IMMIGRATI VOLONTARI: UNA RISORSA PER LE NOSTRE COMUNITÀ

Sono tanti, giovani, istruiti e integrati e possono portare alle associazioni energie e innovazione. I dati e le storie nella ricerca di CSVnet

«Se una persona vive, mangia e dorme in casa tua, dopo tre giorni puzza. Ma se si offre di lavare i piatti e aiuta a mettere a posto, dopo un po’ diventa uno di casa. L’integrazione passa attraverso la partecipazione». Parole di Fabian Nji Lang, fondatore dell’associazione Universo di Bologna, laureato in Scienze Politiche, in Italia dal ’94, che racconta: «Attraverso il volontariato ho imparato a conoscere questa società e ad amarla».

Fabian Nji Lang è intervenuto durante la presentazione dell’indagine  “Volontari inattesi”, L’impegno sociale delle persone di origine immigrata” (Edizioni Erickson, 2020, pp. 352), promossa da CSVnet (ha collaborato anche CSV Lazio) e condotta dal Centro studi Medì di Genova (sul sito di CSVnet si possono trovare numerosi materiali e storie che fanno parte di questo lavoro).

Uno sguardo nuovo

La consistente realtà di immigrati volontari, che la ricerca ha fatto emergere, rappresenta una sfida per il volontariato: la loro presenza è rilevante non solo dal punto di vista quantitativo, ma anche da quello qualitativo, perché può portare energie nuove e innovazione nelle associazioni e perché «una visione multiculturale può generare coesione sociale», come ha detto Pier Luigi Stefani, consigliere delegato di CSVnet. E il processo che vede gli immigrati passare da categoria assistita a cittadini attivi, non solo non si può più ignorare, ma va accompagnato e sostenuto. È un processo, tra l’altro, che costringe ad una narrazione nuova non solo sull’immigrazione, ma anche sul volontariato: come ha notato Maurizio Ambrosini,  le foto dei volontari ritraggono sempre italiani, fatichiamo a renderci conto che ormai il mondo del volontariato è a colori…

 

volontari inattesiQualche dato

L’indagine ha coinvolto 163 città e ha restituito un quadro che vede come immigrati volontari uomini e donne (in leggera maggioranza: 52%), presenti in Italia da molti anni (in media 15, con un 4% di nati nel nostro Paese), un’età media di 37 anni e titoli di studio medio-alti (8 su 10). Il 42% ha cittadinanza italiana. Tutto questo non esclude che ci siano anche immigrati arrivati da poco:  persone che hanno beneficiato del volontariato e sono passate da utenti a impegnati.

La ricerca non offre un dato quantitativo complessivo, ma ci fa scoprire, ad esempio, che hanno origine migrante il 6% dei soccorritori delle Misericordie,  il 5% dei donatori dell’Avis, il 3% dei soci dei soci dell’Aido. La loro presenza cresce anche nell’ambito artistico e culturale: il Fai ha un centinaio di volontari immigrati, il Touring Club una cinquantina.

Gli immigrati volontari, dunque, non si trovano solo nelle associazioni etniche, ma anche in realtà impegnate in contesti assai diversi: percentualmente, al primo posto ci sono le attività di assistenza sociale, seguite da quelle culturali (incontro tra culture diverse, promozione culture di origine, iniziative come mostre, film eccetera), seguono quelle educative (supporto scolastico, insegnamento della lingua) e infine quelle ricreative.

Le motivazioni e i profili

Ma perché gli immigrati fanno volontariato? la ricerca evidenzia cinque motivi, che spesso non sono molto diversi da quelli che muovono i volontari di origine italiana:

    • Seguire la propria indole: i valori e la personalità spingono a donare e a impegnarsi per una società migliore, così come spinge in questa direzione il desiderio di restituire quello che si è ricevuto.
    • Crescere e imparare: il desiderio di mettere a frutto competenze e capacità, per crescere anche personalmente.
    • Superare lo stigma: il desiderio di contribuire a cambiare la percezione degli stranieri.
    • Farsi nuovi amici: nelle associazioni si costruiscono reti di relazioni, e anche questo aiuta ad uscire dalla marginalità.
    • Resilienza: attraverso il volontariato si cerca l’integrazione e, perché no, la possibilità di acquisire competenze da spendere anche sul mercato del lavoro.

 

La ricerca evidenzia anche cinque diversi profili degli immigrati volontari.

  • Il volontario marginale, che cerca soprattutto un modo per superare l’isolamento.
  • I promotori della propria crescita, che sono persone ben radicate e vedono nel volontariato un modo per sviluppare abilità e conoscenze. Sono soprattutto giovani.
  • Gli altruisti, dotati da una forte indole pro-sociale e spinti dal desiderio di migliorare il mondo circostante.
  • Gli intermediari, in genere focalizzati sull’aiuto di altri immigrati, si pongono come “ponte” tra italiani e stranieri, aiutandoli tra l’altro a districarsi con la burocrazia e le sue procedure.
  • I leader hanno posizioni di responsabilità e guida all’interno delle associazioni, che spesso hanno fondato. Spesso sono impegnati anche a livello politico, e si attivano nelle mobilitazioni contro il razzismo o le discriminazioni.

Il messaggio che questa indagine, e il libro che la contiene, ci lascia, è che investire sull’impegno civico dei migranti può portare buoni frutti a tutti: alle associazioni, alla comunità ai migranti stessi.

Se avete correzioni o suggerimenti da proporci, scrivete a comunicazionecsv@csvlazio.org

 

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