QUANTO CORAGGIO, NELLE SETTE OPERE DI MISERICORDIA
In una collana di libri della Emi una rilettura di un insegnamento della Chiesa tradizionale. Ma non troppo
- Paola Springhetti
- 10-12-2015
- Cultura
«Il salario dei lavoratori che hanno mietuto le vostre terre, e che voi non avete pagato, grida, e le proteste dei mietitori sono giunte alle orecchie del Signore onnipotente», si legge nel Nuovo Testamento (Lettera di Giacomo, 5, 4).
Passaggi come questi danno spessore a quelle indicazioni per una “vita buona” che la tradizione della Chiesa ha condensato in formule brevi e facilmente memorizzabili, ma che racchiudono contenuti articolati.
È il caso delle cosiddette Sette opere di misericordia, che la maggior parte di noi ha seppellito tra i ricordi d’infanzia, quando venivano insegnate al catechismo, e mai più ripescate, anche grazie alla formulazione un po’ antiquata. Ma che oggi vengono riscoperte grazie al Giubileo straordinario della Misericordia.
La casa editrice Emi ha dedicato loro una collana: volumetti agili, ma densi, anche perché scritti da autori noti per l’originalità e a volte il coraggio della loro riflessione. Le opere di misericordia in realtà non sono sette, ma quattordici: sette “materiali” (dar da mangiare agli affamati; dar da bere agli assetati; vestire gli ignudi; alloggiare i pellegrini; visitare gli infermi; visitare i carcerati; seppellire i morti) e sette “spirituali” (consigliare i dubbiosi; insegnare agli ignoranti; ammonire i peccatori; consolare gli afflitti; perdonare le offese; sopportare pazientemente le persone moleste; pregare Dio per i vivi e per i morti). E propongono temi di sconcertante attualità, da “alloggiare i pellegrini” a “sopportare le persone moleste”.
Fra i volumi fino ad ora pubblicati c’è ad esempio “Dar da mangiare. Dar da bere” di Victor Manuel Fernandez, che è uno dei più stretti collaboratori di Papa Francesco e che imposta il suo testo attorno all’idea che la carità è un atto di giustizia e che fondamentale è ridare ai poveri, insieme ai diritti, la dignità.
Già l’apostolo Paolo – che nella prima Lettera ai Corinzi ci fa capire quanto fosse profonda la divisione tra ricchi e poveri nella comunità greca – ha posto il tema del “dar da mangiare” ai poveri come una questione essenziale e qualificante per la prima Chiesa. Ma nel Vangelo di Luca leggiamo che in realtà «non si tratta di dar da mangiare a un povero, ma di considerarlo degno di prender parte a un banchetto» (Lc. 14,12-14).
È così – dando dignità e quindi parola ai poveri – che si ricostruisce una Chiesa dal basso, accogliente, capace di perdonare e di insegnare a perdonare (perché il perdono fa diventare più liberi e felici, sostiene Guy Gilbert in “Perdonare le offese”), impegnata per la giustizia.
E con molte cose da dire, perché «nell’epoca in cui il sapere è a disposizione di tutti, quasi più nessuno “conosce” in verità niente. Insomma: sappiamo molto, ma non conosciamo quasi più nulla»(Armando Matteo, “Insegnare agli ignoranti”).
Collana “Fare Misericordia”
Emi 2015
€ 7,00 – pp. 60 ogni volume
