IO COMBATTO. STORIA DI LORETTA, DI GIACOMO, DI SILENZI E DESERTI

In un libro gli anni di Loretta Rossi Stuart accanto al figlio Giacomo, che fa i conti con un disturbo bipolare e problemi di dipendenza. «Voglio che altre madri possano attingere a queste mie esperienze»

di Laura Badaracchi

Si definisce «tigre che lotta sorretta dalla fede» Loretta Rossi Stuart, attrice e coreografa (sorella di Kim). Il secondo dei suoi due figli, il 25enne Giacomo, ha la passione del pugilato e del rap, un disturbo bipolare e problemi di tossicodipendenza, soprattutto cocaina. «La diagnosi è: bipolare e borderline, ma del tutto contenibile, se non fa uso di sostanze. Queste moderne “sostanze” che stanno bruciando il cervello di tanti ragazzini, hanno reso Giacomo ormai vulnerabile ed esposto alla pazzia, anche con solo una canna o una birra». Da 7 anni la madre lotta per curarlo fuori dal carcere, ma nel Lazio e in tutta Italia i posti nelle Rems (Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza, nate dopo la chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari) sono pochissimi: «Una media di 40-50 persone nella nostra regione aspettano di essere curate in luoghi idonei».

Giacomo ha affrontato ricoveri in psichiatria, fughe dalle comunità e detenzione. «Prima che ci accadesse tutto ciò, io non sapevo nulla di psichiatria, droga, carceri e leggi. Tra un inseguimento e l’altro, tra un arresto e un trattamento sanitario obbligatorio, mi sono messa a studiare, ho raccolto testimonianze, ho coinvolto le istituzioni, mi si è svelato un mondo oscuro, come quello del carcere e non solo. Voglio che altre madri possano attingere a queste mie scoperte ed esperienze, non come esperta e tecnica, ma come una donna che ha cercato, e spesso trovato, soluzioni sul campo, per tentare di salvare suo figlio», spiega nell’introduzione al volume Io combatto. La forza dell’amore, la guida della fede (postfazione di Mauro Valentini, Armando editore), nel tentativo di dare sostegno anche ad altri genitori, figli e cittadini. Infatti, all’indirizzo movimento.mdd@gmail.com , le scrivono tante mamme di ragazzi con disturbi psichici connessi all’uso di sostanze stupefacenti.

Riguardo ai pazienti con doppia diagnosi, come suo figlio, Loretta Rossi Stuart commenta: «Ecco che si presenta il deserto. Le comunità terapeutiche per tossicodipendenti con disturbi psichiatrici non sono in linea con tale complessa problematica. Bisogna lavorare a creare una struttura che stia a metà tra la comunità di recupero classica e la Rems. Per evitare il carcere, per prevenirlo. Nel frattempo che piova dall’universo un’indicazione per far ciò, comincio col dare corpo a Movimento Mamme Doppiamente Disperate, una rete di contatto e di collaborazione tra familiari di persone con problemi di dipendenza e disturbi di personalità. Qualcosa di gigantesco da affrontare, faremo del nostro meglio». E suggerisce: «Per porre un sano distacco verso un figlio che, per motivi psichiatrici, non può gestire la propria vita autonomamente, diventare suo “amministratore di sostegno” è un buon compromesso per tutelarlo a distanza».

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Loretta Rossi Stuart insieme al figlio Giacomo, appassionato di boxe e di rap

La situazione delle Rems

Resta il nervo scoperto della mancanza di posti disponibili presso le Rems, strutture residenziali con 20 posti al massimo, «a carattere contenitivo e con funzioni terapeutico e socioriabilitative, destinate ad ospitare gli autori di reato infermi di mente che presentino un elevato grado di pericolosità sociale», spiega l’avvocato Valentina Cafaro, legale di Giacomo. «A causa dell’incapienza di tali strutture, che nell’ottica del legislatore della riforma del 2014 avrebbero dovuto sopperire all’inadeguatezza degli obsoleti ospedali psichiatrici giudiziari, centinaia di pazienti psichiatrici vengono inseriti all’interno di inestinguibili – quanto inaccessibili – liste d’attesa e così lasciati, nel mentre, in uno stato di abbandono terapeutico. Un’intera classe di soggetti deboli vede dunque quotidianamente violati i propri più basilari diritti fondamentali. E ciò vale tanto per coloro che, nell’attesa di essere collocati in una Rems, restano illegittimamente ristretti all’interno degli istituti penitenziari, quanto per coloro che trascorrono l’estenuante attesa al di fuori delle mura carcerarie». Il caso di Giacomo è emblematico: «Nel gennaio 2019, il Magistrato di Sorveglianza aveva applicato nei suoi confronti la misura di sicurezza del ricovero in una Rems. Tuttavia, a causa dell’indisponibilità di posti presso le Rems territorialmente competenti, il provvedimento è rimasto ineseguito. Successivamente, nel maggio 2019, il giudice di merito, constatata l’avvenuta espiazione della pena detentiva (Giacomo era stato ritenuto semi-infermo e condannato ad un anno di detenzione) aveva ordinato l’immediata rimessione in libertà di Giacomo. Anche tale provvedimento è rimasto tuttavia ineseguito, con la conseguenza che egli ha continuato ad essere illegittimamente ristretto in carcere senza che gli venisse assicurato alcun trattamento medico-sanitario adeguato a soddisfare le sue esigenze di cura. Una detenzione illegittima, quella del nostro assistito, che è durata quasi un anno. Un periodo di tempo lungo, lunghissimo». Non solo per lui: «Il nostro è un grido per i tanti Giacomo che troviamo nelle carceri», denuncia Loretta. Nel Lazio sono aperte dal 2015 a oggi 6 Rems, di cui una femminile, per un totale di 106 posti; l’ultima è stata inaugurata il 2 agosto dello scorso anno a Rieti.

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loretta rossi stuartLoretta Rossi Stuart
Io combatto. La forza dell’amore, la guida della fede
postfazione di Mauro Valentini
Armando Editore
pp. 296, € 15,00

IO COMBATTO. STORIA DI LORETTA, DI GIACOMO, DI SILENZI E DESERTI

IO COMBATTO. STORIA DI LORETTA, DI GIACOMO, DI SILENZI E DESERTI