DANIELA. IL MIO MOTTO È: QUI E ORA, NON ESISTE DOMANI

40 anni, dal 2013 Daniela fa i conti con la sclerosi multipla. Che non la ferma: «Nonostante la malattia, giro il mondo per lavoro e sono volontaria Aism»

«Il primo motivo che mi ha spinto ad andare nella sezione di Roma di AISM – Associazione Italiana Sclerosi Multipla è stato quello di conoscere la malattia da un punto di vista medico-scientifico e non l’ho più abbandonata», racconta Daniela Bonanni, 40 anni, accompagnatrice turistica.

 

aism«Quando mi hanno dato la diagnosi, nel 2013, stavo lavorando; mentre accompagnavo 35 persone di Milano alla scoperta dell’Andalusia, a Siviglia mi sono svegliata in albergo con tutti i sintomi immaginabili: incapacità di guardare in alto, problemi di equilibrio, vomito, vertigini, non tolleranza della luce del sole. Nel mio gruppo, un’infermiera ha capito che avevo un problema neurologico, mi ha portato al pronto soccorso e ho ricevuto la diagnosi dopo un paio d’ore. Dopo 15 giorni di cure con il cortisone, sono tornata in Italia con il medico dell’assicurazione e la mia preoccupazione era come poter aggirare il problema. Avevo l’urgenza di avere un farmaco per poter andare avanti nel mio lavoro e nella mia vita: sono una persona molto pratica, non mi interessava capire le cause della malattia o altro. Passato lo spauracchio iniziale, dopo tre mesi dall’inizio della cura con le iniezioni di interferone ho raggiunto il mio primo obiettivo: giocare a tennis per 12 minuti, sport per me fondamentale. Dopo quasi 6 mesi dall’inizio della cura sono tornata al lavoro, mi sono organizzata con il medicinale, anche su come portarlo in dogana: il trasporto di alcuni farmaci è un problema per chi viaggia.
Dopo la diagnosi, ho deciso di non lavorare più sui viaggi intercontinentali ma solo europei, così se fosse successo qualcosa sarei tornata in Italia piuttosto velocemente.
I primi due anni ho avuto otto ricadute, sono stati molto duri, ma andavo comunque a lavorare con il mio farmaco: tre iniezioni alla settimana che mi causavano tre febbri alla settimana.
Dopo la mia ultima ricaduta nel 2015, mi hanno cambiato la terapia. Con il nuovo farmaco non solo la malattia si è stabilizzata, ma sono migliorata, ho recuperato forza e concentrazione, mi sono sentita più sicura, mi sono tranquillizzata. Se il mio motto è “qui e ora, non esiste domani”, per quale motivo non posso approfittare di queste condizioni di salute? Mi sono detta: devo fare il più possibile, devo godermi la mia vita e il mio lavoro. Ho ricominciato a viaggiare fino ad arrivare dall’altra parte del mondo».

 

aismIL LAVORO È LA MIA ADRENALINA. «Sono un’accompagnatrice turistica, prendo i gruppi italiani e stranieri, li porto all’estero, mi occupo della loro giornata dal punto di vista logistico e organizzativo, quando non è presente una guida introduco il turista nel contesto storico, sociale, economico, politico, artistico del Paese che va a visitare. Lavoro in media dalle 12 alle 14 ore al giorno, ho una vita molto frenetica, cammino tantissimo. Devo tenere alta la mia concentrazione, anche perché spesso parlo in lingua straniera tutto il tempo. Devo sempre studiare, mi devo preparare prima di ogni viaggio perché vado in Paesi sempre diversi. C’è chi pensa che sia inconciliabile un mestiere come questo con la mia malattia, in realtà un po’ sono fortunata un po’ quando lavoro sento i dolori ma è più importante andare avanti e lavorare. L’Oriente l’ho girato tutto, mi mancano solo il Nepal e il Buthan, ho lavorato negli Stati Uniti, ad esempio ora sono in partenza per il Canada, dopo vado in Giordania. La mia più grande conquista, e anche quella della mia neurologa, è stata quando due anni fa le ho detto che dovevo portare un gruppo in Uganda. Lì c’è la febbre gialla, noi con sclerosi multipla non possiamo vaccinarci come le altre persone. Insieme all’ematologa, abbiamo trovato la giusta difesa per me, antibiotica per potermi permettere di partire; laggiù ho visto il gorilla di montagna, dopo 5 ore di trekking.
Per fare un esempio dei ritmi del mio lavoro, a novembre sono atterrata alle 6,30 a Milano dopo un tour in Laos e Cambogia, alle 8,30 ero a Torino, alle 15 ero a Bra a casa del mio fidanzato, alle 5 del mattino dopo ho preso un treno che mi ha portato a Milano Malpensa (con più scali), alle 12 ho preso un volo per andare a Cuba con un gruppo. In 48 ore ho fatto più di 30 ore di viaggio, passando da +7 ore a -7 ore di fuso orario, penso che sia una grande conquista per una ragazza con la sclerosi multipla. Queste sono le mie conquiste: non mi sacrifico, sfrutto questo momento. La mia cura è pesante, sono due cicli l’anno per infusione: durante e dopo la somministrazione bisogna rispettare anche determinate regole alimentari. Si avvertono la stanchezza e la pesantezza, mi fermo un mese quando devo curarmi, durante il quale cerco di riposare, mangiare bene, dormire, andare in piscina per recuperare. Ma è molto soggettiva questa malattia, anche le risposte alle cure: il mio corpo fortunatamente dà delle risposte straordinarie.
La sensibilità della parte destra del mio corpo l’ho persa quasi del tutto, quando sono molto stanca trascino la gamba: la mia mente percepisce tutti i sintomi, anche se il farmaco mi ha aiutato e mi aiuta molto. Nel mio essere una persona con sclerosi multipla sono molto fortunata, tutto sommato sto abbastanza bene, questo mi ha consentito di continuare ad esercitare il mio lavoro. Molte persone entrano in depressione perché, dopo la diagnosi o con il passare degli anni, non possono più farlo. La mia neurologa me lo dice sempre: io mi ammalerò il giorno in cui smetterò di lavorare, lavorare è uno stimolo, la mia mente non ascolta ciò che le dice il mio corpo o le dice “ascolto più tardi”. L’adrenalina che sento quando incontro un nuovo gruppo, quando prendo un nuovo volo, quando vedo un nuovo paese mi consente di ridimensionare anche tutti i miei problemi di salute. Io ho una malattia cronica, degenerativa, per cui non esiste una cura definitiva, ma penso che, alla fine, ho una famiglia, un medicinale che mi aiuta a stare bene, ho un bel lavoro: io vado avanti!»

 

aismIL VOLONTARIATO MI DÀ GRANDI SODDISFAZIONI. Tra i miei viaggi in Canada e in Giordania, do la mia disponibilità a Roma per dare il mio contributo alla campagna de “La Mela di AISM” del 6 e 7 ottobre, a dimostrazione che se uno vuole, riesce a fare tutto, dipende dalle proprie motivazioni personali, dipende quanto ci si crede, se si entra a far parte di un progetto ci si sente responsabili: purtroppo non riesco più ad essere presente come prima ma per quel poco ci devo essere. Faccio una vita da zingara, sono 18 anni che faccio questo lavoro e per me era fondamentale continuare a svolgerlo. La mia migliore amica mi dice: “Tu fai questo lavoro, ti stressi così tanto perché vuoi continuare a dimostrare che sei come prima della diagnosi”. A volte è anche questo, la malinconia c’è sempre dentro ognuno di noi. Se prima potevo viaggiare tutti i giorni, adesso mi devo concedere dei tempi di recupero, ma forse sono anche i 40 anni. A me il mio lavoro piace veramente tanto. La malattia mi mette di fronte a delle ricadute, sono gli imprevisti che devo affrontare ragionando e recuperando. Il mio atteggiamento è questo: inutile che mi strappo i capelli per un “inconveniente”, perdo solo energie. Di ogni problema parlo con la mia neurologa, mi organizzo i viaggi in base ai giorni del mio prelievo, devo dire della malattia alle agenzie con cui lavoro, per qualunque problema di salute devono essere pronti a mandare una sostituta. Voglio dimostrare che nonostante tutto riesco a fare il mio lavoro e ad essere una volontaria. Solo un’agenzia non mi ha più voluto dopo che ho comunicato la diagnosi, ma per il resto il mio lavoro è notevolmente aumentato.
Mi ha fatto avvicinare al volontariato qualcosa che avevo dentro e che non sapevo di avere, questo qualcosa me l’ha tirato fuori Alessia, una persona molto sensibile e carismatica della sezione di Roma di Aism. In passato avevo fatto volontariato culturale, ma non l’avevo mai svolto in un’associazione. Quello che mi ha fatto continuare, durante questi cinque anni, a fare la volontaria in Aism è la successione di incontri con tante belle persone, che mi hanno trascinato in molte avventure e a cui era difficile per me rimanere insensibile: mi sono sentita a casa, coccolata, in famiglia. Al momento della diagnosi facevo la pendolare tra Torino (dove vivono i miei) e Roma, città che ho incontrato 18 anni fa; ho deciso di vivere la malattia da sola nella Capitale, per me l’associazione è stato un grande punto di appoggio e di confronto.
L’importanza di frequentare Aism è la possibilità di avere un confronto e di ridimensionare i propri problemi perché siamo tutti uguali dentro l’associazione, aiuta a parlare non solo della malattia e ad aprire il cervello e gli occhi. Alle persone che vogliono fare i volontari in Aism e ai ragazzi che vogliono iniziare l’avventura  del Servizio Civile (la Sezione cerca 15 ragazzi) dico che fare il volontario non è solo un modo per mettersi a disposizione, ma è anche un modo per conoscersi dentro, per capire quali sono le proprie attitudini: si fa un percorso di conoscenza e di confronto con gli altri, offrendo le proprie capacità, chiunque in Aism viene indirizzato anche in base alle proprie doti naturali.

 

aismTra le motivazioni al volontariato, il principio base secondo me è la predisposizione ad aiutare gli altri, sviluppi anche un altro tipo di sensibilità. Nell’aiutare gli altri aiuti anche te stesso. Confido di non avere bisogno del volontariato per riempire la mia vita, è già molto piena di impegni, ma quando torno a casa dopo aver fatto volontariato in Aism sono soddisfatta, non solo di aver aiutato gli altri ma anche me stessa.
Il Gruppo Giovani della Sezione di Roma di Aism è una bellissima realtà, è composto da ragazzi under 40, con e senza sclerosi multipla, che organizzano eventi di sensibilizzazione e di informazione: dall’aperitivo con l’esperto alla Staffetta di Nuoto per beneficenza, dalla sfilata di moda al convegno informativo, dalla giornata al mare alla visita guidata. Chi non conosce la malattia, pensa sclerosi multipla=sedia a rotelle=malato grave. Quando si entra nell’associazione si conoscono persone che non stanno bene ma anche giovani con la malattia che attraversano lo Stretto di Messina, che fanno tre lavori, che intraprendono lunghi viaggi per lavoro come me, che passano tante ore in piazza durante le campagne di raccolta fondi.
Spesso le persone iniziano a fare volontariato, poi sono più forti gli impegni e, un po’ per pigrizia e un po’ per il poco tempo libero, non si rendono più disponibili. Come conciliare la propria vita privata con il volontariato? Quella è la mia più grande sfida. Io su 30 giorni al mese, ne passo 22-25 in viaggio, nei pochi giorni che rimangono ho una casa (a Vitinia), un fidanzato (a Bra), una famiglia (a Torino) e voglio dare del tempo anche ad Aism: l’importante non è quanto tempo si dà, ma la qualità».

 

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