NELLE ZONE DEL TERREMOTO IL VOLONTARIATO PORTA SOPRATTUTTO SPERANZA

C'è ancora bisogno di tante cose, ma soprattutto di ascolto e relazioni. Intervista con Daniele Benini, di Adria Italia

Era intitolato “Dalla paura alla speranza” l’incontro che si è svolto sabato 7 gennaio 2017 a Rieti:  un modo per raccontare le esperienze del volontariato per il terremoto, da quel 24 agosto, in cui e scosse hanno distrutto Amatrice, Accumoli e altri comuni e frazioni.

L’evento è stato organizzato da ADRA Italia con RICH Italia e vi hanno partecipato altre associazioni -tra le quali  “Nel sole la vita”  di Ferrara, che per le persone colpite dal sisma si è spesa tantissimo e ha elogiato il lavoro fatto dal volontariato per il terremoto -, Pro Loco, protezione civile, istituzioni. Abbiamo fatto il punto con Daniele Benini, referente di Adra Italia, agenzia umanitaria che fa riferimento alla Chiesa Avventista di Rieti.

Perché questo evento?
«Avevamo bisogno – dopo tre mesi di attività, relazioni, interventi sul territorio di Amatrice, ma anche Norcia e Cascia – di incontrarci per scambiarci esperienze di servizio, valore di solidarietà, a prescindere dagli interventi, dal loro successo, dai loro limiti».

volontariato per il terremoto
L’aiuto più grande sono le relazioni e l’ascolto

Però un’idea su quali aiuti siano stati più efficaci se la sarà fatta…
«A prescindere alle emergenze, che hanno investito istituzioni pubbliche e che erano loro appannaggio, credo che per quanto riguarda il volontariato per il terremoto gli interventi più efficaci siano stati quelli che, oltre a portare materiali e aiuti concreti, hanno creato prossimità e ascolto. Oltre alle decine interventi che abbiamo fatto in due mesi, posso dire che i nostri operatori, come Sabrina Casciolo, hanno svolto uno specifico lavoro di presenza, hanno dedicato tempo all’ascolto: oltre ai danni, sono emerse situazioni, problemi, criticità anche oltre il terremoto».

Per esempio?
«Situazioni familiari di separazione, problematiche con i figli… Hanno detto ai nostri operatori: anche senza niente da portarci, salite su per stare un momento insieme. È stato un impegno di amicizia, relazione, capacità di empatia. È chiaro che nelle emergenze ci sono priorità che non si possono trascurare, ma spesso non cogliamo tutte le dimensioni della sofferenza. Davanti alla casa crollata ci preoccupiamo di recuperare gli effetti personali, e non vediamo quello che va recuperato dentro la persona. C’è un bisogno che difficilmente riusciremo a coprire:  quello di una presenza umana significativa».

volontariato per il terremoto
Il magazzino di Adra Italia a Rieti

A parte questo, qual è stato l’impegno di Adra Italia?
«La Chiesa Avventista a Rieti ha un luogo di culto, che ha utilizzato per accogliere familiari di persone ricoverate nell’ospedale di Rieti a causa del terremoto e alcune persone la cui casa era inagibile. Per circa un mese  abbiamo avuto una quindicina di persone. Inoltre abbiamo messo a disposizione un magazzino per raccogliere viveri, indumenti e materiale di consumo: dai primi di settembre distribuiamo ciò che serve portandolo nelle zone terremotate. Dopo la scossa del 30 ottobre, anche molte famiglie di Rieti si sono trovate fuori casa, quindi abbiamo accolto quelle che potevamo: abbiamo improvvisato un dormitorio e per un mese distribuito più di di cento pasti al giorno per chi non poteva rientrare in casa».

Quali emergenze restano?
«In questo momento, al di là dell’emergenza freddo, bisogna fare i conti con il fatto che tante persone sono rimaste sul posto: meno della metà degli abitanti, ma pur sempre numeri significativi. Hanno anche bisogni primari: alimenti, vestiti per il freddo eccetera, tanto più che molti negozi e servizi non funzionano. Così continuiamo a portare aiuti e a fare una distribuzione oculata, evitando che qualcuno speculi. I furbi di turno ci sono sempre».

Come fate a individuare chi davvero ha bisogno?
«I contatti che avevamo in zona, giù prima del terremoto, si sono rivelati relazioni importanti e utili per fare avere al boscaiolo la motosega o  gli attrezzi da lavoro, alla famiglia la lavatrice… Senza mai sbandierare la nostra disponibilità, ma individuando di volta in volta piccoli aiuti concreti, ma significativi per quella persona, per quel nucleo familiare».

Quindi raccogliete ancora vestiti e beni di prima necessità?
«Continuiamo a ricevere vestiti e materiale nuovo o in ottimo stato, quindi lavato,  ovviamente invernale».

volontariato per il terremoto
Dopo la scossa del 30 ottobre a Rieti è stato aperto anche il servizio mensa

È davvero tornata la speranza?
«Già la prossimità che si è vista dimostra che c’è tanta voglia di superare questo momento e che la speranza è il carburante che dà slancio a tutto.

Il volontariato per il terremoto è riuscito a fare rete?
«A Rieti, già da alcuni anni noi lavoriamo con la Casa del Volontariato. In questa situazione ha funzionato come centro della rete: riceveva telefonate di offerta materiali e li smistava incrociandoli con le richieste delle associazioni».

In effetti ai Centri di Servizio per il Volontariato sono arrivate tantissime offerte di aiuto, di singole persone, gruppi, enti di ogni tipo, dall’Italia e anche dall’estero. Per rendere più fluido lo scambio è stato creato un apposito gruppo su Whatsapp, grazie al quale le associazioni potevano incrociare richieste di aiuto – spesso molto specifiche: dove si trova un paio di scarpe numero 46? – e disponibilità dei donatori o dei magazzini di raccolta.

Di tutto questo c’è ancora bisogno, perché molta gente soffre il freddo, non ha servizi igienici e a causa della neve caduta in questi ultimi giorni e, come già accennato, necessita anche di generi di prima necessità, dai viveri all’igiene personale…

Insomma il volontariato per il terremoto ha ancora molto da fare, per le comunità e le persone che non si scrolleranno mai di dosso l’esperienza vissuta, come dimostra la testimonianza di Dario Veranda, che nel terremoto ha perso tutto, soprattutto gli affetti.

20 secondi… 40 secondi… 80 secondi… e tuo marito, tua moglie, i tuoi figli, tuo padre, tua madre non vivono più. Perdi tutto. Perdi ogni riferimento.
Cosa faccio? Dove sono? Dov’é la mia casa? Non la riconosco piú. Il mio lavoro. Il sorriso dei miei figli…. E ripensi a quante inutili liti, a quante volte del tuo parere, della tua opinione ne hai fatto una questione di vita o di morte.
Quante volte, di sciocchezze, di stupidaggini ne hai fatto una questione di principio?
Poi quando le uniche cose che contano nella tua vita non ci sono piú, quando non hai piú né risorse né speranze né braccia che ti stringono né baci che ti consolano, quanto ti guardi attorno sperduto tra sassi, polvere e mattoni e giocattoli, allora capisci che non si gioca piú, che non c’é piú tempo per riparare a quella frase sparata come un proiettile in faccia al prossimo, a quel giudizio gratuito, a quelle “questioni di principio”, a quell’abbraccio negato.
E quando ti accorgi che a te, per qualche oscuro motivo è stato concesso un po’ piú di tempo per capire cosa veramente conta nella tua vita, dove è il vero tesoro dove riporre il tuo cuore, devi fare in fretta e approfittarne.
Per chiedere scusa, per far pace, per implorare il Signore di riparare le uniche vere macerie della tua vita.
Finché c’è tempo, impara a modificare i tuoi: “non posso” in: “POSSO”!
Getta la cattiveria, l’arroganza e l’invidia… Impara a gioire delle cose semplici e dei successi del tuo prossimo: familiare, amico o sconosciuto senza voler sempre il riflettore puntato sul tuo egoismo…
Prima che scocchino per ognuno di noi, quei 20 secondi… 40 secondi… 80 secondi. Gli ultimi.
Perdonatemi. Se volete. Se potete.

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Il saluto di Paola Mastrangelo di Spes all’evento “Dalla Natura alla speranza”:

 

 

 

NELLE ZONE DEL TERREMOTO IL VOLONTARIATO PORTA SOPRATTUTTO SPERANZA

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