PRO JOB: IL LAVORO CHE INCLUDE. IN BICI

Il progetto Pro Job (Just One Bike) propone alle donne in condizioni svantaggiate di diventare imprenditrici, producendo street food con particolari bici elettriche

Tutto è nato perché Vincenza Ruggiero, a causa del Covid, ha rallentato i suoi ritmi di lavoro e ha avuto un po’ di tempo per pensare e riflettere. «Con le varie restrizioni, per evitare il contagio, c’erano più possibilità di fare attività all’aperto. Mi sono immaginata come doveva essere il futuro della ristorazione ed è nata l’idea di Pro Job, acronimo che sta per Just one bike. Abbiamo abbinato street food, imprenditoria femminile, inclusione sociale, con un occhio di riguardo a quella delle donne», dice Vincenza Ruggiero, professionista nel settore food&beverage.

Tra sostenibilità e inclusione 

«Ho cercato di inserire all’interno di quest’idea temi a cui tengo particolarmente, come l’impatto ambientale e l’inclusione delle giovani donne», spiega. L’imprenditrice è partita da una domanda: in che modo si possono aiutare le persone che sono svantaggiate a crearsi un’attività nella quale possono trovare un impiego e, magari, diventare imprenditrici di loro stesse? «Con un’attività smart, che non prevede un avviamento commerciale come l’attività classica di un negozio, ma che può portare, con una serie di attenzioni e passaggi, a risultati uguali (se non migliori), con la libertà di poter spaziare su più aree, girando e partecipando ad eventi, fiere, feste private», continua Ruggiero.

pro jobCucine in movimento

Nel progetto sono utilizzate bici elettriche con le ruote grosse (o fat bike), la parte anteriore è stata modificata, eliminando ela ruota davanti. Hanno fatto costruire un vano, che con tecniche particolari è stato saldato alla bike e rivestito con degli acciai alimentari (come quelli che si trovano sui banchi delle classiche cucine). Ha un tendalino ignifugo, necessario per legge. Sopra c’è un fry top (una piastra) a gas, una friggitrice a gas, un frigorifero anch’esso a gas, vari vani di stoccaggio, sia alimentari che merci. Davanti, è presente un plexiglass che divide la zona lavoro con il cliente.

«I mezzi sono semplici, ma assolutamente funzionali. Attirano molto l’attenzione della clientela. La cucina è completamente attrezzata, ma mobile, per cui si riesce a soddisfare un’utenza importante. Il veicolo non è grande, ma permette di lavorare in due. Il mezzo usato ci permette di essere molto competitivi, non avendo costi fissi che possono essere l’affitto del locale o l’utenza i costi sono zero, siamo noi che ci muoviamo in base all’utenza e ai flussi, non il contrario. La forza sta anche in questo», spiega Ruggiero.

Ci sarà una rete di imprese e l’approvvigionamento sarà vegetale. «Non tratteremo carne e derivati animali per una scelta etica. Faremo somministrazione di materie prime vegetali raccolte sul nostro territorio, proporremo legumi, polpette, panini con il burger vegetale, l’hot dog vegetale, il cartoccio di fritti. L’impronta sarà quella dello street food, senza snaturare il concept. Sarebbe una follia pensare di fare una cucina gourmet su una bike».

Il problema n.1: la burocrazia

«Stiamo aspettando che la Caritas di Latina ci fornisca i nomi dei candidati a cui faremo formazione, che durerà due-tre settimane, riguarderà l’HCCP e una serie di nozioni teoriche e pratiche», spiega Vincenza Ruggiero. Dopo la formazione, le persone verranno impiegate sulle food bike. Nulla vieta che, in futuro, possano diventare imprenditrici di loro stesse: è previsto anche l’affiancamento per poter prendere il proprio nuovo veicolo e le licenze e pianificare nuove opportunità.

«In Italia non è facile la burocrazia in generale. È difficile per noi, immaginiamo per una persona che ha una cultura differente dalla nostra e che non parla ancora bene l’italiano». La parte più ostica del progetto è stata quella delle licenze: le food bike in Italia non esistono. «Al C omune non sapevano cosa “flaggare” nella lista dei veicoli presenti nei moduli. Mi chiedevano una volta il numero di telaio, un’altra quello di motore o la targa. Abbiamo dovuto scardinare anche quest’aspetto. Poi abbiamo studiato la parte progettuale: queste sono biciclette che hanno un vano anteriore che accoglie una serie di attrezzature, abbiamo dovuto bilanciare il peso. La fase embrionale ha richiesto molte energie».

Un’economia circolare

A dare ossigeno all’idea è stato il bando “Agro-social: Seminiamo Valore”, supportato da Confagricoltura e Jti Italia. Pro Job ha vinto il “Premio per Impresa Donna” ottenendo un finanziamento di 40mila euro, nella sezione “Impresa Donna”. «Ci siamo proposti e abbiamo vinto il bando. Finora abbiamo prodotto tre biciclette elettriche», afferma Vincenza Ruggiero. «Stiamo avendo molte richieste per fiere ed eventi, nella zona di Roma. Le fattorie sociali sono uno dei temi che mi sono a cuore, uno dei più importanti riguarda l’impatto ambientale, non a caso la scelta dei veicoli è ricaduta sulle bici, che impattano praticamente zero; inoltre, il packaging per i prodotti che somministriamo è totalmente biodegradabile. Per quanto riguarda l’impatto ambientale cercheremo di scegliere il più possibile aziende del territorio a chilometri zero. Il nostro obiettivo è creare un’economia circolare».

 

Presto sarà on line il sito dedicato al progetto.

 

PRO JOB: IL LAVORO CHE INCLUDE. IN BICI

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