CARCERE, ANTIGONE: SIAMO SENZA RESPIRO

Senza Respiro è il ventunesimo rapporto di Antigone sulle condizioni di detenzione nel nostro Paese. Mentre nuove notizie di suicidi in carcere giungono in queste ore, Antigone fotografa un sistema penitenziario che «come forse mai negli ultimi decenni vive una crisi profonda»

di Laura Badaracchi

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Sono di queste ore le notizie di tre detenuti che in poche ore tra l’11 e il 12giugno scorsi si sono tolti la vita in carcere, tra Sassari, Santa Maria Capua Vetere e Campobasso. Sale così a 38 il numero dei suicidi carcere nel 2025.

«Siamo senza respiro! I detenuti sono senza respiro. Gli operatori sono senza respiro. Come forse mai negli ultimi decenni il sistema penitenziario vive una crisi profonda. Nelle 100 visite di Antigone abbiamo potuto constatare con i nostri occhi cosa significa un sistema penitenziario in crisi profonda di identità: corpi ammassati in celle chiuse, spazi inadeguati, tensione alle stelle, sofferenza generalizzata, condizioni igieniche e sanitarie inaccettabili, educatori stanchi, poliziotti in difficoltà, direttori provati, medici preoccupati, volontari a malapena tollerati». È uno stralcio dell’impietosa analisi di Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone, contenuta nel nuovo Rapporto annuale Senza respiro, che riassume il monitoraggio del sistema penitenziario condotta da Antigone ormai da oltre tre decenni.

Antigone
Patrizio Gonnella: «È necessario che a partire dal linguaggio si ridefinisca un senso comune della pena e non si metta mai in discussione la necessità di tutelare sempre la dignità di tutte le persone private della libertà»

Antigone: ripartire dal linguaggio

Ogni anno vengono compiute dai volontari dell’associazione visite nelle carceri italiane e raccolte centinaia di denunce e richieste da parte delle persone detenute, oltre a una costante attività di studio e ricerca. «Dobbiamo costruire una grande alleanza di tutti coloro che intendano muoversi nel solco dell’articolo 27 della Costituzione, a partire dalle Università, dalle associazioni, dal mondo delle professioni e dai sindacati – ha auspicato Gonnella –. Il carcere non va trasformato in una trincea di guerra. Chi usa toni militareschi o guerrafondai per orientare e gestire la vita carceraria commette un gravissimo atto di insubordinazione costituzionale che renderà durissima la vita degli stessi poliziotti. È necessario che a partire dal linguaggio si ridefinisca un senso comune della pena e quanto meno non si metta mai in discussione la necessità di tutelare sempre la dignità di tutte le persone private della libertà. Le parole forti di Papa Francesco per una pena mite e mai disumana, nonché il suo discorso contro i mercanti della paura, speriamo restino un monito per tutti. Non è stato ascoltato in vita. Speriamo lo sia dopo la sua morte».

Affollamento al 133%. A Reagina Coeli i tentativi di suicidio aumentano del 9%

Oltre alla piaga dei suicidi – 124 tra 2024 e 2025 secondo i dati Antigone –, degli atti di autolesionismo e del sovraffollamento (al 30 aprile 2025 i detenuti in Italia erano 62.445, a fronte di una capienza regolamentare di 51.280 posti, ma considerando gli oltre 4mila posti non disponibili il tasso reale di affollamento è del 133%, con circa 16 mila persone che non hanno un posto regolamentare), il Rapporto evidenzia che ben «il 20% dei detenuti fa uso antidepressivi antipsicotici e stabilizzanti dell’umore, psicofarmaci che spesso si abbinano a isolamenti disciplinari o con la creazione di sezioni formalizzate, anche se meno del 15% delle persone detenute hanno diagnosi psichiatriche», ha evidenziato Alessio Scandurra, coordinatore dell’Osservatorio di Antigone. «Tutti i detenuti ritenuti problematici, che presentavano difficoltà di permanenza nelle sezioni ordinarie e hanno problemi psichici, sono stati trasferiti nella sezione di isolamento a Frosinone», ha osservato Rachele Stroppa, che ha riferito «l’aumento di circa il 9% dei tentativi di suicidio alla Casa circondariale di Roma Regina Coeli: il sovraffollamento incide sugli eventi critici».

Antigone
Secondo i dati Antigone, al 30 aprile 2025 i detenuti in Italia erano 62.445, a fronte di una capienza regolamentare di 51.280 posti e un tasso reale di affollamento del 133%.

Rapporto Antigone: la situazione nel Lazio

Il Rapporto presenta alcuni approfondimenti e focus su realtà vissute all’interno dei penitenziari laziali. Benedetta Centonze e Francesca Stanizzi riferiscono sul diritto alla salute, presentando l’esperienza dello sportello legale aperto dal 2012 a Rebibbia Nuovo Complesso è «il primo aperto da Antigone all’interno di un carcere. Composto da 15 tra volontari che effettuano ingressi in istituto e altri che forniscono supporto in back office, offre un servizio a tutela dei diritti delle persone detenute attraverso l’informazione, l’aiuto nella redazione di istanze e reclami, l’invio di segnalazioni/solleciti alle istituzioni interessate. Il tutto senza assumere la difesa delle persone con cui si entra in contatto e senza sovrapporsi all’attività degli avvocati nominati dagli interessati. Le problematiche sottoposte all’attenzione dello sportello sono varie: richieste di accesso alle prestazioni di patronato, supporto nella redazione di varie tipologie di istanze (trasferimenti, reclami, accesso ai colloqui), richieste afferenti al diritto all’immigrazione e, non ultime, richieste di supporto nella tutela del fondamentale diritto alla salute». Medici, infermieri e operatori socio sanitari «si trovano a gestire situazioni critiche con strumenti limitati, in un precario equilibrio tra doveri professionali, responsabilità legali e sensibilità umana, a fronte di una popolazione detenuta spesso fragile per condizioni psichiche, fisiche o sociali»; raccontano «di un turnover elevato: molti professionisti scelgono di lavorare in carcere solo temporaneamente nell’attesa di un impiego più stabile, dignitoso e meno usurante. Non è un caso che il medico più anziano in organico lavori in istituto da soli sette anni». In alcuni casi, «le pressioni per ottenere i medicinali degenerano in minacce di atti autolesionistici, contribuendo a creare un clima di tensione continua e difficile gestione». Riguardo alla fornitura di attrezzature sanitarie, «come sedie a rotelle, busti ortopedici o stampelle, il personale segnala una totale assenza di supporto da parte della Asl. Di conseguenza, questi ausili risultano spesso insufficienti all’interno dei reparti, rendendo necessaria una turnazione tra i detenuti per il loro utilizzo». Anche rispetto «alle ipotesi emergenziali le condizioni appaiono inadeguate: i reparti dispongono di un solo defibrillatore e una sola borsa di emergenza. Le celle non sono dotate di campanelli di allarme e il personale sanitario può comunicare solo attraverso un telefono interno che non consente contatti diretti con l’esterno, rallentando l’intervento in caso di urgenza». Quindi «non è raro pensare che ammalarsi in carcere significhi portare addosso una condanna di morte».

Il supporto ai ragazzi di Casal Del Marmo

Infine Pasquale Prencipe e Francesca Stanizzi riferiscono dell’esperienza del nuovo sportello di Antigone all’Istituto penale minorile di Casal del Marmo a Roma, in cui al 30 aprile scorso «erano presenti 57 ragazzi, di cui 5 di 14-15 anni, 32 di 16-17 anni, 16 di 18-20 anni, 4 di 21-24 anni. A maggio 2025 erano presenti 16 funzionari della professionalità pedagogica (educatori). L’associazione FuoriRiga – che si occupa della gestione della biblioteca – «ha avviato un corso di scrittura creativa per le ragazze e, inoltre, ha assegnato due borse di lavoro di 300 ore a due ragazzi. I lavori interni vengono attribuiti ai ragazzi e alle ragazze su turnazione, al fine di consentire a tutti di percepire una piccola somma di denaro». Inoltre è stato creato uno Sportello di informazione legale e di accompagnamento al rilascio gestito da Antigone: «Gli operatori entrano regolarmente in Istituto da novembre 2024, collaborando costantemente con l’area educativa e incontrando i ragazzi ristretti. La volontà di attivare uno sportello di questo tipo ha riscontrato da subito l’entusiasmo tanto della direzione quanto dell’area educativa, che contavano e contano molto sul supporto che Antigone può offrire, ciò soprattutto nella gestione delle problematiche burocratiche che coinvolgono i ragazzi stranieri (tra il 70% e il 75%); tra questi, la maggior parte sono minori stranieri non accompagnati». Lo scorso anno si sono verificati «numerosi atti di protesta da parte dei ragazzi ristretti, spesso nati come manifestazioni del disagio detentivo o di carenze. I ragazzi, ad esempio, sono rimasti senza riscaldamento per buona parte dell’inverno. Stupisce il mancato celere intervento nel ristabilire una condizione adeguata, motivato anche dalla carenza di risorse economiche. Si preferisce, in ogni caso, lasciare i ragazzi a coprirsi con tutto ciò che hanno a disposizione (giacche, giubbotti e persino accappatoi) piuttosto che intervenire per risolvere il problema».

CARCERE, ANTIGONE: SIAMO SENZA RESPIRO

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