LA CREATIVITÀ DELLE DONNE RIFUGIATE PER QUELLE AMMALATE DI TUMORE

Sono rifugiate a Sezze e vogliono lavorare e inserirsi in Italia. Intanto realizzano turbanti per le donne sottoposte a chemioterapia. È il progetto "She Turban"

Nella cultura africana il turbante è simbolo di bellezza e fierezza: concetti che le ospiti dello SPRAR di Sezze intendono regalare alle donne in cura chemioterapica e radioterapica, che inevitabilmente vedono cambiare il proprio aspetto, a cominciare dalla perdita dei capelli. L’idea di She Turban è pensato in particolare per loro, ma è dedicato a tutte le donne che vogliono indossarlo. Il progetto è ideato e realizzato dall’Associazione Sarai Onlus, in collaborazione con la Cooperativa sociale Karibu e vede come protagoniste le donne africane rifugiate e richiedenti asilo, ospiti dello SPRAR di Sezze (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) e di Priverno, in provincia di Latina. Testimonial del progetto è Emma Bonino.
«Un umanesimo della fragilità che vede coinvolte donne di ogni razza, età, ceto sociale; una collana della solidarietà le cui perle sono Donne: a loro – immigrate, donne che combattono contro la malattia entrambe colme di speranza – è dedicato She Turban», dice la dottoressa Marie Thérese Mukamitsindo, presidente della cooperativa Karibu.

Il progetto che dà il “Benvenuto”

“Karibu” in lingua swahili significa “Benvenuto” e partendo da questa base è stato ideato e sviluppato da Marie Thérese Mukamitsindo il “Progetto Karibu”, che nasce nel 2001 finalizzato all’accoglienza, integrazione, assistenza, con interventi anche in materia di rimpatrio volontario, di donne richiedenti asilo, rifugiate e beneficiarie di protezione umanitaria o sussidiaria, minori stranieri non accompagnati e interventi di orientamento rivolti a migranti economici.

progetto She Turban
Emma Bonino con uno dei turbanti del progetto “She Turban”

La cooperativa Karibu nasce nel 2004 come naturale conseguenza del progetto, ponendosi come obiettivo quello di realizzare un’accoglienza integrata. Fondata da donne rifugiate, che a loro volta erano state beneficiarie di un progetto di accoglienza, ha messo in piedi azioni ed interventi che, ispirati dalle esperienze personali, migliorassero e permettessero, oltre all’ospitalità temporanea, l’individuazione di veri percorsi di integrazione sociale dei beneficiari.
A partire da un’idea dell’Associazione Sarai, le ragazze di Karibu ospiti dei progetti SPRAR, sotto la guida della coordinatrice Mukamitsindo, sono state liete di farsi incontro alle donne sottoposte a cure chemioterapiche e radioterapiche, che come loro affrontano un momento difficile della vita. L’incontro con le donne africane di Karibu, avvenuto all’interno del laboratorio di sartoria, ha fornito all’Associazione Sarai lo spunto per suggerire la creazione e realizzazione di un indumento emblema della loro cultura manifatturiera, che possa essere di supporto alle donne in cura per una patologia oncologica, e non solo.

Creazioni che uniscono Africa e design occidentale

All’interno del laboratorio di sartoria lavorano 5 ragazze beneficiarie di progetti SPRAR sotto la direzione di tre sarti professionisti, anch’essi ospiti di progetti SPRAR, tutti richiedenti asilo, rifugiati e titolari di protezione umanitaria e protezione sussidiaria.

progetto She Turban
I tessuti sono africani, il design occidentale

Le attività vengono svolte con la supervisione della responsabile Stefania Di Ruocco e il coordinamento di Marie Thérese Mukamitsindo per la Cooperativa Sociale Karibu e di Anna D’Anzi e Letizia Maraini dell’Associazione Sarai. Le beneficiarie si sono impegnate a frequentare un corso di cucito con lo scopo di perfezionare le tecniche dell’arte sartoriale. Maestre nella realizzazione di questo tipo di copricapo, hanno studiato e cucito i singolari turbanti lasciandosi suggestionare dal design occidentale. Per la loro realizzazione sono stati utilizzati esclusivamente tessuti africani originali e sete e velluti intrecciati per la versione serale, tutti rigorosamente testati ed adatti a essere indossati su pelli delicate e sensibili. Ogni donna potrà decidere se applicare piccole ciocche di capelli naturali, lavabili e anallergici al turbante scegliendone colore e forma. Il copricapo è un pezzo unico ed è rigorosamente cucito a mano.

Le storie delle ragazze di Karibu

Dietro la creazione di ogni centimetro di turbante, c’è la storia di una donna arrivata in Italia dopo un lungo viaggio con tante speranze, tanti sogni e la voglia di costruire un futuro.

le donne
Dietro la creazione di ogni turbante c’è la storia di una donna

Maureen Ikeh, 27, anni, viene dalla Nigeria, vive da 5 anni in Italia. «Ci sono arrivata dopo un viaggio in nave attraverso il Niger e la Libia. Dopo 2 anni trascorsi in Toscana, sto da 1 anno e 8 mesi a Priverno, mi ci trovo bene. L’Italia è bella, ma c’è un solo problema: non c’è lavoro. Se avessi la possibilità farei qualunque lavoro qui. Sono contenta di far parte del progetto She Turban. I turbanti li ho imparati a fare da mia madre in Nigeria, lei li faceva sempre, io la guardavo e la aiutavo».
Anche Lucky Osahon è arrivata dalla Nigeria in nave, dopo un viaggio dal Niger alla Libia, 2 anni fa. «Non avevo mai cucito prima del progetto She Turban, ma ho imparato volentieri perché voglio avere qualcosa da fare. La mancanza di lavoro mi fa soffrire, giro tanto e cerco ma non trovo nulla…».
John Lovlin è, come Lucky, da 2 anni nel nostro Paese. «Il progetto She Turban è molto bello, è importante e utile per le donne malate, penso che soprattutto con il caldo di questo periodo possano essere una buona protezione. Sarò felice di partecipare a presentazioni e party, così potrò rivedere i lavori che ho fatto. Se il governo mi potesse aiutare a trovare lavoro sarebbe fantastico. Ho girato a Roma, Latina, Sezze e in molti altri posti ma non riesco a trovare nulla».

“She Turban” per l’autoimprenditorialità

L’obiettivo principale di She Turban è quello di avviare le ragazze dello SPRAR a corsi di formazione e avanzamento professionale con lo scopo di far apprendere loro un mestiere da proseguire anche fuori dal centro di accoglienza, con l’attivazione di corsi di autoimprenditorialità e di accesso al microcredito.

progetto She Turban
Obiettivo di queste donne è imparare un mestiere da esercitare anche fuori dal centro di accoglienza

La presentazione del progetto il 13 settembre a Milano (presso il Tiramisù Delishoes in Via Marco Formentini 2), vuole lanciare il marchio She Turban e presentare il prodotto al mondo della moda, inoltre vuole dare visibilità a modelli economici solidali e di interazione per lo sviluppo territoriale locale. Il laboratorio di sartoria può rappresentare un’opportunità lavorativa per le donne ospiti dei progetti SPRAR. Milano rappresenta un’opportunità per dare visibilità al progetto con lo scopo di creare uno stile proprio ed inconfondibile che si distingua sul mercato grazie all’abilità e all’impegno responsabile delle ragazze, soprattutto se si vuole mettere a fuoco il messaggio del laboratorio: «il miglioramento della percezione di sé, della propria femminilità, delle donne malate oncologiche che potranno indossare i turbanti pensati per loro dalle ragazze di Karibu amorevolmente confezionati», conclude Mukamitsindo.

LA CREATIVITÀ DELLE DONNE RIFUGIATE PER QUELLE AMMALATE DI TUMORE

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