DIAMO FIDUCIA ALLE SCUOLE APERTE E PARTECIPATE

Tre giorni di confronto e dibattito, tanto è durata la restituzione collettiva del progetto Scuole aperte partecipate in rete, con capofila MoVI che per sei anni, dal 2020 al 2025, ha fatto conoscere, radicare e crescere la rete delle scuole “oltre la campanella” in cui l’ingaggio dei genitori si fonda con la disponibilità dei Dirigenti e l’impianto educativo degli insegnanti per costruire nuove forme di accoglienza, esperienza e incontro di tutta la comunità educativa

di Claudio Tosi

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Sei anni di sperimentazioni e di cura, di accoglienza dei nuovi gruppi, di visite, di consigli e riflessioni sull’approccio favorevole a permettere il dialogo, sugli atteggiamenti con cui porsi per abbassare le resistenze di decisori incerti, per offrire spunti creativi per superare le difficoltà, mettere energie per riaprire spazi, attivare risorse, volontarie e professionali, per proporre attività e fare comunità.

Percorsi tutti diversi, raccontati con emozione da genitori, insegnanti, dirigenti e studenti, ciascuno con il suo “clinamen” a seconda del luogo di provenienza, delle sue durezze, della complicità o ostilità dell’ambiente sociale, della singolarità o pluralità del gruppo promotore, ma in tutti i casi percorsi “machadiani” fatti aprendo il proprio sentiero, costruendo consenso intorno a sé e allargando, strada facendo, le condizioni per continuare. Una SAP, una Scuola Aperta e Partecipata, è un presidio di cittadinanza, è un percorso di coscientizzazione, che porta il genitore a incontrare la scuola non con una domanda al singolare, per sé e i propri figli, ma con un’offerta collettiva, che propone di allargare possibilità e diritti per tutti. Le Scuole aperte e partecipate sono necessariamente ecologiche, piante autoctone nate da semi non OGM, ognuna storta e dritta a modo suo, ma tutte orgogliosamente consapevoli di essersi “fatte da sé”. E il metodo, di cui Gianluca Cantisani ha giustamente rivendicato la matrice nonviolenta della congruità tra mezzi e fini, è anche in sintonia con i principi che hanno informato, dal 1921 a oggi, le metodologie dell’educazione attiva, quella di Dewey e dell’esperienza, di Freinet e dell’autonoma scrittura del proprio sapere, della Montessori e del lavoro autonomo del bambino e dei Cemea con quel “tutto il tempo è tempo educativo” che proietta la vita nel tempo della scuola e aggancia istruzione e educazione in una globalità di intenti che mette finalmente al centro la globalità dell’esperienza educativa e non può più accettare di tagliare mente e corpo e di occuparsene separatamente.

scuole aperte e partecipate
Una Scuola Aperta e Partecipata, è un presidio di cittadinanza, è un percorso che porta il genitore a incontrare la scuola non con una domanda al singolare, ma con un’offerta collettiva

Informazione, strumenti di condivisione, fiducia

Il progetto ha prodotto tre importanti documenti, messi a disposizione di tutti sul canale di comunicazione che in questi anni ha permesso a chiunque di tenersi informato e anche contribuire con pensieri e partecipazione all’andamento del progetto: la sezione di Comune-info dedicata all’educazione con il titolo di Territori educativi. C’è una guida al Metodo del Consenso, con cui si offrono indicazioni per condurre il proprio gruppo locale a costruire ascolto e capacità di accordo e mediazione, così diversa come proposta dalla costante, e primitiva, retorica della forza che vediamo utilizzata e imposta dai più importanti governanti mondiali; c’è un Vademecum che descrive e indaga sulle caratteristiche di un percorso di apertura di una scuola partecipata, che è una questione di spazi gestiti con apertura e rigore, ma non può prescindere dalla dimensione di rete e dalla consapevole gestione dell’interlocuzione con le istituzioni. E c’è un documento di Policy, che pone le basi per un allargamento dell’esperienza su tutto il territorio nazionale, grazie a un rinnovamento dell’ottica con cui ci si guarda tra decisori pubblici e cittadini che si attivano per essere parte di una comunità educante.

Il termine scelto è di per sé disarmante, tanto per tornare all’idea di nonviolenza radicale di questo tipo di processi: la Fiducia. Guardare l’altro con fiducia, ci dice Marco Cavedon in Coltivare il Sociale. Appunti per operatori e progettisti che cambiano i sistemi sociali, significa attivare una moltiplicazione di possibilità; la Fiducia agisce come catalizzatore di scambi e permette e indirizza migliori e più fluide relazioni tra le persone. Spostare le nostre metafore dal meccanicistico all’organico, come Cavedon ci invita a fare, infatti, attiva “un processo rivoluzionario, nonviolento, ecologico e migrante al tempo stesso”, in piena relazione con l’intento di costruire una comunità tra diversi, che non chieda a nessuno di omologarsi, ma al contrario riconosca l’importanza specifica dell’apporto di ciascuno. D’altro canto, pensarsi comunità è già di per sé un pensiero organico, e strutturare un documento di policy che voglia “sostenere e accompagnare l’azione dei decisori pubblici nella costruzione di relazioni di fiducia con la comunità educante” è lottare contro quella sensazione di mancanza di speranza e moltiplica, proprio come un enzima, il senso di quello che possiamo fare, permettendoci di guardare all’altro con apertura, accoglierlo con favore, ascoltarlo con interesse, per trovare la strada di un accordo e una condivisione. Salutiamo allora con grande favore e senso di gratitudine il lavoro fatto dal MoVI e dalla Rete Scuole aperte e partecipate in questi anni e continuiamo ad essere in ascolto e sostegno al consolidarsi e diffondersi di questo modello di aggregazione e partecipazione civica e creativa.

DIAMO FIDUCIA ALLE SCUOLE APERTE E PARTECIPATE

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