CONSORZIO SPERA, ITALIA&AFRICA: INDISPENSABILE UN PROGRAMMA COMUNE
Dal 23 al 25 Maggio tra Roma, Milano e Genova il 14mo convegno nazionale di Consorzio SPeRA. Berti Riboli: «Organizzare un lavoro che altrimenti rischia di essere invisibile e dispersivo»
20 Maggio 2024
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Il volontariato non è un’isola, ma una terra di connessioni. Lo dovrebbe essere soprattutto in un continente complesso come l’Africa, caratterizzato da una notevole varietà di climi, ambienti, popolazioni e contesti sociali e politici.
Ecco perché il quattordicesimo convegno Italia&Africa, organizzato dal Consorzio SPeRA e dall’associazione Medici in Africa, punta a evidenziare anche quest’anno l’importanza di avviare sinergie per avere delle opportunità. «Il volontariato ha bisogno di collaborare per vivere» è lo slogan che il prof. Edoardo Berti Riboli, chirurgo, direttore del dipartimento di discipline chirurgiche, morfologiche e metodologiche integrate dell’Università di Genova e presidente di queste due realtà, ha scelto per fotografare il senso di questo forum, sempre più esteso e partecipato. L’evento, in programma dal 23 al 25 maggio, per la prima volta si terrà in tre differenti luoghi: l’Auditorium Confindustria di Genova, la Sala Conferenze BonelliErede di Milano e la Sala Convegni del CSV Lazio a Roma. I lavori congressuali, organizzati in cinque sessioni, si svolgeranno contemporaneamente nelle sale collegate e tutta l’attività sarà anche aperta al pubblico in presenza, oltre che in streaming. Si parlerà di come poter offrire un sostegno concreto alle associazioni in Africa, si svilupperanno collaborazioni e sinergie per ottimizzare le risorse umane ed economiche investite sul territorio, verranno evidenziati i problemi comuni con l’obiettivo di risolverli e si tenterà anche di perseguire la strada che porterà ad avere un’unica rappresentanza per rafforzare i rapporti con le istituzioni, dalle ambasciate italiane ai governi spesso instabili degli stati africani.
Consorzio SpeRA: il censimento delle realtà italiane attive in Africa
Nel tempo il Consorzio SPeRA ha provato a elaborare un censimento delle realtà italiane operanti in Africa. Nel portale sono attualmente registrate 289 associazioni, molte delle quali con sede in Lombardia (75), in Liguria (62), nel Lazio (39), in Emilia Romagna (27), in Piemonte (22) e in Veneto (17). Ma sulla base delle esperienze concrete i numeri risultano molto più alti di questi, al punto che le associazioni italiane attive in Africa dovrebbero essere addirittura 637, più del doppio delle statistiche ufficiali. Il condizionale e le stime che sostituiscono le certezze dimostrano «quanta strada ci sia ancora da fare per organizzare al meglio un lavoro che altrimenti rischia di essere invisibile e dispersivo» spiega Berti Riboli. Gli ambiti di intervento, del resto, sono molteplici: il 35% delle realtà associative opera nella prevenzione e nella salute (231 associazioni), il 19% nell’istruzione (129), l’11% si occupa di infanzia e nutrizione (71), il 9% di strutture (57), il 7% di lavoro (45) e il 2% del ruolo della donna (12). La presenza italiana nel continente si estende poi alle università (su 66 italiane sono ben 40 quelle che realizzano progetti in Africa), alle imprese (1500 di ogni dimensione) e alla chiesa cattolica (8000 ecclesiastici nelle scuole e negli ospedali), quest’ultima in particolare tramite le scuole professionali Don Bosco. Marocco, Togo, Costa d’Avorio, Senegal, Angola, Tanzania, Kenya, Burkina Faso, Sierra Leone, Somalia, Mozambico, Mali e Uganda i Paesi dove le realtà italiane stazionano maggiormente.
Italia&Africa: il convegno nazionale
«Spesso il volontariato va da solo, c’è una tendenza a lavorare per conto proprio, con entusiasmo, ma in modo disorganizzato, siamo come tante isole in un arcipelago enorme», ribadisce il presidente di Consorzio SPeRA. E invece c’è bisogno di fare rete per sopravvivere. A volte ci rendiamo conto che le ambasciate italiane non sanno cosa fanno le associazioni sul loro territorio e così si perdono tantissime occasioni. Talvolta si portano avanti progetti simili a poche decine di km di distanza e fare insieme potrebbe voler dire fare meglio». Dagli anni ‘50 in Africa c’è ovviamente l’Eni, attiva in 14 Paesi per migliorare l’accesso all’energia attraverso un ampio portafoglio di progetti. «Viene considerato l’unico protagonista italiano, ma non è affatto così» precisa Berti Riboli. L’Eni non si integra e l’Italia non è solo l’Eni. Organizzando questo convegno ci siamo resi conto di quanto sia fondamentale mettere insieme un programma comune». Dopo una panoramica generale sul volontariato italiano nel continente, verranno approfonditi temi come l’agricoltura, il rapporto con le imprese, il ruolo della chiesa e della CEI, la formazione al lavoro, le questioni economiche, l’energia, le emergenze umanitarie, le calamità naturali, la cooperazione internazionale, l’importanza del partenariato pubblico-privato, i trattati, gli investimenti e i mercati, con collegamenti dalle ambasciate e interventi di autorità politiche e istituzionali e personale “sul campo”. Tre le direttrici: cosa si è fatto, cosa si sta facendo e dove si può ancora migliorare.
Il Consorzio
Consorzio SPeRA, nel cui consiglio direttivo ci sono i rappresentanti di varie realtà (da Medici in Africa a Informatici senza frontiere, da Minerva Onlus per la prevenzione delle dipendenze a Tivoli in Senegal, che interviene in campo agricolo) da anni accomuna esperienze, idee e progetti. Se c’è un container, ad esempio, lo frazionano per dividere i costi; se c’è un bando, offrono sostegno, guida e competenze giuridiche; se c’è un progetto che è migliorabile soltanto in una visione di comune impegno, mettono in contatto realtà vicine e simili. Ma non si tratta di un’operazione semplice in un contesto socio-politico-culturale in costante mutamento. «L’Africa cambia continuamente ed enormemente e i progetti spesso non possono avere una vita troppo prolungata perché i referenti cambiano» racconta Edoardo Berti Riboli, partito per la prima volta verso il Kenya negli anni Novanta per lavorare in un ospedale guidato da una suora italiana. In quella struttura non avevano personale per l’estate e lui ha deciso di spendere le proprie vacanze al servizio degli altri. Poi è nata l’associazione. «Costruire un ospedale costa relativamente poco, ma il problema in Africa è sempre l’assenza di medici. Ecco perché tramite l’Università di Genova offriamo borse di studio e inviamo i giovani che stanno ultimando il corso di cooperazione internazionale, appoggiandoli alle associazioni che operano sul territorio».