LATINA. IL CAPORALATO E I PICCOLI SCHIAVI INVISIBILI

Latina è tra le aree a maggior rischio di sfruttamento e caporalato. Ma qual è l'impatto sui minori dei ricatti subiti dai genitori? La fotografia del 13mo Rapporto Piccoli schiavi invisibili di Save the children

Tra le aree italiane a maggior rischio di sfruttamento lavorativo agricolo e caporalato, con notevoli conseguenze sui figli di braccianti, figura la provincia di Latina: lo racconta la 13ma edizione del Rapporto Piccoli schiavi invisibili, curata da Save the children. Vittime o a rischio di tratta e sfruttamento nel nostro Paese, i minori e le loro famiglie si trovano a vivere in «un sistema che di fatto viola il diritto alla salute e all’educazione di bambine, bambini e adolescenti figli di braccianti». Infatti «se i genitori subiscono ricatti per ottenere residenza, codice fiscale, assegnazione medico di base e pediatra, iscrizione scolastica, che impatto può avere tutto questo sui minori?», denuncia la giornalista Valentina Petrini, co-curatrice di Piccoli schiavi invisibili.

A Sabaudia, ad esempio, i bambini «perdono l’assistenza pediatrica perché scade il permesso di soggiorno dei genitori, o perché i genitori non hanno le informazioni necessarie per richiederlo, nonostante le disposizioni di legge prevedano la continuità dell’assistenza sanitaria anche in questi casi. Gli stessi medici e infermieri devono anche far fronte in autonomia alle difficoltà linguistiche nell’interazione con i genitori e si ritrovano spesso costretti ad affidarsi ai piccoli stessi per le indicazioni sulle cure da seguire, oppure a fratelli e sorelle, quando ci sono». Non solo: «Anche la frequenza a scuola è costantemente minacciata dagli effetti indiretti o diretti dello sfruttamento lavorativo: per la scuola, i pulmini ci sono e le fermate sono abbastanza vicine anche alle serre ma solo per elementari e medie. Questo porta a casi di abbandono scolastico ancor prima del termine dell’obbligo scolastico».

Maestra, papà è morto di lavoro

Piccoli schiavi invisibili
Secondo una stima del 2021, gli occupati irregolari nel settore dell’agricoltura in Italia erano circa 230 mila, con una massiccia presenza di stranieri non residenti e un numero consistente di donne (55 mila). Credit Francesca Sapio

Secondo una stima del 2021, gli occupati irregolari nel settore dell’agricoltura in Italia erano circa 230 mila, con una massiccia presenza di stranieri non residenti e un numero consistente di donne (55 mila). «Il fenomeno si concentra dove c’è più lavoro, come nel caso di alcuni distretti strategici per l’agroalimentare italiano, proprio come le province di Latina e Ragusa, dove ci sono terreni che consentono la coltivazione intensiva e che richiedono una forte presenza di manodopera anche per la raccolta e l’imballaggio dei prodotti agricoli, dove sono nati due dei mercati ortofrutticoli più importanti del Paese, il Mof – Centro Agroalimentare all’Ingrosso di Fondi (Latina) e l’Ortomercato di Vittoria. La dimensione dello sfruttamento lavorativo in questi territori riguarda un numero significativo di nuclei familiari, anche mono-genitoriali e spesso di origine straniera, con più figli. Come il Rapporto Piccoli schiavi invisibili sottolinea, le difficoltà economiche e il ricatto dello sfruttamento che schiacciano molte di queste famiglie, sono parte integrante della vita di bambine e bambini, che vivono completamente isolati dai contesti urbani e gli uni dagli altri, senza piazze o spazi comuni in cui giocare, centri sportivi o aggregativi, in condizioni abitative spesso malsane o al limite, degradate e affollate, con 2 o 3 famiglie a dividersi 55 metri quadrati». Questi minori toccano «con mano, precocemente, anche le più drammatiche conseguenze del lavoro sfruttato dei loro genitori, come nel caso di G., che ha 9 anni, e a scuola con grande lucidità ha detto “Maestra, papà è morto di lavoro!”, dopo aver perso il padre stroncato a 40 anni da un infarto mentre lavorava nei campi. O come nel caso di K., primo di 4 figli che oggi ha 11 anni, e quando ne aveva 9, una sera, si è dovuto prendere cura della mamma chiamando d’urgenza un’ambulanza. Quel giorno era caduta dall’alto di un’impalcatura per la raccolta in una fungaia tra Sabaudia e Pontinia, ferendosi gravemente, e aveva abbandonato frettolosamente l’ospedale senza denunciare l’accaduto per paura di perdere il posto».

La scuola, presidio contro l’isolamento

Piccoli schiavi invisibili
La dimensione dello sfruttamento lavorativo nelle province di Latina e Ragusa riguarda un numero significativo di nuclei familiari. Le difficoltà economiche e il ricatto dello sfruttamento sono parte integrante della vita di bambini che vivono  isolati dai contesti urbani. Credit Francesca Sapio

L’assenza quasi completa di ogni dimensione sociale organizzata e condivisa per i minori, fa della scuola l’unico presidio attivo per il contrasto all’isolamento dei bambini, come spiega con passione N., di 10 anni, che vive nella provincia di Latina “Quando ho fame mi cucino da solo, non c’è nessun altro che può farlo per me. Mamma e papà si alzano alle 4 del mattino per andare a lavorare in una fabbrica fuori Pontinia. Tornano per pranzo (a volte), io sono a scuola, non ci vediamo. Loro poi escono per tornare al lavoro, io torno, mangio, lavo i piatti, faccio i compiti. La sera rientrano non prima di mezzanotte. Io sto già dormendo. Mi piace studiare, vuoi vedere i miei quaderni? Io studio sempre”». Nella provincia di Latina «più della metà degli operai agricoli censiti/regolari (13mila su un totale di 20mila), sono di origine straniera, in prevalenza indiana. Nello scorso anno scolastico, nell’area di Bella Farnia, ad esempio, la mediazione culturale in affiancamento ai docenti era un servizio comunale, ma si limitava a 8 ore al mese, troppo poco per bambine e bambini che non hanno né tempo pieno né doposcuola gratuito, e non possono essere accompagnati nello studio dai genitori, ostaggio del lavoro dall’alba a notte fonda per poter sopravvivere». In alcuni casi il percorso scolastico «si sfilaccia o si spezza a causa di un coinvolgimento diretto dei minori nello sfruttamento lavorativo, già a partire dai 12-13 anni, con paghe che si aggirano intorno ai 20-30 euro al giorno. Si può trattare di un lavoro a tempo pieno o, più spesso, limitato al tempo extra-scolastico quotidiano o estivo, o di un impegno che può iniziare già a 10 anni per “dare una mano” nel periodo di raccolta. Per molti studenti, nel periodo del Covid, la scuola è stata completamente sostituita dal lavoro, poi si è tornati tra i banchi ma il pomeriggio si continua ad aiutare nelle serre, con una grossa difficoltà nel fare i compiti e il conseguente deficit nel rendimento scolastico che porta a bocciature nelle scuole medie, e a un ingresso ritardato alle superiori (16 o 17 anni), come confermano alcune delle testimonianze raccolte dal rapporto: “Ho 17 anni, sono stata bocciata due volte alle medie. Non conoscevo la lingua, non riuscivo a studiare. Piano piano ho imparato e ora sto recuperando. Frequento il primo anno di ragioneria”».

A questo link è possibile scaricare il Rapporto Piccoli schiavi invisibili.

LATINA. IL CAPORALATO E I PICCOLI SCHIAVI INVISIBILI

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