SERVIZIO CIVILE. SERVE PIÙ DIALOGO TRA DIPARTIMENTO ED ENTI

Troppo poco tempo per le selezioni, l'ufficio nazionale senza direttore, progetti non chiari. Gli enti chiedono di essere ascoltati

Mancano dieci giorni alla scadenza del Bando di servizio civile universale (SCU), prevista alle 14:00 del prossimo 26 gennaio. Ma proprio i tempi troppo stretti sono stati il problema che hanno rilanciato il dibattito sui nodi irrisolti del Servizio civile.

È successo che la Ministra Dadone sta lasciando sovrapporsi i momenti cruciali di tre anni di servizio civile: il periodo finale dei progetti in corso, le selezioni di quelli finanziati e la progettazione dei prossimi, senza tenere conto della pressione che si scatena sugli enti di accoglienza. La Ministra, come riassume “Vita”, ha ridotto da 90 a 37 i giorni disponibili per la procedura di selezione dei volontari: se i giovani che fanno domanda saranno centomila, come è stato l’anno scorso, non è possibile impostare un lavoro serio.

La consulta e gli enti hanno espresso il loro dissenso, che si somma a quello per altri temi aperti: il fatto che da giugno, quando si è dimessa Titti Postiglione, l’Ufficio nazionale del servizio civile è privo di un direttore; il fatto che la ministra avrebbe l’intenzione di modificare il Dlgs 40/2017 (che istituisce il servizio civile universale) per introdurre l’obbligo della certificazione di competenze; il fatto che sono stati soppressi i Piani annuali per puntare a una programmazione triennale, ma senza indicare il budget a disposizione nei prossimi tre anni; la scelta fatta nella legge di bilancio di  istituire a L’Aquila un Centro nazionale per il servizio civile, di cui non si conoscono obiettivi e programmi (qui “Vita” fa il puto).

Già nell’articolo apparso su “Reti solidali” alla vigilia della Giornata Nazionale “Servizio civile serve un passo avanti” (questo il link), la presidente di CSV Lazio Paola Capoleva dichiarava che è necessario valorizzare maggiormente gli enti che accolgono e formano i giovani. E quando parliamo di Enti non pensiamo alle 500 strutture accreditate, ma alle migliaia di piccole associazioni che vogliono essere protagoniste dell’intero processo, gestionale, selettivo e progettuale.

L’impegno degli enti

Quest’anno ricorrono i 50 anni dalla Legge che ha sbloccato per gli Obiettori la possibilità di compiere la loro scelta, pacifica e solidale, dando loro modo di avviare percorsi solidali in tanti enti e associazioni e trasformando un obbligo in una scelta pacifica e solidale, che ha permesso di consolidare importanti traguardi in migliaia di organizzazioni di volontariato piccole e grandi. In questi 50 anni sono state migliaia le associazioni, gli enti e le istituzioni che hanno saputo accoglierli e trasformare “l’obbligo” in un tempo di incontro, formazione, passaggio di valori e di impegno solidale.

È stato detto più volte che la forza del Servizio civile è proprio nell’incontro intergenerazionale, nel passaggio di valori e consegne che permette e favorisce. Fare largo ai giovani è un compito che la società spesso fallisce, ma che il mondo del Servizio civile, al contrario, si assume pienamente in proprio, grazie all’impegno e all’investimento degli enti e del loro personale, volontario o professionale che sia.

GIOVANI IN SERVIZIO CIVILE
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Come dice la presidente Capoleva, «Gli Enti che in questi anni hanno svolto progetti di servizio civile, con migliaia di giovani, hanno saputo coniugare gli obiettivi specifici al più grande valore della “responsabilità sociale” – valore in cui si rispecchia ogni associazione di volontariato. Quella responsabilità sociale tanto invocata in questo periodo di pandemia e che permette di rendere viva la coesione sociale e il senso di appartenenza ad una comunità. Valori che si declinano successivamente, per tanti giovani che hanno vissuto l’esperienza del servizio civile, in scelte di vita, in impegno civico, in progetti per il futuro, un vero bagaglio di “saperi e di competenze” che servono per ricostruire il Paese.»

Dice la Szymborska, in “La fine e l’inizio”, che dopo una lunga e difficile battaglia ci vuole qualcuno, ignaro delle pene passate, che si stenda beato sul prato a guardare le nuvole. È buono nutrire uno sguardo libero verso il futuro, ma non altrettanto essere ignari dello sforzo compiuto perché quel futuro sia possibile.

Ci preme allora ribadire, che il patto fatto per arrivare ad avere il Servizio civile va difeso in quanto tale, perché il Servizio civile è un istituto che fonda la sua unicità sulla cooperazione interistituzionale tra tre componenti, tutte ugualmente necessarie: Stato, enti e giovani.

Serve dialogo

E vale la pena ricordare che, seppure il Servizio civile promuove le capacità e le compatibilità dei giovani con il mondo del lavoro, è in sé un’esperienza completamente diversa da un tirocinio lavorativo, a partire dalla selezione, che non mira a scegliere chi già sa attuare un compito, ma fa posto ai più motivati, anche se privi di esperienza e permette l’inserimento, capillare, di giovani che a volte cercano proprio un’occasione di ripartenza, con l’aiuto della relazione del gruppo e degli OLP.

È allora necessario ripensare il rapporto Enti-Dipartimento, avendo a cuore l’accoglienza, la valorizzazione, la formazione dei giovani, senza strapazzare e sminuire la dedizione, l’impegno, la cura che il mondo – non pagato, lo ricordiamo – degli enti mette nel promuovere, selezionare, avviarli al servizio.

È compito politico gestire i sistemi, specie un delicato sistema interistituzionale come quello dello SCU. Ma è un compito che non si gestisce con decreti e scadenze affrettate, ma con il dialogo, la considerazione, l’incontro. Con tutti gli elementi del sistema.

 

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