FILI DI SPERANZA. MODA E SOLIDARIETÀ IN PASSERELLA

Una sfilata di moda a Roma, capi realizzati dalle allieve di un corso di cucito per donne disoccupate e indossati dalle rifugiate accolte nella casa del progetto Chaire Gynai. «Fili di speranza rappresenta un’opportunità per le nostre donne»

Una sfilata di moda particolare, con i capi realizzati da stiliste e allieve di un corso di cucito per donne disoccupate, indossati dalle giovani rifugiate accolte nella casa del progetto Chaire Gynai (Benvenuta donna), voluto da Papa Francesco e gestito dalla Fondazione Scalabriniana. Fili di speranza lo slogan scelto per l’iniziativa di moda ecosolidale e il nome del laboratorio di sartoria, sostenuto da Caritas Porto-Santa Rufina. Nel pomeriggio di domenica 23 luglio, in via della Pineta Sacchetti 506 a Roma, missione e solidarietà sono andate in passerella nel giardino della casa di accoglienza “Chaire Gynai”. Realizzati con stoffe donate da diverse congregazioni missionarie (presenti in Camerun, Malawi, Guinea Bissau, Congo, Tanzania…) e confezionati nel laboratorio di sartoria eco-solidale promosso a Ladispoli (Roma) dall’associazione Terra e Missione in collaborazione la Confraternita S. Maria del Rosario, abiti e completi evocavano le tinte forti africane e le sfumature calde orientali, intrecciando ricami ucraini e stampe sudamericane, kimono e sari. Alcuni capi sono stati completati in collaborazione con le Suore della Carità di S. Giovanna Antida della Fondazione Thouret onlus.
Durante il laboratorio di sartoria per donne disoccupate Fili di speranza, avviato lo scorso ottobre nella sala parrocchiale di S. Maria del Rosario e sostenuto dalla Caritas di Porto-Santa Rufina, stiliste e 10 allieve hanno dato vita alle creazioni dopo aver appreso le competenze base del cucito. Il corso, lanciato in collaborazione con la Caritas diocesana e Ciofs Fp Lazio, con il patrocinio del Comune di Ladispoli, era strutturato in 60 ore per 20 incontri in presenza il sabato mattina, partendo dalle nozioni base delle riparazioni e del restyling, fino ad arrivare a confezionare capi di abbigliamento o accessori. A tutte le iscritte è stato rilasciato un attestato di partecipazione certificato dal Ciofs Fp Lazio, oltre al supporto nella redazione del curriculum e all’attività di accompagnamento nella ricerca di un lavoro.

Costruire autonomia

Fili di speranza
«Oltre ad acquisire competenze di cucito, sfilare con un abito tipico del proprio Paese è stato importante per le donne che hanno partecipato»

A sfilare sono state le giovani rifugiate ospitate presso la casa di accoglienza “Chaire Gynai”, che dal 2018 accoglie donne rifugiate con bambini e altre migranti in condizioni di vulnerabilità. «Chaire Gynai = Salve/Benvenuta, donna! Dal greco, esprime il senso di gioia che si prova nell’accogliere qualcuno, al quale si augura di essere felice. Il progetto di semiautonomia prevede l’accoglienza di donne che abbiano già ottenuto il riconoscimento di una protezione sul territorio italiano o che necessitano di regolarizzare la loro condizione migratoria. Un’équipe interdisciplinare formata da figure professionali, religiose e volontari accompagna e orienta le donne verso il loro inserimento nel territorio rispetto a lavoro, educazione, salute», spiegano le responsabili della casa. Oltre alla sartoria creativa, le ospiti sperimentano le loro competenze lavorative anche nell’assistenza familiare, nella ristorazione e catering etnico. L’esperienza della sfilata è stata una parte importante del progetto di semi-autonomia personalizzato, stilato «insieme alle nostre ospiti che rimangono con noi fino a 6 mesi, mentre le mamme con bambini restano un anno. L’obiettivo è quello di accompagnarle nella costruzione della loro completa autonomia, guardando anzitutto alla formazione e alla ricostruzione della loro identità», spiega Raffaella Bencivenga, psicologa che coordina il percorso educativo del progetto “Chaire Gynai”. «Sicuramente il laboratorio Fili di speranza rappresenta un’opportunità per le nostre donne, che hanno già alle spalle un piccolo tirocinio o comunque un lavoro che consente loro di fare la spesa e di acquistare i beni primari. Oltre ad acquisire competenze di cucito, sfilare con un abito tipico del proprio Paese è stato importante per loro, perché rappresenta un mettere la firma sull’essere se stesse in Italia sentendosi apprezzate perché provenienti da altri Stati, quando invece a volte l’integrazione viene ritenuta un adattarsi alla cultura del Paese ospitante. Invece questo evento ha messo in evidenza l’integrazione che dà spazio a diverse culture. Alcune hanno sfilato proprio con il vestito che hanno preparato con le loro mani».

Foto credits: Biagio Tamarazzo/Terra e Missione

 

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