DIRITTI DELL’INFANZIA. IN ITALIA ANCORA TROPPI OSTACOLI

Abbandono scolastico, pandemia, povertà educativa, spazi aggregativi. Se ne è parlato in un incontro di Arciragazzi e Poli Interculturali del Municipio Roma I

Sono trascorsi più di trent’anni da quando le Nazioni Unite decisero di mettere nero su bianco una Convenzione che ponesse al centro i temi dei diritti dell’infanzia, istituendo anche una Giornata mondiale, quella del 20 novembre, che ribadisse l’importanza di questo documento. Ma si sa, i diritti non sono conquiste di civiltà acquisite per sempre, ma vanno perennemente promossi, sollecitati e difesi da poteri o condizioni che rischiano di soffocarli. È il caso di due anni di pandemia e di una guerra scoppiata nell’est Europa, due fenomeni che hanno duramente privato di alcuni diritti fondamentali bambini e famiglie.

Per affrontare questi e altri temi legati ai diritti dei più piccoli, Arciragazzi, in collaborazione con i Poli Interculturali del Municipio Roma I, ha messo attorno a un tavolo istituzioni, associazioni ed esperti nei temi dell’infanzia, dialogando di “Sfide di oggi e prospettive di domani sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza”.

Con i bambini e Demopolis: tra abbandono scolastico e assenza di spazi

A tracciare la cornice del problema, sia a livello nazionale che locale, è Giulia Silvia Ghia assessore alle politiche giovanili del Municipio I Roma centro. «Tra i tanti rapporti a cui come amministratori prestiamo attenzione», dice l’assessore, «c’è quello diffuso dall’impresa sociale Con i bambini che insieme a Demopolis ha rilevato come nell’ultimo anno di Covid, oltre 80mila studenti non sono riusciti ad accumulare una frequenza necessaria per essere scrutinati, cioè sono stati bocciati per troppe assenze: una sorta di “città fantasma” – paragonabile per estensione a Como o a Brindisi – i cui numeri hanno gravato anche sul tasso di abbandono scolastico. Roma non è ancora una città a misura di bambini e ragazzi, ha pochi spazi dedicati alla loro crescita e al loro svago. È una città che negli ultimi anni ha investito più sulla conservazione dei beni storici e poco alla rigenerazione verso il futuro. Da questo divario è nato il patto di collaborazione Rete scuole aperte, che, mettendo insieme dirigenti scolastici, presidenti dei consigli di istituto e associazioni dei genitori, ha messo in atto un programma formativo di ore extra-curricolari in cui i ragazzi potessero entrare in contatto con le istituzioni culturali del territorio. Un piccolo passo per diminuire questo “gap” tra la nostra storia e il futuro dei più giovani».

Dalla pandemia e i diritti sospesi ai poli interculturali

diritti dell'infanzia
Il polo interculturale Amistad

Alle criticità di una scuola che non riesce sempre a dare risposte multi-dimensionali ai loro bisogni formativi, si è aggiunta pandemia da Covid che ha messo in ginocchio anche le condizioni psico-fisiche di molti bambini e adolescenti, di colpo catapultati in una realtà dove gli spazi di socializzazione che erano abituati a frequentare costituivano un pericolo di contagio. «È evidente che molti dei loro diritti sono stati sospesi», afferma Alessandra Di Nucci, psicologa presso il polo interculturale Amistad. «Dal diritto allo studio (il divario digitale ne è un esempio), il diritto all’ascolto, il diritto al confronto con i pari. In questi due anni abbiamo chiesto loro un sacrificio troppo grande rispetto alle loro possibilità, mentre noi adulti li etichettavamo come “irresponsabili”, e “untori”. Questi giudizi hanno ancora oggi effetti su di loro. Il paradosso è che nel tentativo di proteggere la loro salute, l’abbiamo compromessa. È uno dei motivi per cui a gennaio 2021, abbiamo inaugurato il polo interculturale Amistad, tentando di riportare i ragazzi – in piena sicurezza – all’interno di uno spazio di relazione fisica. Abbiamo sfruttato il quartiere con i suoi parchi, musei, installazioni e mostre, per tirarli fuori dalla dimensione online in cui erano stati costretti a traslocare».

Il centro Amistad, con sede operativa nel quartiere Trastevere, è solo uno dei tre poli interculturali nati in questi anni a Roma, insieme al Chicco di Riso, attivo nel quartiere Prati, e al centro San Gregorio al Celio. Questi spazi nati per preservare le relazioni tra bambini e famiglie di culture diverse, hanno accolto 300 minori dai 4 ai 16 anni provenienti da 37 paesi di 5 continenti. Tante le attività formative e ricreative messe in campo tra cui spiccano le 502 ore dedicate all’intermediazioni culturale e le 110 ore dedicate al sostegno psicologico dei ragazzi.

In Italia ancora troppi ostacoli

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Il polo interculturale Centro San Gregorio al Celio

La strada per una piena applicazione dei diritti della Convenzione Onu del 1989 è ancora lunga, soprattutto quando si ha il coraggio di abbandonare la solita e vecchia retorica. Lo sa bene il gruppo di lavoro che annualmente monitora la corretta applicazione della Convezione in Italia e della conseguente legge 176 del 27 maggio 1991 con cui il documento internazionale è stato recepito dal nostro Paese. Il 12esimo rapporto del CRC (Convention on the Rights of the Child) evidenzia i tanti ostacoli che l’Italia deve superare in tema di diritti dell’infanzia. Da 1.382.000 di minorenni che vivono in povertà assoluta a quell’81,9% di popolazione che abita zone con inquinamento ambientale superiore ai valori considerati sicuri. E poi c’è il tema della raccolta dei dati che riguardano il maltrattamento o abuso dei minori o di quelli fuori famiglia. «È inconcepibile come il nostro Paese non si sia ancora dotato in modo omogeneo del S.In.Ba e cioè il Sistema informativo sulla cura e protezione dei bambini e delle loro famiglie», spiega Juri Pertichini, del gruppo CRC, «a cui si aggiunge l’assenza di un sistema informativo nazionale per la salute mentale delle persone di minore età, a fronte di una sempre più crescente manifestazione di psico-patologie acute negli adolescenti».

L’ascolto, uno dei diritti meno applicati

Quello dell’ascolto è uno dei diritti meno applicato della Convezione, ecco perché l’associazione ADHD Lazio ODV, insieme al regista Mirko Orsini, ha voluto dar voce a quei bambini che più di altri si sentono emarginati e stigmatizzati a causa dei loro disturbi neurologici. «I ragazzi affetti da ADHD», spiega il regista, «hanno difficoltà affettive, relazionali, non hanno pieno controllo dei loro impulsi. Durante la pandemia è stata data poca voce a loro e alle loro famiglie, ecco perché, in piena zona arancione, abbiamo deciso di girare Eroi (vincitore della sezione Open Frontiers Young del Festival di Ventotene, ndr), un cortometraggio che ha provato a raccontare la loro quotidianità durante il lockdown. In una cultura che basa tutto sul “funzionamento” e sull’efficacia di ciascun essere umano, abbiamo voluto mostrare come anche questi giovani, a loro modo, “funzionano” a patto che vengano messi nelle condizioni di poterlo fare e di essere ascoltati».

Nessuna bambina o bambino sceglie se nascere al centro di Roma o in periferia, ma è compito delle istituzioni e della società civile creare contesti tali da garantire un futuro a tutti i ragazzi. Tra le diverse strade che potrebbero farci recuperare terreno in materia di diritti dell’infanzia c’è il modello dei poli interculturali, un esempio di coraggio e passione per rendere l’intercultura valore fondativo di tutti, italiani e stranieri. L’ottica resta sempre quella della rete, della tanto auspicata – ma ancora poco praticata – comunità educante.

Immagine di copertina: centro San Gregorio al Celio

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