DISABILITÀ RIETI ODV, PERCHÈ I DISABILI ADULTI NON SIANO FANTASMI

L'associazione Disabilità Rieti è nata per rivendicare il diritto delle persone con disabilità ad avere terapie e supporto anche quando crescono

I giovani disabili adulti in età post scuola dell’obbligo diventano dei veri e propri fantasmi per la società. Sembra che, finita la scuola, i loro problemi non esistano più, che non debbano essere seguiti, aiutati ad avere una loro vita. Così scompaiono, fino a che diventano anziani. Per farsi carico delle loro esigenze è nata Disabilità Rieti Odv, una nuova realtà che da ora in poi si occuperà dei giovani disabili adulti in età post scuola dell’obbligo. La nuova realtà si occuperà di trenta famiglie. Si tratta famiglie stanche, ossessionate dalla paura che i loro amati figli possano restare un giorno soli e senza copertura sociosanitaria, assistenziale e istituzionale per mancanza di risorse economiche a copertura autonoma.

Nessuno ti dà un percorso da seguire

Disabilità Rieti odv nasce dall’esperienza ventennale dell’attuale presidente, la professoressa Cristiana Marconcini, madre di un giovane ventenne con la sindrome di Down. che da anni si batte per la realizzazione di progetti ma soprattutto per l’attuazione di leggi esistenti dello Stato che in molti casi poi a livello regionale e comunale non vengono rispettate.

«Ho un ragazzo con sindrome dai Down» ci ha raccontato. «I primi anni sono stati molto complicati e molto difficili.  Nessuno ti spiega niente e nessuno ti dà un percorso da seguire. Ci sono solo i medici che ti dicono “suo figlio è affetto da un’aberrazione cromosomica” e ti trovi davanti a una montagna che non sai neanche da dove iniziare a scalare. Parli con le persone, parli coi medici, parli con gli amici. Il grande aiuto me lo ha dato il gruppo di auto mutuo aiuto Raggio di sole, di Rieti. Grazie a loro ho fatto un percorso di consapevolezza, di accettazione».

E così ha cominciato a battersi per l’attuazione sacrosanta di leggi che esistono. «Essendo più serena io, con l’autodeterminazione, con il tempo mi sono informata sulle leggi, e ho fatto varie battaglie», racconta Cristiana Marconcini. «Sono riuscita a acquisire una grande consapevolezza sulla sindrome di mio figlio, a capire i limiti, le modalità e i percorsi che devo attuare per lui». La naturale conseguenza di queste scelte è stata quella di entrare nel mondo del sociale. «Credo che quello che tu hai avuto in qualche modo lo devi ridare alla società» riflette.

Anni di battaglie

In questi anni Cristiana Marconcini ha dato il via a numerose battaglie. «La prima è stata quella per l’accreditamento dei Ria h, il centro di riabilitazione e fisioterapia di Rieti» ci racconta. «Quando sono arrivata a Rieti non c’era un centro accreditato, era tutto privato. Io venivo da una realtà complessa come Napoli, dove c’erano i centri accreditati e dei percorsi già formati. A sei mesi mio figlio era andato a fare fisioterapia, a tre anni logopedia. Il Ria h, che da anni agiva come privato, dopo sei mesi di battaglie è stato accreditato come centro pubblico. È stata una pietra miliare in tutta la riabilitazione a Rieti: finalmente c’era l’accesso gratuito alle cure. Che era già garantito dalla Costituzione. Ma qui a Rieti a volte la Costituzione la dimenticano».

#noesonero«La seconda grande battaglia è stata l’accreditamento della Cooperativa Nemo», continua. «Perché, nel frattempo, mio figlio cresceva. E a Rieti quando si esce dalle scuole superiori si entra nel dimenticatoio. I ragazzi con disabilità da adulti diventano fantasmi, arrivati a 18 anni scompaiono, è come se le disabilità non esistessero più. La Legge 134-2015 garantisce la riabilitazione con le più moderne terapie e con i percorsi più accreditati, anche sperimentali, ai ragazzi con disabilità, sia autistici che con altre disabilità, fino a fine vita. È la legge migliore in Europa. La Cooperativa Nemo è stata accreditata, con 8 posti. E quindi c’è un andirivieni: stai nella struttura due mesi, poi stai un mese a casa. La cura non è comunque garantita, non è garantita la continuità delle cure».

Le direttive della Regione Lazio

Insomma, le leggi ci sono, e sono nate per tutelare le famiglie, per sollevarle dalla ricerca e dall’esborso economico di soluzioni semiresidenziali e residenziali sociosanitarie all’altezza delle patologie dei propri figli.  Perché possano usufruire di centri socio-ludico-ricreativi che non siano solo dei veri e propri parcheggi diurni per disabili. «A Rieti l’Asl non si muove a fare un centro semiresidenziale» continua Marconcini. «La Regione Lazio ha emesso le nuove direttive in cui condanna le parcellizzazioni degli interventi di riabilitazione. Ma al tempo stesso non si decide a smuovere questi capoluoghi di provincia a risolvere queste situazioni. A Rieti a settembre c’è stato un bando per la realizzazione di un centro polivalente, ma è solo un finanziamento di due anni per otto posti».

A Rieti i luoghi idonei ci sarebbero. «Ci sono dei padiglioni dell’ex manicomio che potrebbero essere ristrutturati e messi a disposizione di un centro semiresidenziale».  «Per smuovere le acque bisognerà agire in maniera legale» spiega la presidente di Disabilità Rieti Odv. «Nei prossimi mesi incominceremo a fare delle diffide alla Asl, e a tutte le figure competenti perché non viene messo in atto un centro semiresidenziale. È inutile che ci propongano le solite cose: di rivolgerci alla Nemo o mandare i ragazzi fuori regione».

Se perdi uno o due anni perdi tutto

Cristiana Marconcini sa bene che cosa voglia dire non dare continuità alle terapie necessarie per questi ragazzi.

«Mio figlio Michele ha 21 anni, è uscito dalla scuola lo scorso anno ed è già in regressione nella comunicazione verbale» ci spiega. «A volte balbetta quando parla, cosa che prima non faceva. E poi gli manca la socializzazione. Il Covid ha dato il colpo di grazia a questa situazione». Racconta la presidente di Disabilità Rieti che  nella città «ragazzi Down come mio figlio che leggono, scrivono, parlano, sono pochissimi: ci sono ragazzi Down  di 30 anni che non parlano, non leggono, non scrivono. Perché ci devi lavorare. E su mio figlio non ci ho lavorato io, ci ha lavorato lo Stato. Perché io ho voluto fortemente che facesse terapia, fisioterapia, logopedia. Se fosse stato per quello che c’era intorno a lui a dieci anni avrebbe finito. Ma se con ragazzi di questo tipo perdi uno o due anni perdi tutto».

Fare rete sul territorio

Disabilità Rieti si sta avvicinando ad altre realtà e sta iniziando a fare rete. «Mi hanno avvicinato altre associazioni del territorio che vogliono attivare una serie di attività» racconta Marconcini. «Un’associazione vorrebbe fare un giorno a settimana un laboratorio artigianale, lavorare sul legno e sulla pittura su stoffa, e poi di cucina, insegnando ai ragazzi a fare i biscotti. Mi ha contattato anche la Ferrero, per invitare i ragazzi a passare una giornata nella loro fabbrica, per imparare come si fa il cioccolato».

Quella di Disabilità Rieti è una storia che vogliamo continuare a raccontarvi. Vogliamo raccontarvi le prossime battaglie e le prossime vittorie guadagnate sul campo. Vittorie che dovrebbero chiamarsi più semplicemente diritti.

 

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