ROMA – LIPSIA SOLO ANDATA IN AUTOSTOP

Un viaggio attraverso ecovillaggi e transition town, un progetto di crowfunding per arrivare in autostop alla Conferenza internazionale di Lipsia2014 sulla decrescita felice. Francesca Piccoletti, l’ideatrice racconta “L’altra strada per Lipsia”.

Mi sembrava inutile e soprattutto un contro senso partecipare ad una conferenza in cui si parlava di impatto ambientale, di risparmio energetico, di economia alternativa arrivandoci in aereo, inquinando come una petroliera ribaltata al largo dell’oceano. Ho pensato a varie alter native, poi la soluzione migliore mi è sembrata quella di raggiungere Lipsia in autostop. Ne ho parlato al mio migliore amico, Francesco Spinucci, regista e fondatore della Brand New Video, e così la mia idea di fare un blog live del viaggio è diventata un vero e proprio documentario. Abbiamo subito pensato di partire insieme per questa avventura e di fare del nostro meglio per raccontare tutto quello che avremmo incontrato». Nasce così “L’altra strada per Lipsia”, un progetto che coinvolge ecovillaggi, transition town e circoli del movi mento della decrescita felice. Diciotto giorni in autostop per raggiungere la Lepizig Degrowh2014, fermandosi a visitare ogni realtà decrescente sui 1400km che separano Roma dalla Germania. Francesca Piccoletti, l’ideatrice, lavora come sceneggiatrice, autrice e blogger ed è impegnata attivamente come esperta di economia alternativa, best practice nel territorio e autoproduzione. Nel video di ringraziamento si dichiarano 1350km (sono quelli di google maps) in realtà ne hanno fatti più di 2mila perché fare l’autostop significa anche, a volte, prendere la strada più lunga. La lista di realtà che li avrebbero ospitati c’era prima di partire. «Attraverso la Rive, la rete degli ecovillaggi italiana, e Gen, Global Ecovillage Net- work, siamo entrati in contatto con varie realtà presenti sul nostro cammino e abbiamo chiesto ospitalità. Sapevamo dove andare, ma è stato difficilissimo distribuire le interviste e gli appuntamenti perché non sapevamo mai il nostro orario di arrivo».

La partenza è stata semplice…

Arrivare a Santa Cristina, vicino Gubbio, la prima tappa, è stato facilissimo. Usciti di casa un amico ha dato loro un passaggio fino ad una stazione di servizio sull’Aurelia e da lì molte persone si sono avvicendate per coprire la prima tappa di 180 chilometri. «Siamo stati ospiti due giorni alla Libera Università di Alcatraz di Jacopo Fo che ci ha concesso una lunga intervista. La cosa interessante è che lì abbiamo parlato con il responsabile del cantiere del nuovo ecovillaggio Solare, che sta prendendo vita nella collina di fronte». Si tratta di case costruite secondo i dettami della bioarchitettura, spazi molto piccoli fa- cili da riscaldare, tanto bosco intorno, la possibilità di avere un giardino, coltivare un proprio terreno. «Devi essere molto convinta», spiega Francesca Piccoletti, «perché è un cambiamento importante, una scelta di vita, io per esempio in questo momento della mia vita, non so se lo farei. Quello che più mi preme adesso non è abbandonare le città, ma renderle vivibili. Il modello di transition tow è, quindi, più vicino alle mie inclinazioni di quello di ecovillaggio. Le città sono troppo importanti, fondamentali per la nostra crescita: gli agglomerati cittadini producono movimento, scambio e cultura. Il cinema, il teatro, la libreria, la biblioteca nazionale dove hai internet gratis e tutti i libri del mondo a disposizione sono il primo prototipo di spazio per il coworking a costozero, quindi una ricchezza a cui io non riesco proprio a rinunciare».

Attraverso Toscana, Emilia Romagna, Lombardia e oltre…


Il viaggio è poi proseguito verso Upacchi, un paesino sopra Anghiari, in Toscana, dove si trova l’ecovillaggio più antico d’Italia, fondato nel1990. Ci vive una comunità di tedeschi arrivati in quegli anni che oggi, dopo tanto tempo, hanno ancora la stessa motivazione di allora. «Da Upacchi ci siamo spostati a Parma, ospiti del circolo locale della decrescita felice. È un esempio impor tante per la decrescita applicata in città: ci sono progetti importanti come gli orti urbani, le mense a chilometro zero nelle scuole, i corsi di panificazione per gli studenti». Inoltre a Parma sta diventando realtà anche il progetto di Giovanni Leoni. Si tratta della costruzione di un “agrivillaggio” situato a cinque minuti dal centro della città: sono previsti filari di alberi da frutto a cui le persone della comunità potranno accingere, ci sarà una stalla con il riscaldamento a biomassa che utilizzerà direttamente le feci delle mucche, c’è in progetto anche un pollaio mobile. Le case saranno tutte costruite con diversi moduli di varie metrature con un proprio terreno, i giardini sui tetti ed i riscaldamenti seguiranno i principi della bioarchitettura. «La vera rivoluzione è che si trova a pochi minuti dal centro urbano e, se funziona, sarà possibile replicarla in altri spazi». Il giorno successivo, dopo un beve viaggio sempre in autostop, «a Milano abbiamo incontrato Carmen, tesoriera del locale circolo della decrescita felice, che ci ha parlato di decrescita e maternità spiegandoci tutte le scelte decrescenti fatte con Adriano, il suo primo figlio: dai pannolini lavabili, all’autosvezzamento, al vaccinarlo seguendo un certo criterio. Dal lì poi, con fatica, siamo arrivati a Schio, ospiti dei ragazzi della “Corte del Vento”, un progetto per la costruzione di un ecovillaggio iniziato un anno fa. Nella tappa successiva, a Bolzano, abbiamo incontrato Elisa Nicoli, che scrive di autoproduzione da tanto tempo per le edizioni dell’Altra Economia».

Vicino a Monaco c’è anche il Reparire cafè


Durante il viaggio Francesca e Fra cesco hanno realizzato diverse interviste anche a chi dava loro un passaggio, chiedendo cosa pensassero della crisi e se sapevano cosa fosse la decrescita felice. «Abbiamo incontrato gente di tutti i generi, lavoratori, studenti, persone fuori di testa: moltissimi erano stupiti del fatto che facessimo l’autostop. Ad Innsbruck ad esempio ci ha offerto un passaggio un ragazzo austriaco con un furgone enorme dove viveva girando il mondo alla ricerca delle giuste correnti ascensionali per fare parapendio, un decrescente inconsapevole». Una delle tappe tedesche prevedeva la transition town di Grafing, vicino Monaco, «un luogo dove si cerca di trovare un modo di vivere più ecosostenibile e conviviale, per esempio con una banca del tempo che funziona davvero, con un Reparire café, dove le persone portano le cose rotte e di tecnici insegnano loro a ripararle, la biblioteca diffusa e moltissimi altri progetti, come per esempio piantare dei fiori per le api in ogni aiuola cittadina, visto che queste stanno scomparendo. Michaela, la nostra ospite, è una sperimentatrice nata: si è fatta da sola tutti i mobili di casa in legno, senza viti o colle sintetiche ed è talmente brava che adesso insegna falegnameria». L’ultima sosta è stata a Jahnishausen, Riesa ,vicino Lipsia, dove vive una comune costituita da persone anziane: «verso l’età della pensione hanno messo insieme i loro risparmi per comprare uno dei castelli del re di Svevia, ristrutturarlo e viverci; la cosa particolare è che sono tutte persone sui sessanta, settant’anni. Vivono in appartamenti divisi, alcuni in affitto, altri gratuiti, in base al tipo di partecipazione alla comunità. C’è chi fa l’orto, chi le ristrutturazioni. È stato divertente perché non avendo, chiaramente, il telefonino, quando sapevano che dovevamo arrivare sono stati vicino al telefono fisso tutto il tempo aspettandola nostra chiamata». Francesca a Lipsia ha tenuto un workshop di due ore sull’autoproduzione: «una parte teorica in cui ho spiegato l’importanza dell’autoproduzione ed una pratica in cui mi hanno chiesto particolari su come si fa un dentifricio, un deodorante, un sapone, quindi ho lasciato delle ricette e, cosa più importante, ho spacciato la mia pasta madre che ha viaggiato con me nel mio zaino e adesso si trova anche in Romania e perfino a Seattle».

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