
SU SESSUALITÀ E AFFETTIVITÀ UN PROCESSO EDUCATIVO A 360 GRADI
L’educazione alla sessualità e all’affettività a scuola non è più rinviabile. Attorno al tema istituzioni, società civile, esperti e Terzo settore in assemblea pubblica organizzata in Senato dal Forum Permanente sulla Sessualità delle persone con disabilità e con disagio mentale. Il sessuologo Fabrizio Quattrini: «Il processo di educazione all’affettività e alla sessualità deve essere considerato un continuum in tutto il ciclo evolutivo»
23 Settembre 2025
5 MINUTI di lettura
ASCOLTA L'ARTICOLO
«Oggi è già tardi», dice la senatrice Alessandra Maiorino all’apertura dell’assemblea pubblica L’educazione affettiva e sessuale nella scuola pubblica: una decisione non più rinviabile che si è svolta presso la Sala degli Atti Parlamentari Biblioteca del Senato della Repubblica “Giovanni Spadolini” organizzata da Forum Permanente sulla Sessualità delle persone con disabilità e con disagio mentale con il supporto di CSV Lazio. «È un incontro tardivo per parlare di sessualità e affettività nelle scuole. C’è un profondo lavoro culturale da fare, nella giungla del web vivono tutti i giorni le nostre figlie e i nostri figli. Io ed altri miei colleghi senatori abbiamo presentato una delle proposte di percorsi di educazione all’affettività e di educazione sessuale nell’ambito del sistema nazionale di istruzione. Il disegno di legge DDL S. 979 è stato messo all’ordine del giorno dei lavori parlamentari: ciò non vuol dire che verrà calendarizzato, lo speriamo».
«Educare alla sessualità non deve far paura, è necessario introdurre terminologie funzionali così da abbattere stereotipi e false credenze». Un intervento completo deve rappresentare uno spazio di azione funzionale alle dinamiche inclusive, così da garantire un processo educativo a 360 gradi», ha spiegato Fabrizio Quattrini, sessuologo, Università degli Studi dell’Aquila. «Il processo di educazione all’affettività e alla sessualità deve essere considerato all’interno di un continuum che vede come attori protagonisti gli individui in tutto il ciclo evolutivo, così da alimentare un’importante collaborazione e integrazione che abbatte false credenze, rompe inutili stereotipi e allontana il tabu della sessualità».

Educare nel “le” scuole
L’educazione alla sessualità «che comprende l’educazione all’affettività, alla razionalità, alla corporeità, alla scoperta di sé dovrebbe essere pianificata all’interno del processo educativo scolastico in ogni ordine e grado istituzionale. Il processo evolutivo delle bambine e dei bambini ha bisogno di un costante sostegno da parte degli adulti di riferimento», ha continuato Quattrini, «così da permettere una migliore consapevolezza e percezione dei cambiamenti e delle dinamiche interne. Imparare a riconoscere le emozioni all’interno di un percorso protetto e funzionale può confermare la regola base del processo relazionale: il rispetto».
In assenza di una chiara regolamentazione in materia di sessualità, «l’educazione rischia di essere direzionata in modo caotico. Sono rinforzati stereotipi e condizionamenti che soffocano le giuste informazioni, rischiando di delegare costantemente a vecchi modelli educativi (pornografia) e alle nuove tendenze informatizzate (social/web). Educare all’affettività e alla sessualità è un processo di/per tutte e tutti e deve seguire una precisa linea informativo/educativa sorretta dagli addetti ai lavori (professionisti della salute sessuale) e non delegata semplicisticamente ai “tanti” cultori del sapere comune», ha proseguito il sessuologo. «Non deve essere costituita una “materia” curriculare denominata “Educazione all’Affettività e alla Sessualità”, ma processi educativi extra curriculari, che comprendono laboratori teorico-pratici e uno sportello di ascolto attivo, che permettono di completare la formazione».
Docenti, scuole, università, associazioni cercano di rispondere a un’emergenza educativa
«Quali emergenze educative stiamo ignorando?», è l’interrogativo posto, all’inizio del suo intervento, da Barbara Centrone, dottoranda in pedagogia, Università Roma Tre. «Il 68,5% dei ragazzi tra 11 e 19 anni ha subito almeno un comportamento aggressivo, diffamatorio o di esclusione (online o offline) nell’ultimo anno. Il 34% dei ragazzi dai 9 ai 13 anni ha subito cyberbullismo almeno una volta, di questi il 7,8% con frequenza mensile (dati Istat). Negli ultimi cinque anni 246mila donne hanno denunciato uno stupro o un tentato stupro, sempre secondo l’Istat. Abilismo e omotransfobia sono tra le principali motivazioni degli atti di bullismo scolastico (Save the Children)». Sono alcuni dei dati presentati da Centrone, che ha continuato sottolineando che «docenti, istituzioni scolastiche e universitarie, associazioni si organizzano autonomamente per rispondere a questa emergenza educativa e sopperendo a una mancanza di responsabilità istituzionale, attraverso corsi universitari, progetti di ricerca, progetti curriculari ed extracurriculari, progetti in collaborazione con associazioni sul territorio, eventi sul territorio».
Progetti a macchia di leopardo. Occorre procedere in maniera costruttiva e funzionale
«Anche la scuola è diventata un luogo patriarcale. I programmi scolastici sono gestiti da una popolazione maschile. L’educazione alla sessualità e all’affettività dovrebbe essere fatta non da insegnanti ma da sessuologi», ha affermato Sophie Volpato, Rete degli studenti medi. Riguardo all’affettività e alla sessualità nelle scuole, «il rischio è che continueremo a sbagliare, a non procedere in maniera costruttiva e funzionale. L’Italia da anni è impegnata in campagne spesso non omogenee di affettività e sessualità, continuano ad esserci progetti ma sono sempre “a macchia di leopardo”», ha detto Virginio Massimo, coordinatore del Forum Permanente sulla Sessualità delle persone con disabilità e con disagio mentale. «Farli così non serve a nulla. Ancora oggi sono pochi i Paesi che hanno istituito una dimensione funzionale sul tema». Nel giugno 2024 l’Ordine degli Psicologi del Lazio ha presentato le principali linee guida per l’educazione all’affettività nelle scuole del Lazio, contenute nel manuale Educazione sessuo-affettiva nelle scuole primarie e secondarie.
Uno strumento di prevenzione, consapevolezza e libertà
Della necessità di «credere nell’educazione alla sessualità e all’affettività come atto politico» ha parlato Rosalba Taddeini, responsabile per Differenza Donna dell’Osservatorio Nazionale sulla Violenza contro le donne con disabilità. «L’educazione al rispetto dei corpi, dei ruoli, delle differenze è il primo passo per cambiare il mondo. La violenza contro le donne e contro le donne con disabilità non sono distinte. L’educazione all’affettività e alla sessualità è uno strumento di prevenzione, consapevolezza e libertà». Gisella Trincas, presidente Unione Nazionale delle Associazioni per la Salute mentale – UNASAM, ha sottolineato come «spesso si pensa che le persone con disabilità dovrebbero essere prive di desideri sessuali. Non è così. Nell’incontro con tante persone che vivono con problemi di salute mentale ne ho conosciute molte che non si riconoscono con i loro corpi. Questo determina delle enormi difficoltà. L’educazione alla sessualità e all’affettività aiuterebbe ogni persona ad assumere consapevolezza del proprio corpo e all’accettazione dell’altro».
Persone con disabilità: una carenza che può avere gravi conseguenze
Il 15% della popolazione mondiale vive qualche forma di disabilità intellettiva, fisico-motoria o sensoriale. «Le persone con disabilità hanno gli stessi bisogni di salute sessuale e riproduttiva delle altre persone ma spesso trovano più ostacoli a raggiungere questo obiettivo. Le persone con disabilità, soprattutto donne, rischiano con più probabilità di essere vittime», ha detto Caterina Bossa, psicoterapeuta, Università di Torino. «Le persone con disabilità sono più esposta a abusi sessuali e violenze emotive, dinamiche di dipendenza, isolamento emotivo, senso di esclusione dal mondo relazionale e sessuale. Ciò può portare a stati depressivi, ansia, ritiro sociale, disagio psichico e, di conseguenza, disagio per le famiglie. Anche a livello economico», ha continuato Bossa, «questo è uno svantaggio perché significa spendere soldi per l’intervento quando si potrebbe prevenire».
