COOP ALLEANZA 3.0, GAZA COLA E I PRODOTTI ISRAELIANI: PRENDERE POSIZIONE SI PUÒ

Il caso di Coop Alleanza e della scelta di vendere la Gaza Cola e boicottare prodotti di provenienza israeliana è nata dal basso ed è arrivata ai vertici aziendali. È il segno che prendere posizione è possibile

di Maurizio Ermisino

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Che cosa possiamo davvero fare noi, in concreto, per dare un segnale,  per fermare il massacro a Gaza? Mentre le istituzioni centrali rimangono in un silenzio preoccupante, e complice, e presso le istituzioni locali qualcosa si muove, in una serie di lodevoli, ma isolate iniziative, qualche notizia edificante arriva anche dal mondo dell’impresa. È il caso di Coop Alleanza 3.0, che ha una posizione precisa e nota da tempo. La Cooperativa ha deciso che non può rimanere indifferente davanti alle violenze in corso nella Striscia, ed è da sempre al fianco di tutte le forze – enti, associazioni o istituzioni – che siano unite nel richiedere un immediato cessate il fuoco e la cessazione di qualsiasi operazione militare.

Gaza Cola: con il ricavato la ricostruzione di un ospedale nella Striscia

La solidarietà e l’impegno verso il popolo palestinese e la condanna decisa delle azioni di Israele non sono però solo una questione di dichiarazioni e di ideali. Coop Alleanza 3.0, allora, ha deciso di attivarsi per aderire alla campagna nazionale Coop For Refugees e di inserire nel suo assortimento  la Gaza Cola, che è diventata piuttosto nota in questo periodo e che è l’espressione di un progetto al cento per cento di proprietà palestinese. È un’iniziativa concreta. Come è concreto l’obiettivo della vendita di questo prodotto: con il ricavato, infatti, verrà finanziata la ricostruzione di un ospedale nella Striscia. La lattina della Gaza Cola è contraddistinta dai colori della bandiera palestinese: le strisce verdi, bianche e nere, su cui svetta un triangolo rosso. La lattina è ormai iconica. Ed è diventata, per chi tiene alla causa palestinese, un simbolo di resistenza. La Gaza Cola, oltre che nei negozi, si può acquistare anche online sul sito EasyCoop. Per essere d’aiuto, insomma, basta un click.

Coop Alleanza 3.0: no ai prodotti israeliani

Ma la condotta di Coop Alleanza 3.0 è coerente con la sua posizione politica anche per quel che riguarda altre scelte. Per questo ha anche deciso di rimuovere dai suoi scaffali alcune referenze di arachidi e di salsa Tahina, prodotti in Israele, e gli articoli a marchio Sodastream. Questa decisione è maturata grazie a un rapporto presentato al Consiglio d’Amministrazione dalla Commissione Etica della Cooperativa, rappresentanza di cittadini e cittadine soci della Cooperativa che da tempo ha a cuore la causa della Palestina e che si è mobilitata per sostenerla. Una mobilitazione partita dal basso che ha portato un’idea forte ai vertici di un’organizzazione e, in seguito, a una decisione partecipata. È un piccolo segnale, ma è forte, che racconta come, partendo dalla base, sia possibile far sentire la propria voce. E racconta anche quanto sia importante oggi prendere posizione, in un momento in cui i governi sono colpevolmente complici, schiavi delle loro relazioni internazionali e dei rapporti di potere tra le nazioni, che rendono frustrante il gioco quotidiano di notizie, commenti e dichiarazioni. Di certo Alleanza Coop 3.0 si è assunta un rischio. D’altra parte, però, c’è la grande opportunità che riguarda tutte le persone che, quando scelgono un prodotto o un marchio, valutano anche i suoi valori, la sua coerenza, le sue scelte. Lo dicono da tempo le ricerche di mercato: dai brand il pubblico vuole sempre più prese di posizione sui temi chiave della società, vuole scelte concrete e certificate e non di facciata. È stato così con l’inclusione, con la sostenibilità. Deve essere così anche con i temi della guerra e della pace.

E infatti la scelta di Alleanza Coop 3.0 ha ricevuto una serie di valutazioni positive da parte degli addetti ai lavori anche del mondo dell’impresa e della comunicazione. Prendere posizione oggi paga: la reputazione che si acquista, e il pubblico che si raggiunge, è sempre maggiore di quello che si perde nel rimanere neutri. Alleanza Coop 3.0 qui ha dimostrato il valore dell’autenticità, anche a costo di rischiare, di andare contro le leggi del marketing, di seguire comunque il proprio credo. La speranza è che molte altre realtà dell’impresa si uniscano nel condannare quello che sta accadendo in Palestina.

gaza cola
Francesca Albanese durante il suo discorso al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite del 3 luglio 2025. Fonte UN Palestinian Rights Committee

L’altro lato della medaglia: l’impresa criminale collettiva

Sì, perché l’altro lato della medaglia è proprio la “joint criminal enterprise”, un’“impresa criminale collettiva” fatta di governi e aziende multinazionali complici, che hanno reso possibile lo sterminio. Si tratta di aziende importanti, che vano da Lockheed Martin a Leonardo; da Booking e Airbnb a Caterpillar, da Amazon a Microsoft, da Volvo a Us Chevron e Hyundai, da IBM a Hewlett Packard. È un sistema ha facilitato la «trasformazione dell’economia dell’occupazione in economia del genocidio». È la tesi sostenuta e dimostrata dall’ultimo report di Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i Territori Palestinesi Occupati, dal titolo: “From economy of occupation to economy of genocide”. «I partenariati internazionali che gli forniscono sostegno tecnologico e militare, hanno migliorato la capacità di Israele di far durare nel tempo l’apartheid e, più di recente, di sostenere l’assalto su Gaza», si legge nel report di Francesca Albanese, ripreso da Popoli e Missione. Il report chiede embarghi, sanzioni, e la sospensione a queste multinazionali degli accordi con Israele. Ai sindacati, avvocati, alla società civile e ai semplici cittadini Francesca Albanese chiede di «far pressione per i boicottaggi, disinvestimenti, sanzioni, e chiedere giustizia per la Palestina, a livello interno e internazionale». Perché, nonostante tutto, prosegue il report, «il business va avanti come sempre, ma nulla di questo sistema è neutrale». È allora davvero una lotta impari, quella di Davide contro Golia, quella di una cooperativa italiana contro grandi multinazionali. È un piccolo sasso lanciato con una fionda contro orde di cacciabombardieri. Ma è un sasso che intanto è stato lanciato. La speranza è che possano esserci altre fionde in grado di seguire quel lancio. A noi, come opinione pubblica e addetti alla comunicazione, spetta il compito di raccontare storie come questa. Perché siano d’esempio, perché smuovano qualche coscienza. In un mondo che ormai si è assuefatto a tutto, anche alla guerra.

Immagine di copertina JamJamSvn

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