MITIGARE IL RISCHIO SI PUÒ. SE SIAMO COMUNITÀ

Ci viene chiesto un maggiore impegno civile per la mitigazione del rischio dal Coronavirus. Ma è efficace se sta dentro l'impegno di tutti

di Ksenija Fonovic

Ubbidienza civile è il termine coniato da Maurizio Vannini e Claudio Tosi del CSV Lazio per denotare il cambio di paradigma al quale siamo chiamati, come cittadini responsabili, per la mitigazione del rischio in questa situazione di emergenza epidemica, che mette a dura prova non solo la nostra vocazione alla socialità, ma anche la nostra ben temprata attitudine all’esercizio dello spirito critico. Questo perché l’esercizio dell’“insieme per il bene comune” in questo periodo è necessario declinarlo così – riducendo la mobilità all’essenziale, rimanendo lontani dai genitori e dagli amici, eliminando dal nostro linguaggio quotidiano bacetti e pacche sulle spalle. Ma questo già lo sappiamo, il come è giusto comportarci, e già lo facciamo.

Nell‘Agenda 2030

Al contempo, è importante contestualizzarlo. Perché, come la diffusione del virus che non ha confini, non ha confini la nostra ubbidienza civile. Attuando i corretti comportamenti per il contenimento della diffusione del contagio, contribuiamo agli Obiettivi di sviluppo sostenibile dellAgenda 2030. In particolare, è facile dire in questo caso di salute pubblica, l’Obiettivo 3: “Garantire una vita sana e promuovere il benessere di tutti a tutte le et”.. Sotto questo fondamentale obiettivo, come ultimo nella lista dei target – poiché i rischi, per fortuna, più sono alti e meno spesso si avverano – troviamo il sotto-obiettivo 3.d: “Rafforzare la capacità di tutti i Paesi, soprattutto dei Paesi in via di sviluppo, di segnalare in anticipo, ridurre e gestire i rischi legati alla salute, sia a livello nazionale che globale”.

Non contribuiamo solo all’obiettivo della salute per tutti, però. La nostra ubbidienza civile è anche un esercizio e un contributo all’Obiettivo 17: “Rafforzare le modalità di attuazione e rilanciare il partenariato globale per lo sviluppo sostenibile”. La nostra ubbidienza civile è un notevole esempio di come l’esercizio della cittadinanza responsabile contribuisca ai più alti obiettivi politici.

mitigazione del rischio

 

La mitigazione del rischio e la comunità

E questo per mezzo di una categoria specifica di azione, che la scienza dell’epidemiologia, della salute pubblica e della demografia definisce “community mitigation” – mitigazione del rischio epidemiologico a cura della comunità. Ne spiega il meccanismo e gli effetti in un breve e chiaro articolo di Neodemos  (“Covid-19: Gravissimo, ma non è l’Angelo Sterminatore” il demografo Massimo Livi Bacci. La mitigazione a cura della comunità, nel caso del Covid-19, ha un potenziale impatto positivo tanto più alto per l’Italia, che è uno dei Paesi più “vecchi” del mondo.

Mentre il grafico ci presenta il punto di visto epidemiologico – gli obiettivi della mitigazione a cura della comunità – noi, in questa sede, ai fini dell’avvio di una riflessione dei contributi dell’ubbidienza civile agli obiettivi dello sviluppo sostenibile, prendiamo l’approccio della valutazione degli impatti sociali. Nello specifico, ipotizziamo che un periodo di isolamento sociale, quindi di ridotta mobilità e limitata socializzazione – che in sostanza significa “meno occasioni di contatto fisico” (output/risultato) – si traduca in “più basso fattore di aumento giornaliero dei contagi” e quindi in “meno drammatica pressione sull’infrastruttura” (outcome/effetti), che ingenera una “Riduzione dei casi” (impatto) e di conseguenza, in una prospettiva temporale molto più lunga, effetti sulla condizione della salute degli individui (impatto a lungo termine).

Gli impatti sociali

Fin qua potrebbe sembrare un’equazione facile: noi si esercita la nostra ubbidienza civile standocene a casa e contribuiamo all’Agenda 2030. Ma quanto siamo importanti! Un po’ sì, ma… Questa è una versione molto semplificata della catena dei valori messi in moto. Non è (ancora) una proposta scientifica – serve a noi per darci delle infrastrutture concettuali, per irrobustire le nostre capacità di agire da protagonisti della riflessione attorno ai temi della valutazione degli impatti.

La linearità qui presentata potrebbe essere facilmente arricchita. Un aspetto emerge in maniera evidente: tutti ci stiamo ponendo il problema degli impatti economici di questa emergenza sanitaria. Questo ci fa capire perché è importante adottare l’approccio del ragionare sempre in termini di impatti sociali. Impatti, valori sempre declinati in plurale, non meramente impatto, nella logica semplificata per cui da un’azione deriva un risultato.

Questa visione plurale del nostro agire è uno degli aspetti dell’approccio critico dal quale siamo partiti. L’altro aspetto è la consapevolezza che gli impatti, specialmente quelli a lungo termine, possono essere sia positivi, che negativi. Pensiamo all’input che questa emergenza sta dando al lavoro a distanza e al ricorso alla tecnologia come veicolo principale dei rapporti sociali. Si spalanca in questo una finestra – che può far entrare una grande ventata di aria nuova e, al contempo, nuovi rischi.

Il singolo e l’insieme

In ultimo, nel nostro quadro concettuale, quando riflettiamo sugli impatti che produciamo è di fondamentale importanza non prendersi troppo sul serio, non darci troppa importanza. Nella valutazione, il termine tecnico per la virtù dell’umiltà è “deadweight”, peso morto. Vale a dire che il nostro è uno dei molteplici contenuti che concorrono a comporre il medesimo impatto. Nel nostro caso – della riflessione sugli impatti dell’ubbidienza civile, tradotta in contenimento dei rapporti sociali ai fini di contenere la diffusione del virus, che così contribuisce a salvaguardare la salute e il benessere di tutti – senza il lavoro del sistema sanitario e senza il sistema delle regole imposte, il nostro contributo sarebbe minimo, forse anche nullo. Questo ci porta a concludere che il contributo dei singoli è fondamentale, ma solo in quanto parte di un insieme.
Voi, che ne pensate?

Se avete correzioni o suggerimenti da proporci, scrivete a comunicazionecsv@csvlazio.org

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