DIPENDENZE: ATTENZIONE A FUMO, OPPIOIDI E BENZODIAZEPINE

Fabio Lugoboni, esperto in medicina delle dipendenze, spiega quanto siano pericolose molte sostanze facili da trovare nella nostra vita quotidiana

«L’uomo nasce dipendente: non ha possibilità di vita autonoma, nasce molto immaturo, anche dal punto di vista biologico. Inoltre l’enorme quantità di competenze e acquisizioni che sono necessarie per la vita rendono necessario un periodo lunghissimo di minorità». Sono parole tratte da Genetica di popolazioni e linguistica (Cavalli-Sforza), e sono molto significative. Continuiamo il nostro viaggio nel tema delle dipendenze, che è stato trattato a Capodarco di Fermo lo scorso dicembre nell’ambito del seminario di Redattore Sociale Solitudini. Dopo aver sentito il punto di vista di un sociologo, Raimondo Pavarin, ora ascoltiamo quello di un medico, Fabio Lugoboni, del Dipartimento Medicina delle dipendenze del Policlinico di Verona. Il suo punto di vista è molto interessante, perché, da un lato, sfata alcuni miti; dall’altro ci parla di sostanze legali, che non siamo soliti associare alle dipendenze, e invece sono quelle che le causano più spesso.

 

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Fabio Lugoboni, Dipartimento di Medicina delle dipendenze del Policlinico di Verona

DEFICIT DI ATTENZIONE E DIPENDENZE. Una cosa poco nota è la correlazione tra l’ADHD, cioè il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, e le dipendenze. È stato dimostrato che il 50% dei ragazzi ai quali è stato diagnosticato l’ADHD in infanzia svilupperà un disturbo da uso di sostanze nel corso della vita, in particolare da cocaina e tabacco. L’ADHD, correlato ad un inizio di abuso in età più giovane, porta a una frequenza più elevata di assunzione, a una durata maggiore della dipendenza, a maggiori probabilità di passaggio da abuso di alcol a quello di altre sostanze. Il problema, in questo caso, è che si pensa che l’ADHD a una certa età sparisca. In realtà cambia: non è più iperattività, ma un deficit di attenzione.  La genesi del disturbo da uso di sostanze in corrispondenza dell’ADHD passa dagli insuccessi scolastici, con conseguente frustrazione, alla rabbia e alla depressione, e poi al fumo di sigaretta precoce e, in alcuni casi, ad alcol e droghe: per le persone che soffrono di questi disturbi la dipendenza è maggiore, e le risorse per smettere sono minori rispetto agli altri. Questa problematica, inoltre, è molto poco conosciuta dai terapeuti.  Nei pazienti con ADHD e DUS, la terapia con Metilfenidato riduce il rischio di abuso se iniziata in infanzia, mentre lo aumenta se iniziata in tarda adolescenza o età adulta, nel senso che il farmaco stesso può divenire oggetto d’abuso. Trattare queste persone da bambini è la cosa migliore per evitare dipendenze da adulti.

 

LA TEORIA DEL PASSAGGIO. «Il primo passo verso lo sviluppo di una dipendenza può essere innocente come un ragazzo che fuma in strada». Lo ha detto la Corte Suprema americana, nel 1962. E Lugoboni usa questa frase per spiegarci che, a volte, le sostanze più pericolose sono quelle vicine a noi, quelle legali, quelle che pensiamo non diano dipendenza. Dall’altro lato, smentisce anche la famosa Gateway Drug Theory o teoria del passaggio: la teoria secondo cui una droga aprirebbe la strada ad altre droghe, quella per cui si va dicendo, da anni, che chi fuma cannabis finirà, prima o poi, per assumere eroina. Il concetto di “gateway drug” fu coniato negli USA dal Federal Bureau of Narcotics come campagna anti-cannabis, che è stata massiccia soprattutto negli anni Ottanta. Molti governi hanno pagato esperti per dimostrare questa teoria, che è stata postulata da Denise Kandel nel 1975 a seguito dell’osservazione che le persone di età giovane erano accomunate dall’avere una dipendenza che si sviluppava in stadi e in sequenza. Ma, in realtà, non è mai dimostrato un nesso farmacologico tra l’uso di THC e quello successivo di eroina o cocaina. Il punto è questo, se ci pensate: se prendiamo 100 eroinomani e chiediamo quale sostanza abbiano iniziato ad assumere per prima è probabile che ci rispondano cannabis. Ma se chiediamo a dei consumatori di cannabis se, nel corso del tempo, siano passati ad altre droghe, è probabile che rispondano di no.

 

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Dall’intervento di Lugoboni al seminario di Redattore Sociale “Solitudini”

LA SENSITIZZAZIONE DELLA NICOTINA. È invece pericolosa la nicotina, cioè la sigaretta, non solo per la dipendenza che crea ma perché è questa la principale sostanza che apre la porta alle altre droghe. Il pericolo della nicotina è il meccanismo della “memorizzazione” che il nostro cervello ha verso le sostanze. Per ricordare qualcosa, infatti, è necessario produrre degli “arricchimenti” a livello cerebrale, delle connessioni, né più, né meno di quando, non ricordando un film, un brano musicale, cerchiamo di arrivarci con dei collegamenti affini. Così, ad esempio, per diventare cocainomani, una volta provata la cocaina, bisogna memorizzarla. Uno studio, recente ed importante in quanto ci viene da un premio Nobel, ci spiega che l’assunzione di nicotina e cocaina, negli animali da esperimento, presenta una “memorizzazione” molto più alta rispetto ad altre combinazioni, come acqua e sale, acqua e nicotina, e acqua e cocaina. «Chiedete ai cocainomani quanti fumano e diranno tutti di sì» suggerisce Lugoboni.

 

IL FATTORE ECONOMICO E I DISTURBI. Un altro fattore importante nell’inizio delle dipendenze nei giovanissimi, cioè negli under 16, è la disponibilità economica. Il rischio principale, a quell’età, è l’assunzione di sigarette. È stato dimostrato (la ricerca è dell’Osservatorio Epidemiologico Tossicodipendenze di Bologna) che chi ha una disponibilità superiore ai 50 euro al mese ha il doppio di probabilità di usare droghe di chi ne ha a disposizione 10. Per le ragazze il rischio è slegato dalla disponibilità economica perché, come è facile immaginare, le sostanze vengono offerte. Il consumo di tabacco e di alcol hanno funzioni diverse: la sigaretta è considerata alla stregua di un ansiolitico, gli alcolici come veicolo per lo sballo. Il 14% di chi fa uso di queste sostanze ha disturbi del sonno, il 25% problemi di ansia. Quello che emerge dallo studio è che i ragazzi hanno poca, se non nessuna, coscienza della distinzione tra lecito e illecito. E che comunque hanno una certa paura delle dipendenze.

 

IL CONSIGLIO DI SMETTERE. Smettere di fumare non è per niente facile, soprattutto se, anche a livello medico, non è che il consiglio di smettere sia così frequente, o tantomeno incisivo. Basti pensare che il 32% dei fumatori afferma che il loro medico di base fuma e il 17% che il proprio dentista fuma. Ed è un problema che viene da lontano, se pensiamo che solo il 17% degli specializzandi medici ha ricevuto nozioni sul fumo di tabacco durante la formazione. Ma c’è un altro dato che ci fa riflettere: in una ricerca comparata tra vari paesi sul numero di fumatori che hanno ricevuto il consiglio di smettere nei setting sanitari, troviamo l’Italia abbastanza in fondo alla classifica, con un numero di 25 fumatori su 100. Contro gli 82,1 della Romania, il 76,6 dell’Uruguay e il 74,1 dell’Egitto, e abbondantemente dietro a paesi come Malesia, Filippine, Tailandia, Bangladesh e Vietnam, oltre a Russia e Cina.

Il farmaco più efficace per smettere di fumare oggi è la Citisina. Il problema è che non è attualmente in commercio se non in stati come Polonia, Bulgaria, Lettonia e Lituania, paesi dell’Unione Europea, e in alcuni stati extra UE, come la Serbia, la Russia e quasi tutte gli stati dell’ex Unione Sovietica. Il nome commerciale del prodotto è Tabex, in questi paesi, ed è estratto da una pianta presente anche in Italia: il maggiociondolo. «Perché non viene prodotto in Italia?»  chiede Lugoboni. «Perché devo registrarlo, e mi costa mezzo milione di euro. Ma può essere usato come preparato galenico, ossia preparato direttamente dal farmacista».

 

LEGALI E LETALI: GLI OPPIOIDI. Ma le sostanze più pericolose del momento sono gli oppioidi, sostanze usate come antidolorifici, che sono stanno creando una vera e propria epidemia negli Stati Uniti. La morte per overdose da oppioidi è stata la principale causa di morte accidentale negli States nel 2015: 15mila soggetti muoiono ogni anno per overdose da Painkiller, antidolorifici, e sono più del doppio di eroina e cocaina sommate. Avrete sicuramente sentito parlare delle morti di rockstar famosissime come Prince e Dolores O’Riordan dei Cranberries, dovute a overdose da oppioidi. E anche nel cocktail di 8 farmaci che ha causato la morte di Michael Jackson erano presenti sostanze di questo tipo. Il problema è che sono sostanze legali, e facili da trovare: in America i giovani ottengono gli antidolorifici dalle loro famiglie o da quelle di amici. E, in questo caso la correlazione è provata, i Painkiller sono diventati la principale porta d’accesso per l’eroina. Gli Stati Uniti sono passati da una cultura oppiofoba a una oppiofila. Molti giovani usano queste sostanze per i rave party. Tornando al discorso dal quale eravamo partiti, la Gateway Theory, c’era qualcuno che diceva “seminate cannabis, raccoglierete eroina”. Abbiamo visto che non è così. Con gli oppioidi però è diverso. Se i dipendenti da alcol e cannabis hanno il doppio e il triplo di probabilità di arrivare all’eroina, chi abusa di analgesici oppioidi rischia di diventare dipendente da eroina 40 volte di più di chi non lo fa.

 

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Dall’intervento di Lugoboni al seminario di Redattore Sociale “Solitudini”

LEGALI E LETALI: LE BENZODIAZEPINE. E poi ci sono le benzodiazepine, che rappresentano, a livello mondiale, il più macroscopico fenomeno di off label esistente. Per “off label” si intendono medicinali presi fuori prescrizione, tenuti in casa e usati sul tempo lungo. Si tratta di un fenomeno fatto di farmacisti compiacenti, falsificazione di ricette, shopping fatto da parte dei dottori e acquisti su internet. Dai pochi studi effettuati (il fenomeno è assurdamente trascurato dagli psichiatri) il 56% di chi ne fa uso lo fa in modo corretto; per contro c’è un 41% che ne fa uso a lungo termine (quindi un uso scorretto) e un  3% che ne fa un uso ad alto dosaggio. Questi dati che arrivano dalla Svizzera e da Taiwan, se applicati all’Italia, comporterebbero di trovarci di fronte a una platea di oltre 100.000 assuntori di alte dosi di benzodiazepine. Il Lorazepam è ancora oggi il farmaco più usato in Europa. Il 15-44% degli assuntori cronici mostra sintomi astinenziali moderati o gravi. La cosa importante è non sospendere mai bruscamente l’assunzione di queste sostanze in caso dipendenza. Il sintomo più grave, in caso di dipendenze, sono le crisi convulsive, che possono capitare nel 3% dei casi, e sono potenzialmente letali. In alcuni casi, per risolvere dipendenze da alte dosi di questi farmaci è consigliato il ricovero. «Il problema di questi farmaci è che sono prevalentemente in gocce, il che facilita l’assunzione» spiega Lugoboni. «Se prendete il Minias in compresse o in gocce il rischio di sviluppare dipendenza grave è 120 volte maggiore nel secondo caso. E il problema delle gocce è solo una cosa che riguarda Italia e Spagna, mentre si vendono molto poco nel resto del mondo». I problemi con le benzodiazepine persistono da 50 anni, ma sono stati ignorati dalla maggioranza dei medici pratici e dalla quasi totalità degli organismi di controllo.

 

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