ARRIVA Ai COACH, L’ASSISTENTE VIRTUALE PER LE PERSONE CON AUTISMO

Ai Coach è un progetto che punta a utilizzare l'Intelligenza Artificiale per supportare le persone nello spettro autistico

Per anni abbiamo pensato che l’Intelligenza Artificiale fosse qualcosa di cui avere paura. Tutta colpa dei film di fantascienza, che ci vedevano dominati da tecnologie in grado di comandarci. L’Intelligenza Artificiale è invece una tecnologia in grado di evolversi e adattarsi, di imparare per migliorare le sue prestazioni. E sarà importante per aiutare molte persone nello spettro autistico a migliorare la propria vita. Ai Coach è un progetto di ANFFAS, Associazione Nazionale Famiglie e Persone con Disabilità Intellettiva e disturbi del neurosviluppo (capofila e coordinatore) in partenariato con ANGSA (Associazione Nazionale Genitori perSone con Autismo), che si prefigge di realizzare un coach virtuale dotato di Intelligenza Artificiale per supportare le persone nello spettro autistico nell’implementazione di comportamenti adattivi e delle autonomie nei vari ambiti di vita. Il progetto è stato finanziato dalla Fondazione TIM, che è espressione dell’impegno sociale di TIM.

Il progetto arriverà a compimento nel 2023. L’idea, come già detto, è quella di fornire un supporto personalizzato e personalizzabile per la persona nello spettro autistico e allo stesso tempo per la sua famiglia e gli operatori e la realizzazione di uno strumento facilmente utilizzabile in autonomia e/o con il supporto dei caregiver, attraverso dispositivi ampiamente disponibili e sostenibili.

Una prima sperimentazione 

 «Il progetto vede quali destinatari in una prima fase le persone con disturbi nello spettro autistico ad alto funzionamento. Si parla di spettro in quanto gli autismi sono variegati e diversificati. L’autismo rientra inoltre nella più ampia categoria dei disturbi del neurosviluppo e pertanto l’assistente virtuale, che sarà reso disponibile attraverso il progetto AI Coach, potrà essere utilizzato da un’ampia platea di destinatari che ne abbiano comunque le caratteristiche, e si presta anche a successive ulteriori evoluzioni e sperimentazioni» come ci ha spiegato Emanuela Bertini, direttrice generale di Anffas Nazionale.

Ai Coach
Il Logo di Ai Coach

«Nell’ambito dello spettro autistico ci sono situazioni completamente diverse. E pertanto non abbiamo la pretesa con questo strumento di supportare tutte le condizioni e situazioni. Anche per questo motivo la prima sperimentazione sarà effettuata su un gruppo di persone con disturbo nello spettro autistico ad alto funzionamento. Ma siamo certi che sarà di grande utilità per tutte le persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo che potranno rientrare tra i beneficiari dello strumento stesso. Al momento è stata avviata la prima fase di progettazione esecutiva e l’equipe degli esperti, sia quelli provenienti dall’Università di Trento, sia quelli messi a disposizione da Anffas e dai partner e collaboratori associativi del progetto (ANGSA, Gruppo Asperger, Giuliaparla) nonché dalla società IDEGO, sono già a lavoro».

Il ruolo del caregiver

AI Coach funzionerà come un applicativo software utilizzabile sui dispositivi mobili – una vera e propria app come quelle che utilizziamo ogni giorno – che sarà in grado di sollecitare, raccogliere, misurare, apprendere, elaborare e restituire informazioni utili al rafforzamento delle competenze, riguardanti le abilità comunicative e relazionali così come l’autodeterminazione della persona nello spettro autistico, ma potrà anche essere utilizzata dalla rete di sostegno (quindi famiglia e operatori) di quest’ultima.

«Per quanto riguarda il ruolo del caregiver, Ai Coach deve essere inteso esclusivamente come uno strumento di supporto nella relazione e nel sostegno stesso che il caregiver dà alla persona con disabilità, senza con questo mai alterare o sostituire la necessaria relazione interpersonale», spiega Emanuela Bertini. «Come associazione abbiamo particolarmente a cuore il principio di autodeterminazione della persona, con tutte le tutele e cautele del caso. Allo stesso tempo, anche nell’ottica della promozione di una vita indipendente e interdipendente anche supportata, è importante il processo di potenziamento delle abilità e delle autonomie della persona e l’assistente virtuale persegue anche tale obiettivo unitamente al caregiver ed operatore di riferimento».

Le due interfacce

L’applicazione avrà due interfacce. Una sarà dedicata alla persona nello spettro autistico ed una al caregiver/operatore. Tramite i loro diretti aggiornamenti e iloro feedback, come ad esempio la compilazione di un diario unita all’analisi delle conversazioni realizzate tramite messaggistica, AI Coach valuterà e verificherà le informazioni raccolte, aggiornerà il profilo dell’utilizzatore e fornirà un’indicazione dei progressi e dei cambiamenti rilevanti nelle preferenze della persona e, quindi, dell’efficacia stessa degli interventi.

«È uno strumento che va ad acquisire dalle persone delle informazioni, e le rielabora, in base all’utilizzo delle stesse persone, dei caregiver e degli operatori», spiega la direttrice generale di Anffas. «Le rielabora in modo che possano essere restituite alla persona e che possano supportarla nell’uso delle esperienze quotidiane. Elabora le indicazioni sulle sue esperienze quotidiane, le possibili difficoltà, come ad esempio prendere l’autobus, sviluppa le informazioni relative a quella situazione e le codifica in maniera che, in una situazione analoga, la persona possa trovare già un supporto attraverso l’app».

 

Una tavola delle situazioni

L’evoluzione, lo sviluppo e l’aggiornamento dell’app avverranno con la compilazione – anche attraverso l’utilizzo di simboli, immagini, stimoli vocali e visivi – di una tavola delle situazioni, che servirà a indicare le modalità con cui la persona nello spettro autistico solitamente preferisce svolgere le varie attività quotidiane nei diversi contesti di vita. Ad esempio, potrà indicare “mi piace dormire fino a tardi la mattina”, ma anche “non mi piace prendere la metropolitana nelle ore di punta”. In buona sostanza disporre di un app in grado di interagire con la persona ed il contesto, immagazzinare informazioni e restituire indicazioni sarà davvero prezioso per contribuire a migliorare la qualità di vita e le autonomie delle persone con disabilità in generale e quelle con disturbo nello spettro autistico ad alto funzionamento in particolare.

Una doppia sperimentazione

La forma definitiva di Ai Coach la scopriremo solo alla fine del previsto percorso di studio e sperimentazione. «Non esiste ancora un prototipo standard», spiega Emanuela Bertini. «Un prototipo verrà definito in base a una doppia sperimentazione: un primo gruppo e poi un gruppo più ampio lo sperimenteranno per capire cosa funziona e cosa non funziona. Ad esempio lo strumento stesso, il tipo di domande, la modalità vocale piuttosto che non vocale. Tutte queste informazioni verranno studiate nella fase di sperimentazione. In modo che poi tutto questo consenta a chi la usa di personalizzarla e utilizzarla nel quotidiano».

Il risultato a disposizione di tutti

Ai Coach è una sorta di tutor, che accompagna la persona per imparare, elaborare ed adattarsi e per supportarla al meglio. L’Intelligenza Artificiale è questo e AI Coach sarà un patrimonio di tutti. «È anche vero che il bando della Fondazione TIM lo riteneva come un prerequisito, ma è un naturale approccio alle nostre progettualità l’idea che, al termine della sperimentazione, il risultato sarà a disposizione di tutti» rivela la direttrice di Anffas. «Questo consentirà poi di realizzare altri strumenti simili, di rivedere questo, di proseguire nelle sperimentazioni in altre forme, di dotare le persone che ne vorranno usufruire di questo strumento».

Le tecnologie per le disabilità

Al di là dell’Intelligenza Artificiale, la tecnologia è da sempre un’alleata importante nel supporto alle disabilità, anche quelle più rare e complesse. «Spesso la tecnologia consente, infatti, di colmare quel vulnus che si interpone fra il funzionamento della persona e la fruizione del contesto in condizione di pari opportunità con gli altri cittadini e di dare ulteriori risposte a tutte le persone con disabilità, anche quelle disabilità che all’apparenza sembrano di non poterne beneficiare», spiega Emanuela Bertini. «Mentre è evidente ciò che la tecnologia è riuscita a fare in questi ultimi anni per le persone con disabilità ad esempio sensoriali, tra cui le persone prive della vista attraverso messaggi audio o sistemi di letto-scrittura, o ancora altre persone con disabilità ancora più complesse che riescono oggi a comunicare attraverso sistemi di lettura oculare o sintetizzatori vocali, non è altrettanto percepita l’importanza che l’innovazione tecnologica può avere anche per le persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo. Per esempio il semplice utilizzo di uno smartphone già di per sé rappresenta un importante strumento per ampliare le autonomie nella sfera relazionale».

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