurieri maestosi” e lo hanno realizzato gli alunni della II B della scuola primaria Federico Fellini a Cinecittà, Roma. Un progetto importante, perché il lavoro principale di una scuola è aiutarti a capire chi sei

di Maurizio Ermisino

Un film, un vero film, in seconda elementare, è possibile. Si chiama Gli avventurieri maestosi, è un corto di 12 minuti e lo hanno realizzato gli alunni della II B della scuola primaria Federico Fellini (quando si dice il destino nel nome…), che fa parte dell’IC Stabilini, a Cinecittà, Roma, con la regia e il supporto di Dimitrie Worms, Angela Calzone e Sara Collepiccolo, i loro insegnanti. Il film è un vero e proprio fantasy, un affascinante viaggio nel tempo che alcuni bambini si trovano a compiere. È un viaggio dove imparano a conoscere altre persone, diverse da loro, ad affrontare i pericoli, ad aiutarsi tra loro e ad aiutare gli altri. E dove finiscono per scoprire che l’altro da sé, il diverso, non è poi così diverso. Con un messaggio di tolleranza e inclusione che, se è vero che il fatto che arrivi da bambini di sette anni da un lato è naturale, dall’altro stupisce per la chiarezza e la potenza con cui arriva. È un film che ha tutto: personaggi con personalità, attori perfettamente in parte, uno sviluppo che segue lo schema del percorso dell’eroe e in qualche modo lo riscrive, suspense e svolte narrative. E un tormentone, come quello dello svenimento, che viene dai film comici e che contribuisce a mescolare i toni del racconto, spostando il fantasy a tratti verso la commedia. Avevamo conosciuto su Reti Solidali Dimitrie Worms, l’insegnante che ha guidato i bambini in questa avventura, lo scorso anno, e avevamo parlato con lui della scuola che ci piace. Una scuola che non deve essere solo lavoro, ma anche espressione di sé e fiducia nelle proprie capacità, inclusione e passione. Gli avventurieri maestosi è un esempio lampante di tutto questo. Un progetto inclusivo e coinvolgente, dove – attenzione – i bambini hanno fatto proprio tutto: non solo gli attori, ma anche i produttori, i tecnici, gli scenografi e gli sceneggiatori, i montatori e gli autori della colonna sonora. Leggete questa storia e poi non direte più: non possono farlo, sono dei bambini!

gli avventurieri maestosi
Gli scenari in miniatura del film sono stati modellati con il Das e i bambini, dopo aver capito che tipo di ambiente servisse, hanno creato da soli torri, grotte e prigioni.

Bisogna sempre scommettere sui bambini

Ma come è nata l’idea? «Il progetto dell’anno di tutta la scuola era il viaggio» ci ha raccontato Dimitrie Worms. «Per questo ci è venuto in mente di non fare qualcosa legato all’idea più scontata di viaggio, ma di pensare a un viaggio metaforico come quello del cinema». Ma è interessante capire come sia stato chiaro da subito il livello del progetto. «Nel giugno scorso ho elaborato questo progetto e fin da subito ho puntato in alto» ci spiega il maestro. «Secondo me se si fa una cosa va fatta bene. Poi è ovvio che la cosa va tarata sui bambini, che nel corso dell’anno possano essere fatti degli aggiustamenti, è ovvio che se avessimo fatto lo stesso progetto in quinta sarebbe completamente diverso. Ma partire a monte e dire: facciamo una cosa di basso profilo perché i bambini sono piccoli e non ci si riesce è sbagliato. A mio avviso bisogna sempre scommettere sui bambini: perché nel momento in cui tu dai loro gli strumenti giusti, nel modo giusto, nei tempi giusti, poi loro riescono a fare tanto. La cosa importante per me è che non doveva essere un progetto perfetto. Doveva essere un progetto fatto da loro. Se avessi messo mano alla storia l’averi modificata, sia a livello di trama che di battute. Però non era quello lo scopo. Lo scopo era che facessero una cosa loro. E quindi va bene così. Altrimenti sarebbe stato come quando un bambino arriva a casa con il lavoretto perfetto, ma l’ha fatto l’insegnante».

Un’attività che mette in gioco te come persona, prima ancora che come alunno

I bambini hanno fatto tutto da soli, sono solo stati guidati alla scoperta del mondo del cinema e dei suoi aspetti tecnici. «Abbiamo fatto diventare tutto questo un grande compito di realtà scolastico» ci fa riflettere. «E come ogni compito di realtà partiva da una situazione problematica. È la situazione che deve stimolare la capacità di problem solving del bambino. Non sono io che arrivo e ti dico: domani facciamo un cortometraggio. Sei tu che devi arrivare all’idea di fare questa cosa grazie a degli stimoli che ti do io». Così l’avventura è iniziata con dei regali anonimi che arrivavano alla classe: delle carte da gioco particolari, un dvd, il celebre “ciak” che dà il via alle riprese del film. Fino al messaggio di un misterioso produttore che li invitava a realizzare questo progetto. «In questo modo i bambini non vedono la cosa come un classico compitino scolastico, ma come un’attività che mette in gioco te come persona, prima ancora che come alunno. Per cui poi le conoscenze che apprendi riesci a spenderle in qualcosa di reale della tua vita. Non rimane la regoletta sul quaderno, ma qualcosa che sai spendere. Infatti quando abbiamo visto in classe dei video o dei film, i bambini hanno subito notato i particolari. “ma questo lo hanno fatto con il green screen?”. Quando siamo andati in gita a Cinecittà erano loro che dicevano le cose prima della guida. E la mettevano in crisi perché le chiedevano cose troppo complicate. Questo è il risultato vero del progetto».

Hanno fatto tutto da soli e sono stati in grado di farlo

Come ogni film che si rispetti, Gli avventurieri maestosi ha avuto un vero e proprio piano produttivo. «Avevo calendarizzato tutto» ci spiega Worms. «Avevo pensato che il progetto dovesse avere una fase ideativa del film, che comprendeva anche la stesura della sceneggiatura, la fase produttiva, quella della realizzazione di oggetti scenici e delle riprese, e la postproduzione, con il montaggio. Per ogni cosa avevo pensato a delle attività da fare. Per esempio la creazione della colonna sonora, realizzata con un sintetizzatore, chiamato Spherum Spectrum, per cui associ a un tasto colorato della tastiera un determinato suono. Ma la loro bravura è stata capire da soli che tipo di musica servisse in un determinato momento. La battaglia, ad esempio, aveva bisogno delle percussioni, mentre per la scena in cui i cattivi scoprono di essere buoni è stato usato il piano, perché i bambini hanno intuito che evocava emozioni come la tristezza». «Tecnicamente io ho solo spiegato loro le cose, ho fatto delle brevi lezioni prima, in cui di frontale c’era pochissimo, ma poi è stato subito pratico» ci spiega. «Loro hanno fatto tutto da soli, sono stati in grado di farlo». Il lavoro di guida degli alunni così è stato tutto sommato legato all’essenziale. Nel momento in cui sono stati creati degli scenari in miniatura del film, modellati con il Das, è stato affidato tutto a loro che, dopo aver capito che tipo di ambiente servisse, hanno creato da soli torri, grotte e prigioni. Ma qual è stata la cosa più difficile? «Ricordare tutta la terminologia cinematografica» ci spiega il maestro. «A parte il green screen, che è una cosa che è rimasta loro impressa subito, per il resto rischiavano di confondersi tra termini come scenografia e sceneggiatura, i nomi dei ruoli tecnici. Ma era una confusione solo a livello di termini. Quando hanno dovuto fare le cose non ci sono stati problemi. La cosa che mi ha più sorpreso, che credevo fosse più difficile, è stato il montaggio. Invece hanno fatto tutto con disinvoltura e precisione».

gli avventurieri maestosi
La colonna sonora è stata realizzata con lo Spherum Spectrum. La bravura dei bambini è stata capire da soli che tipo di musica servisse in ogni momento della narrazione

Il lavoro principale di una scuola è aiutarti a capire chi sei

Il film Gli avventurieri maestosi è un chiaro esempio di una scuola che debba dare ai bambini competenze e non solo nozioni, che debba dare loro sicurezze e non solo rimarcare gli errori. «L’errore che tanti insegnanti fanno è che vedono un progetto come questo come qualcosa che toglie tempo alla programmazione scolastica» ci spiega Dimitrie. «Con questo progetto abbiamo fatto italiano, con vari tipi di testo. Abbiamo fatto storia, con le sequenze temporali, geografia, lavorando sugli spazi e le scenografie. Abbiamo lavorato in inglese su alcuni termini. E poi, ovviamente, arte e immagine a più non posso, tecnologia e anche motoria, perché uno dei requisiti di motoria è la drammatizzazione. Della musica abbiamo detto. E poi è stata fatta anche matematica: abbiamo lavorato sulle forme di varie cose e risolto situazioni problematiche, di logica. Abbiamo calcolato come dividere scene e gruppi. Abbiamo fatto religione, per i valori che ha trasmesso i film». Si è lavorato su tutte le discipline. E in più è stato dato ai bambini qualche spunto per qualcosa che domani potrebbe diventare un lavoro. «Il lavoro principale di una scuola, prima ancora di trasmettere nozioni, è quello di aiutarti a capire chi sei. Educare, dal latino, significa tirare fuori: io devo tirare fuori dal bambino quelle che sono le sue specificità, i suoi talenti; con questo progetto abbiamo messo in campo miliardi di talenti: recitazione, scrittura creativa, l’aspetto tecnologico, quello artistico, quello organizzativo. Loro montavano da soli il green screen, i cavalletti, i microfoni, e infatti non c’era nessun bambino scontento, né annoiato, ognuno si ritrovava in qualcosa».

Tutti hanno provato tutto, nessuno escluso

La cosa eccezionale del progetto Gli avventurieri maestosi, in fondo, è proprio questa. Alla fine, alla presentazione del film, organizzata in stile cinematografico, con red carpet e sfondi per il photo call, ogni bambino ha ricevuto un “Oscar” per il proprio apporto. Ma, anche al di là dei premi, ogni bambino si è davvero sentito coinvolto, ognuno è stato protagonista. «Tutti hanno provato tutto, si sono calati in tutti ruoli, nessuno è stato escluso da qualcosa» ci ha svelato Worms. Un’altra cosa eccezionale è che, pur scritto interamente dai bambini, e forse proprio perché scritto da loro, Gli avventurieri maestosi ha un messaggio ben preciso, quello di andare al di là dell’apparenza, di sposare un altro punto di vista, il fatto di capire che anche il cattivo, in fondo, può essere buono. «Questo è venuto tutto da loro» racconta. «L’unica cosa in cui li ho guidati è stato spiegare quali fossero gli elementi della storia: i quattro momenti forti, come l’inizio, la svolta, il colpo di scena e la fine. Ho spiegato loro che la storia deve avere dei personaggi, che comunque devono avere dello spessore, personaggi come l’eroe, l’antieroe, e chi li aiuta. Ho spiegato loro l’importanza del tempo, del luogo e del messaggio, che ci deve sempre essere. Sono partiti da delle carte, le carte Dixit, e da lì dovevano provare a tirare fuori dei personaggi. Così è nata la spadaccina, o l’oscurità. Anche gli avventurieri non sono una cosa scontata, come la veggente».

Gli avventurieri maestosi: la narratrice e la veggente

Un’altra delle cose che abbiamo trovato davvero riuscite nel film è che il ruolo della narratrice sia stato affidato a una bambina con un bisogno educativo speciale, che a scuola parla di rado, solo se stimolata «È stata una mia idea» ci ha spiegato il maestro. «La difficoltà era darle delle battute. Avremmo dovuto ogni volta bloccare la ripresa per fargliele dire, e non sarebbe venuta una cosa fluida. Ma, soprattutto, avrebbe significato metterla in imbarazzo, al cento dell’attenzione. Allora ho detto ai bambini di pensare a un personaggio che potesse esprimersi non a parole, e così è arrivato il ruolo della veggente. Ma in questo modo avrebbe fatto toppo poco. Ho pensato a come includerla, e ho pensato alla narratrice. È una scena molto lunga, in cui parla solo lei, ma non si vede. Anche interrompendo c’era tutto il tempo per risolvere la cosa. Le mie colleghe erano entusiaste dell’idea. Abbiamo registrato la sua parte in biblioteca, insieme alla mia collega Sara Collepiccolo, e la bambina è stata molto brava». Come è accaduto in questi mesi con i veri set cinematografici, anche la lavorazione de Gli avventurieri maestosi ha dovuto fare il conto con le restrizioni dovute al Covid e a una serie di rinvii dovuti alle quarantene. «È stato bello anche il riscontro dei genitori nell’essere sempre disponibili» ci tiene a dire il maestro a questo proposito. «A volte hai anche delle paure. Come non tutti gli insegnanti capiscono il valore di questi progetti, non tutti i genitori lo capiscono. Pensano che stai togliendo tempo alla didattica del figlio. Vedere invece che c’è stata da parte di tutti una collaborazione e una grande partecipazione è stato anche indice del fatto che i genitori stavano capendo l’importanza di quello che stavamo facendo».

 

CINEMA A SCUOLA: SI DEVE SEMPRE SCOMMETTERE SUI BAMBINI

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