GRETA THUNBERG: PERCHÉ FUNZIONA E PERCHÉ LA ODIANO

Greta e il movimento Fridays For Future stanno arrivando dove anni di lotte ambientaliste non sono arrivate. Perché? e perché dà fastidio?

«C’è un complotto per salvare il pianeta». È una delle frasi che ci piace di più, quando parliamo di Greta Thunberg e del movimento Fridays For Future, che unisce ragazzi giovanissimi di tutto il mondo e che, finalmente, sta attirando l’attenzione sui problemi del nostro pianeta, in modo molto più efficace di quanto abbiano mai fatto le generazioni precedenti. È una frase che sintetizza bene due aspetti: Greta, e tutti questi ragazzi, stanno centrando il loro obiettivo. E stanno dando fastidio a molta gente, che trova gli appigli più vari per attaccare Greta e chi manifesta con lei. Reti Solidali ha seguito molto attentamente questo movimento. Francesca Amadori ci ha raccontato una delle manifestazioni del venerdì a Roma, scendendo in piazza e parlando con i ragazzi (“Non chiamateli Gretini”). E Claudio Tosi ha analizzato il nuovo linguaggio politico di questi giovani.

Abbiamo deciso di parlare con degli esperti per capire cosa ci sia di nuovo nel modo di comunicare di Greta Thunberg, e perché ci sia tutto questo odio nei suoi confronti. Ne discutiamo qui con Marco Gisotti, direttore scientifico presso Green Factor srl, autore e voce presso Wikiradio – Radio3 e Autore presso Rai Storia, e Gaia Peruzzi, professore in Sociologia dei processi culturali e della comunicazione all’Università La Sapienza di Roma.

 

nuovo linguaggio politicoIL FATTORE INTERNET. Siamo tutti d’accordo sul fatto che il modo di comunicare di Greta Thunberg sia qualcosa di rivoluzionario, e che la sua generazione stia riuscendo dove le precedenti avevano fallito. Ma cosa c’è di nuovo nella loro comunicazione? «C’è una cosa che si chiama internet, che vent’anni fa Severn Suzuki, quando intervenne alle Nazioni Unite, all’età di Greta, non aveva modo di usare per parlare agli altri ragazzi» riflette Marco Gisotti. «Oggi i ragazzi hanno strumenti, a costo zero, che mai hanno avuto per la loro comunicazione. E allora ti spieghi perché i Fridays For Future in Italia hanno fatto scendere in piazza un milione di ragazzi in una giornata. Manifestazioni di un milione di persone in Italia non ce ne sono state, e quelle che ci sono state sono state organizzate da partiti o sindacati».

«La forza dei giovani – Greta li rappresenta, ma è una forza che vive a prescindere da lei – nasce da un tema così grande, da un bisogno che i ragazzi oggi riescono a intercettare meglio degli adulti, cresciuti in un mondo in cui non era così presente», continua Gisotti. «Loro crescono in un mondo in cui il cambiamento climatico lo avverti ogni giorno, l’inquinamento nelle città lo vedi». Ma perché questo movimento ha fatto centro mentre anni di comunicazione delle associazioni ambientaliste non riuscivano a fare breccia? «È un movimento di ragazzi che parla ai ragazzi e si sviluppa in maniera automatica», risponde Gisotti. «Oggi ci sono dei meccanismi di socialità che una persona sopra i 30 anni ha difficoltà a interpretare. Pensiamo al fatto di giocare con le consolle tra amici, che non si sono mai incontrati e che abitano a centinaia di chilometri di distanza. Se questa cosa si è sviluppata nei meccanismi del gioco, perché non può essersi sviluppata in altri meccanismi più etici, formativi, sociali?»

 

IL TERRENO E IL PERSONAGGIO. Ma i fattori che hanno contribuito al successo di Greta e del movimento sono più complessi. «Secondo me ci sono tre elementi da prendere inconsiderazione», ragiona Gaia Peruzzi. «Il primo è l’equilibrio: è vero che il movimento è esploso con lei e con i giovani che l’hanno seguita, ma è vero che è più facile che una questione esploda quando il terreno è maturo: erano anni che se ne parlava, a un certo punto un corto circuito comunicativo favorevole ha trovato terreno più fertile che in passato».

«Poi c’è lei», continua Gaia Peruzzi. «C’è il personaggio: uno degli elementi che la rende così complessa, forte, pungente è che è anomala rispetto ai soggetti che hanno parlato di questa categoria. È giovane, e donna, e ha una sindrome di Asperger che, anche se non è una disabilità, a livello comune viene considerata così. È un fenomeno che in sociologia si chiama intersezionalità, sono delle categorie di vulnerabilità diverse, che si sommano nel rendere più fragile e più attaccabile il soggetto. Lei ha tutti questi elementi, e questo la rende imprevedibile: le manifestazioni delle Ong e delle associazioni rientravano in una categoria di fare politica che le rendevano qualcosa di conosciuto. Lei ha fatto una rivoluzione. È come il Sessantotto: è una che dice l’ordine va scardinato». E poi c’è il terzo aspetto, che è il messaggio. «Se leggi i suoi testi sono basici, elementari», commenta Gaia Peruzzi. «Il fatto è che sono dirompenti: non è il linguaggio della politica. Quando si dice che Salvini parla alla pancia, fa la stessa cosa. Lei lo fa più correttamente, certo. Chi, fino a qualche tempo fa, sarebbe andato all’Onu e avrebbe detto: ci state uccidendo? Greta utilizza un linguaggio elementare, basico, che è inappropriato nelle sedi istituzionali. Lei lo può fare perché è una ragazzina. Ma dice le cose come stanno».

 

greta thunberg climaASCOLTATE NON ME, MA GLI SCIENZIATI. Un successo simile è positivo per il movimento ambientalista, che oggi sta vivendo una nuova era. Ma come stanno vivendo l’avvento di Greta le grandi associazioni ambientaliste storiche? «Lavorando spesso con loro, avendoci a che fare, posso assicurare che le grandi associazioni ambientaliste vedono con grande favore Greta», risponde Marco Gisotti. E vedono con favore una cosa straordinaria: Greta dice: non ascoltate me, ma ascoltate gli scienziati. È un movimento illuministico, che dice: la scienza ci dice delle cose, e le dice con i fatti comprovati. Non è più un’opinione, non è più siamo di qua o siamo di là. Ma siamo su questa Terra perché abbiamo la prova sperimentale. È il primo movimento galileiano della storia».

 

L’ACCUSA: È MANIPOLATA. Tra le accuse, che si fanno per sminuire Greta Thunberg, c’è quella che sia manipolata, eterodiretta, da startup o lobby. «A mE piace la battuta: c’è un complotto per salvare il pianeta», ironizza Gisotti. «Anche se ci fosse, ben venga: è un complotto contro la stessa ipotesi di un complotto! Chi dice queste cose lo fa o per difesa del proprio orto culturale o perché non sopporta che una ragazzina possa dire una cosa saggia delle cose che fai nella tua vita, o perché ci sono interessi contrastanti. È chiaro che, se produco petrolio e tu dici “ascolta gli scienziati”, io cerco di fomentare l’odio contro questa ragazza. E poi c’è il fatto che richiama una realtà che non voglio sapere. Queste sono cose indagate e studiate: uno dei meccanismi per cui il negazionismo ha successo è che si basa sulla forza di rimozione: non voglio che tu mi presenti un problema. Philip K Dick diceva, che la realtà è quella cosa che anche quando smetti di crederci continua ad esistere».

Quanto al fatto che Greta Thunberg sia un personaggio costruito, «tutta la comunicazione politica è costruita», fa notare Gaia Peruzzi. «Obama, Renzi, Salvini non sono costruiti? chi studia comunicazione sa che è sempre costruita, a certi livelli. Che poi lei l’abbia resa efficace perché l’ha resa basica è un altro discorso. Salvini che usa il crocefisso non è costruito? La comunicazione politica è costruita, artificiale. Lei sorprende perché si presenta totalmente naturale nelle intenzioni. Se poi c’è un apparato a quei livelli va bene. Ma probabilmente nello stile comunicativo c’è qualcosa di originale suo».

 

climaPERCHÉ L’ODIO CONTRO GRETA? Tutto questo sta portando a una serie di campagne denigratorie verso Greta Thunberg. Quelli che la attaccano spesso sono anziani e conservatori. Ma perché tanto odio? Perché va contro quella politica legata all’industria perché porrebbe un freno alla produzione? O c’è un atteggiamento di sufficienza verso i giovani e le donne? «Credo che sia un mix di tutte queste cose», risponde Marco Gisotti. Ognuno odia Greta a modo suo, e chi la ama, la ama per la stessa ragione. Chi la odia la odia per ignoranza, per paura, per interesse. L’odio è sempre un sentimento che ha una motivazione. Se amiamo una persona è perché ci piace tutto di lei, se odiamo lo facciamo per una ragione sola. Ma qui parliamo di chi ama la terra e chi odia la terra. Mi spiace per quelli che la odiano, per loro non ho risentimento, esprimo quasi solidarietà, mi dispiace – per quelli che non lo fanno per interesse – che non si rendano conto dell’utilità per tutti noi di questo movimento».

«Sono tutte e tre le cose insieme» risponde Gaia Peruzzi. «È una minaccia, un soggetto che ha destabilizzato il discorso ambientale, che prima seguiva i discorsi delle minoranze di pensiero secondo le logiche della politica classica. C’è stato un corto circuito fortunato, che l’ha resa protagonista. Lei fa paura, minaccia il cambiamento di un ordine. Ha dietro una quota di persone enorme, giovani che non si inquadrano negli schemi classici dell’arena politica. Fa paura. Aggiungi che è donna, considerata disabile, giovane: è imprevedibile e ingestibile».

 

UN FUTURO SORPRENDENTE. Ma le cose stanno veramente cambiando, questo movimento riuscirà a ribaltare il destino del nostro pianeta? «Qualcosa sta cambiando, perché cambia dal basso», riflette Peruzzi. «Il cambiamento ha intaccato la vena dei consumi, pensiamo al bio, all’alimentazione sana, al movimento vegano. Ha intaccato con delle pratiche dal basso, il problema è che per ora sono solo pratiche dal basso. Ma l’attenzione è scoppiata». Quello che sta succedendo si nota anche da piccole cose. «La settimana scorsa ero in Francia per una lezione e ho visto che, prima dell’inizio, i ragazzi discutevano. Una di loro aveva portato l’acqua con la bottiglia di plastica. È una cosa che non si fa più: da qualche tempo ai convegni danno le borracce per l’acqua, per non usare la plastica. Ma non avevo mai visto discutere, perché una persona portava la bottiglia di plastica. In Francia, a Lione, un piccolo supermercato su due è bio. Nell’ultimo dove sono andata non avevano più l’acqua in bottiglia».

«Arthur C. Clarke diceva: per quanto possiamo immaginare il futuro, questo sarà sempre più sorprendente di tutto quello che possiamo ipotizzare», conclude Gisotti. «Io sono ottimista: abbiamo la tecnologia, abbiamo la saggezza. Se non ce l’abbiamo noi, ce l’avrà questa generazione».

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