IL FUTURO? È NELL’ECONOMIA CIRCOLARE SOLIDALE

I rifiuti di qualcuno diventano risorse per gli altri: così l'economia si fa sostenibile, oltre che inclusiva. Le linee guide del progetto ESC

Il suo acronimo ci fa pensare al tasto che pigiamo per sbloccare un software del nostro pc, ma il suo significato supera di gran lunga gli ostacoli informatici. Stiamo parlando dell’Economia Circolare Solidale (ESC), un sistema economico pensato per potersi rigenerare da solo: tutte le attività sono organizzate in modo che i rifiuti di qualcuno diventino risorse per qualcun altro, riutilizzando i materiali in successivi cicli produttivi e così ridurre al massimo gli sprechi alimentari. Non è soltanto una questione ambientale: accanto alla scelta di una filiera produttiva sostenibile, viene favorito l’inserimento lavorativo di soggetti in condizioni di difficoltà o di vulnerabilità sociale (persone con disabilità, con problemi di salute mentale, migranti, ex detenuti, Neet o donne vittime di sfruttamento).

Tutto questo è realizzabile in Italia? Sì, e c’è già chi lo ha messo in pratica all’interno di un progetto promosso da CNCA (Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza), Cittadinanzattiva e CICA (Coordinamento Italiano delle Case Alloggio per persone con HIV/AIDS). La sperimentazione del modello ESC si è conclusa a maggio 2021 ed ha coinvolto 10 organizzazioni (già operanti con questo tipo di approccio), formato 400 operatori del privato sociale e garantito inclusione lavorativa a circa 200 persone.

L’esempio de “Il Trattore”

Oltre i numeri ci sono le storie. Come quella della cooperativa sociale “Il trattore”, che a Roma si occupa di agricoltura sociale.

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A Roma, la cooperativa sociale Il Trattore si occupa di agricoltura biologia, circolare e inclusiva

«Sono quarant’anni che esistiamo coltivando quattro ettari e mezzo dentro una riserva naturale della città», racconta Alessandro Babolin. «Abbiamo scoperto che l’agricoltura è il terreno che più facilita l’inserimento sociale e lavorativo, ecco perché abbiamo scelto di integrare donne e uomini con disagio psichico (la metà dei soci lo sono) aiutandoli nel produrre un reddito e così sostentarsi. E lo facciamo in modo sostenibile, in quanto siamo stati certificati come azienda biologica. Vendiamo i nostri ortaggi nel nostro punto vendita, in parte a domicilio e in buona parte attraverso i Gruppi di Acquisto Solidale (GAS): questi ultimi ci permettono di vendere tutta la nostra produzione riducendo al minimo gli scarti. Il prossimo passo è quello di auto-produrci un “compost”, azzerando interamente gli avanzi e utilizzarlo come concime».

La falegnameria multietnica

Il paradigma ESC è circolare perché progetta in anticipo, in chiave sostenibile, il ciclo del prodotto, sostituisce materie prime vergini con materie prime seconde, controlla e gestisce i flussi di ritorno a fine vita e dei resi. E fa tutto questo fondandosi su principi di giustizia sociale, ambientale, climatica e preferendo un approccio intergenerazionale.

 

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Roma. La falegnameria sociale dell’associazione K_alma

Come avviene dal 2017 all’intero del Villaggio Globale del quartiere testaccio di Roma, dove ha sede un’esempio di Economia Circolare Solidale: una falegnameria sociale che forma e crea lavoro per migranti e italiani. «Crediamo che la formazione e l’inclusione professionale gratuita debba essere un diritto per chi versa in condizioni di difficoltà economica», spiega Gabriella Guido dell’associazione K_alma. «Oggi la falegnameria è composta da una squadra multietnica, abbiamo iniziato con i migranti, in quanto molti di loro avevano bisogno di un contratto per ottenere il permesso di soggiorno, ma con la pandemia sono arrivati anche molti italiani in condizioni di marginalità. Produciamo per privati e istituzioni, lavorando prodotti artiginali di qualità, ri-utilizzando diversi materiali. In 4 anni di vita sono passate dalla fabbrica circa 80 persone: una persona può rimanere con noi una settimana, un mese, un anno o più. Quello che garantiamo sono gli strumenti formativi ma anche quelli legali o sociali. Chi lavora qui sa che il weekend il pranzo diventa sociale condividendolo con cittadini e altre associazioni».

Le linee guida per l’economia sociale circolare

Allora ritorna in mente il bottone delle nostre tastiere come metafora di una vita d’uscita possibile. «ESC in effetti è anche la necessità di premere forte per uscire da una condizione pre-determinata che non lascia spazio ad una nuova idea di economia», spiega Anna Lisa Mandorino di Cittadinanzattiva. «Investire su una economia sostenibile vuol dire lasciare a chi verrà dopo di noi risorse e potenzialità di sviluppo in condizioni migliori di quelle che noi stessi abbiamo trovato. In questo periodo di pandemia ciò si traduce nell’integrare tutti quei soggetti che si trovano in condizioni di incertezza per stimolarli a diventare attori di cambiamento».

Sono tante le esperienze di Economia Sociale Circolare che questo e altri progetti in Italia stanno mettendo insieme. Per questo il progetto ha anche proposto delle linee guida, che permettano ad altre realtà di adottare queste politiche e scelte sociali. Modelli intesi non come schemi che si impongono, ma come buone pratiche che, immesse nella società, hanno il potere di replicarsi. Seguendo la metafora della giraffa, che pur restando con i piedi saldi a terra riesce, dall’alto, a guardare molto lontano.

 

 

IL FUTURO? È NELL’ECONOMIA CIRCOLARE SOLIDALE

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