CASE FAMIGLIA. 60 MILIONI IN MENO PER DISABILI, DONNE E BAMBINI

Secondo un report di Casa al Plurale, alle case famiglia di Roma e Lazio mancano più di 60 milioni di euro. Gualtieri agli operatori: «Pronti gli aumenti», ma le associazioni temono un dietrofront

Per le case famiglia di Roma e del Lazio mancano più di 60 milioni di euro. È quanto afferma Casa al Plurale, l’associazione che dal 2006 rappresenta le organizzazioni che operano sul territorio a sostegno delle persone con disabilità, dei minori in stato di abbandono e delle donne con figli che vivono in situazioni di grave fragilità. Ne dà notizia nel report Come funziona e quanto costa una casa famiglia. Le cifre parlano chiaro: a fronte di un fabbisogno attuale di quasi 150 milioni di euro, le amministrazioni comunali coprono circa la metà dell’importo.

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Berliri:« La spirale inflazionistica degli ultimi mesi ci spinge a sollecitare le autorità competenti a rimettere mano al tariffario».

Cos’è una casa famiglia e quanto costa

Ogni casa famiglia ospita massimo otto individui più il personale socio sanitario necessario – di solito circa dieci persone che ruotano in base a turni prestabiliti – che aiuta le persone a lavarsi, vestirsi, mangiare e muoversi. L’accesso è vincolato al parere di Asl e comune di competenza. Al pari di un’abitazione qualsiasi, ciascuna casa famiglia deve far fronte alle spese vive di gestione come bollette, vitto, affitto e amministrazione dei servizi. Diversamente dalla maggior parte dei comuni appartamenti però qui vivono diversamente abili e minori non accompagnati, che da soli non sono in grado di mantenersi. Ecco allora che intervengono le istituzioni, pronte a ridistribuire i costi con l’intera comunità.

La promessa e il timore del dietrofront

Lo scorso mese il nuovo sindaco di Roma Roberto Gualtieri ha incontrato in Campidoglio le associazioni di settore, congedandoli con due promesse. La prima riguarda un ritocco della retta di venti euro al giorno a persona subito dopo lo scostamento di bilancio approvato venerdì 29 luglio. La seconda l’apertura a settembre di un tavolo di confronto utile a elaborare uno studio finalizzato all’adeguamento complessivo dei fondi stanziati. Sull’argomento il primo cittadino della capitale si era già espresso nel settembre 2021 in piena campagna elettorale. Poi il timore del passo indietro. Nella giornata di mercoledì 3 agosto gli interessati hanno chiesto conferme e rassicurazioni agli uffici competenti, i quali avrebbero ammesso l’esistenza di “grosse difficoltà” per mantenere la promessa.

Un’attesa lunga 25 anni

«La prima amministrazione capitolina a fissare una retta per le case famiglia è stata quella dell’ex sindaco Francesco Rutelli quasi un quarto di secolo fa», ricorda il presidente di Casa al Plurale Luigi Vittorio Berliri. Un importo che risente dell’assenza di uno studio approfondito del sistema, che negli anni ha subito aggiustamenti più o meno significativi. Di sicuro non sufficienti a far fronte all’acquisto di nuovi elettrodomestici e a interventi di manutenzione degli immobili. La spirale inflazionistica degli ultimi mesi ci spinge a sollecitare le autorità competenti a rimettere mano al tariffario. Basti pensare che il carburante costa il doppio e il consumo delle utenze va moltiplicato per almeno otto ospiti. E i nostri operatori sanitari non possono essere sottopagati, soprattutto non dopo essersi sottoposti a turni massacranti a causa dei contagi da Covid 19».

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Bellavitis: «In questi casi le necessità dei bambini superano di gran lunga le possibilità offerte dai fondi pubblici»

Bambini in cerca di normalità

A spiegare l’utilità e il valore sociale generato dalle case famiglia come valide alternative all’isolamento in istituto è Marco Bellavitis della cooperativa L’Accoglienza, che in quattro abitazioni accoglie minori disabili lasciati soli o con famiglie incapaci di provvedere loro, nonché mamme con figli in condizioni di disagio. «In questi casi le necessità dei bambini superano di gran lunga le possibilità offerte dai fondi pubblici», afferma. «Parliamo di un rapporto quasi sempre esclusivo tra soggetto e assistente, in un ambiente familiare in cui gli ospiti ritrovano la normalità di andare a scuola, fare sport, uscire con gli amici, andare alle feste e partecipare alla vita della comunità. Insieme alla lentezza amministrativa che ritarda l’ingresso in casa di bambini già pronti a essere accolti, scontiamo i ritardi nei pagamenti delle fatture trimestrali che inoltriamo ai comuni».

Uno spettacolo di ragazzi

Tra le case famiglia più attive del territorio c’è Domus di Monterotondo, gestita da Il Tamburo società cooperativa sociale. Qui sette persone diversamente abili vengono coinvolte in attività sportive e ludico ricreative. Il fiore all’occhiello però resta il teatro sociale. «La promozione dei loro talenti avviene in gruppi integrati con normodotati», spiega la portavoce Lucia Bellini. «A giugno abbiamo messo in scena una versione rivisitata di Rugantino che ha riscosso molto successo, tanto che la riproporremo a settembre. Inoltre proponiamo cineforum, visioni di spettacoli e laboratori. Durante la quarantena abbiamo fatto ricorso gli insegnamenti online, filmando un cortometraggio nel nostro condominio».

 

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