
NOI+, VOLONTARIATO OPPORTUNITÀ DI APPRENDIMENTO PERMANENTE
Il 54% dei volontari crede che il proprio impegno possa portare miglioramento sociale e il 75% con il volontariato ha cambiato il proprio modo di pensare. Presentata la ricerca Forum Terzo Settore e Caritas italiana NOI+. Valorizza te stesso, valorizzi il volontariato. Pagniello Caritas Italiana: «Competenze e motivazioni dei volontari risorsa importante per tutta la società»
02 Maggio 2025
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«Contribuire alla propria comunità e generare un cambiamento»: queste le motivazioni principali che muovono i giovani volontari, in prevalenza donne. Sono 11 le competenze principali dei volontari italiani individuate dalla ricerca NOI+. Valorizza te stesso, valorizzi il volontariato, presentata il 28 aprile e promossa da Forum Terzo Settore e Caritas italiana in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della formazione dell’Università di Roma Tre. Obiettivo principale dello studio è quello di «offrire uno strumento concreto utile al riconoscimento, in ambito lavorativo e scolastico, delle competenze acquisite dai volontari». Infatti l’impegno solidale favorisce lo sviluppo delle soft skills, «come le competenze personali, sociali e civiche: oltre il 50% degli intervistati le mette in campo sempre o spesso durante la propria attività volontaria».
Il volontariato, un’opportunità di apprendimento permanente
Ben 8.929mila gli intervistati, 56% del Nord, età media 50 anni, over 65 il 20%, il 26% pensionati; il 69% va volontariato nelle Odv e il 13% nelle Aps. Ben il 92,5% dei volontari dichiara che nella propria azione di volontariato esercita le competenze sociali in tre dimensioni: empatia, comunicazione, collaborazione. In merito alle motivazioni che spingono a svolgere attività di volontariato emergono, oltre al contributo alla comunità (87,6%), l’arricchimento professionale (32,1%), la fede nella causa del gruppo (31,7%) e la volontà di rispondere ai bisogni urgenti della società (26,7%). Oltre la metà dei volontari (53,8%) ritiene che il proprio impegno abbia un forte impatto nel modificare la realtà, ad esempio rendendo migliori la cultura, gli stili relazionali, i modelli sociali e anche l’organizzazione dei servizi. E più del 75% afferma che fare volontariato ha cambiato profondamente il proprio modo di pensare, specialmente tra i giovani adulti.
«Nel fare volontariato i volontari esercitano e sviluppano la capacità di apprendere ad apprendere. I volontari non pensano che tutto si esaurisca nel fare, ma che il volontariato sia un’opportunità di apprendimento permanente, un modo di crescita personale e di cambiare la propria visione del mondo, quindi le organizzazioni hanno il compito di favorire questo processo. Il bene per sé e il bene per gli altri viaggiano insieme al desiderio di sviluppare se stessi, che non è un tratto egoistico ma la ricerca della pienezza di senso», ha rilevato il professor Giovanni Serra dell’Università Roma Tre, che ha curato la ricerca collaborando con il professor Paolo Di Rienzo e ha toccato un tasto dolente: «Le donne e i giovani sono indietro nelle posizioni apicali nel volontariato, detenute da soprattutto da volontari maschi e anziani».
«Per noi è imperante dare voce alle storie individuali. Si dà anche una rilettura della comunità più fragile ma molto più coesa, con una visione economica del dono, un’economia di tipo relazionale. Ai volontari si chiede di compromettersi con le storie degli altri, di mettersi a rischio, con la disponibilità a “infuturarsi” regalata anche ai ragazzi che chiedono di fare un’esperienza di volontariato. I volontari fanno un’azione di agopuntura urbana e toccano i nervi della città perché le loro competenze diventino quelle della comunità», ha sottolineato Donatella Turri di Caritas Italiana, riguardo alle competenze sociali e allo sviluppo di comunità.
«Il volontario è uno spazio straordinario per sviluppare competenze interculturali, fra cui la mediazione culturale intesa come costruire ponti fra due realtà differente. Il mediatore sa interpretare i contesti e favorire il dialogo, una pratica effettiva di pace perché laddove c’è comprensione si evitano conflitti. Tuttavia, nonostante il ruolo cruciale, manca un inquadramento nazionale dei mediatori culturali», ha osservato Morouan Oussaifi, padre tunisino e madre italiana, vicepresidente di Anolf (Associazione nazionale oltre le frontiere) che rappresenta 190 nazionalità. «Rappresentiamo persone che hanno competenze molto importanti, ci portiamo dietro da anni il problema dei titoli di studio», ha aggiunto, evidenziando la necessità di valorizzare anche le diverse identità che convivono in una stessa persona, come nel suo caso: «Mi chiamo anche Marco, vivo nella provincia di Frosinone e ho cittadinanza sia italiana sia araba, sono di religione musulmana».

Pagniello, Caritas Italiana: «Le competenze e le motivazioni dei volontari sono una risorsa per tutta la società»
Franco Lorenzoni, maestro per 40 anni e scrittore, fondatore nel 1980 della Casa-laboratorio di Cenci, ha evidenziato: «Il punto chiave della relazione umana è la reciprocità: se non mi metto in ascolto, non c’è vero dialogo. A volte si va all’incontro con dei preservativi culturali, pensando: “Posso amarti ma non generiamo, non ci contaminiamo reciprocamente”».
Una riflessione sulle prospettive per il Paese l’ha delineata il viceministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Maria Teresa Bellucci: «Il volontariato è un esercizio imponente di come far diventare realtà i propri valori e principi nell’incontro con l’altro. E l’Italia ha la tradizione più antica di solidarietà sociale a livello europeo: le nostre società di mutuo aiuto risalgono al Medioevo». Il Governo, ha ricordato, «ha lavorato fin dall’inizio sulla certificazione delle competenze». Competenze trasversali «sempre più fondamentali nei luoghi di lavoro, nelle relazioni interpersonali e di comunità e per la costruzione di cittadinanza attiva. Il loro riconoscimento è al centro di una sfida per la crescita del capitale umano e sociale. Il Terzo settore è stato pioniere di questo percorso nell’ambito del Servizio civile universale, ma è tempo di compiere ulteriori passi in avanti, seguendo la strada indicata anche dall’Unione europea. Occorre dunque realizzare quanto già disposto dal Codice del Terzo Settore sul riconoscimento delle competenze dei volontari, dando seguito al decreto del 2024 sull’individuazione, validazione e certificazione delle competenze. L’obiettivo è un sistema strutturato, omogeneo su tutto il territorio nazionale, che valorizzi nel concreto quanto acquisito dai volontari nella loro esperienza, facendo leva sul ruolo chiave degli Enti di Terzo Settore. Questo rafforzerà la cultura del volontariato nel nostro Paese, soprattutto tra i più giovani, e favorirà l’apprendimento delle persone rispondendo ai loro bisogni di crescita personale e professionale», ha rilevato Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum Terzo Settore.
Infine, per il direttore di Caritas Italiana don Marco Pagniello «il volontario è la prima grande opera-segno di cui bisogna prendersi cura, che ha bisogno di formazione e competenze che vanno riconosciute, messe a disposizione di servizi e comunità; noi in Caritas parliamo sempre di pedagogia dei fatti». E ha concluso: «Le competenze dei volontari coniugate con le loro motivazioni sono la forza del volontariato stesso e una risorsa importante per tutta la società. Dare piena attuazione alle normative che promuovono lo sviluppo del servizio volontario va a beneficio di tutti, a cominciare dalle pubbliche istituzioni più vicine ai cittadini. I volontari e le volontarie sono consapevoli di dare con il loro impegno un contributo efficace al cambiamento in meglio della società nel suo complesso, che parte dalla loro stessa crescita personale». QUI il volume “Analisi e innovazione dei processi formativi del Terzo settore: competenze strategiche dei volontari” realizzato a partire dall’indagine “NOI+. Valorizza te stesso, valorizzi il volontariato”.
