ROMA: A PALAZZO SELAM UNA CITTÀ INVISIBILE. MA VIVA

Presentato il report sulla situazione di Palazzo Selam, redatto da Cittadini del Mondo. Senza casa, salute, lavoro non c'è integrazione

Roma. A Palazzo Selam – in via Cavaglieri, a ridosso della Romanina – c’è la più grande occupazione abitativa di titolari di protezione internazionale della Capitale. Nato come una delle sedi dell’università Tor Vergata, nel 2006 la giunta Veltroni lo mette provvisoriamente a disposizione di 250 migranti precedentemente sfollati. Da allora il numero dei rifugiati che vivono nel palazzo è cresciuto, nonostante l’occupazione di Selam nel 2007 sia divenuta illegale. La struttura di nove piani ospita per lo più rifugiati provenienti dal Corno d’Africa (Etiopia, Somalia, Eritrea e Sudan), che da 12 anni vivono in condizioni igienico sanitarie precarie. Secondo le stime dell’associazione Cittadini del mondo – presente all’interno di Selam con uno sportello sanitario e sociale – attualmente vi sono un wc ogni 19 persone e una doccia ogni 33. La struttura attualmente ospita dalle 700 alle 800 persone, con periodi di affluenza che possono arrivare anche a 1200, numero dovuto soprattutto ai transitanti, ovvero quei migranti che non risiedono stabilmente a Selam.

Questi i primi dati che emergono dal secondo report Palazzo Selam. La città invisibilepresentato il 20 giugno al VII Municipio.

Da 12 anni ogni giovedì dalle 19:00 alle 22:00, l’associazione Cittadini del mondo, si occupa di assistenza e orientamento sanitario con l’obiettivo di intercettare gli utenti che non riescono ad accedere ai servizi sanitari. Al 90% degli abitanti di Selam è stata riconosciuta la protezione umanitaria o internazionale e possono dunque accedere al servizio sanitario nazionale al pari di un cittadino italiano. Questioni burocratiche, quali possedere un indirizzo di residenza anagrafica e regolarità del permesso di soggiorno, risultano insormontabili per le persone che risiedono a Selam, che spesso hanno difficoltà ad esprimersi in Italiano. Per questo l’associazione ha avviato, insieme allo sportello sanitario, anche uno sportello sociale con mediatori culturali per sostenere i migranti nell’accesso ai servizi.

 

Palazzo Selam
Un momento della presentazione del rapporto “Palazzo Selam. La città invisibile”.

LA SALUTE E IL LAVORO. «Dal 2013 a febbraio 2018», si legge all’interno del report, «558 utenti si sono rivolti almeno una volta allo sportello sociale, chiedendo supporto agli operatori per problematiche relative ai documenti e all’accesso dei servizi territoriali.» Di questi il 90% è titolare di protezione umanitaria e internazionale e il 67% vive in Italia da più di 5 anni. Oltre il 40% ha chiesto informazioni su residenza e iscrizione al Sistema Sanitario Regionale e ciò evidenza come la politica d’accoglienza in Italia sia fortemente carente.

Dai dati raccolti emerge anche un grave problema nel cercare e lavoro: il 76% degli abitanti sono disoccupati o inoccupati; l’8% sono occupati senza contratto e il restanTe 16% è occupato con contratto, il che spesso e significa che hanno un contratto a chiamata e ciò non assicura loro uno stipendio regolare a fine mese.

 

LA SOLITUDINE. La maggior parte degli abitanti proviene dall’Eritrea (55%) il 20% dalla Somalia, il 15% dall’Etiopia e il 9% dal Sudan. Le donne sono in minoranza (26%) sul totale degli occupanti e la fascia d’età più rappresentativa all’interno del palazzo è quella che va dai 30 ai 50 anni.

È emerso anche che il 30% degli utenti accolti ha cercato di trovare accoglienza in altri paesi, ma è stato rimandato indietro per via del trattato di Dublino che prevede la permanenza dei rifugiati nel primo stato europeo d’accoglienza. Questo significa ricongiungimenti famigliari impossibili e persone sole, o isolate, che rischiano di sviluppare disagi sociali che si ripercuotono anche sulla salute psico-fisica.

 

Palazzo Selam
Il problema del lavoro, per gli abitanti del palazzo Selam, si affianca a quello della salute.

UNA STRUTTURA FATISCENTE. «In un periodo come questo bisogna di nuovo ricordare le notizie che riguardano Palazzo Selam e le sue condizioni che continuano ad essere vergognose», esordisce Donatella D’Angelo, presidente dell’associazione Cittadini del mondo. «la struttura è fatiscente, vi sono continui crolli, l’acqua non è potabile.»

L’associazione Cittadini del mondo nasce nel 2002 e operava all’epoca all’interno di uno dei tanti palazzi occupati della zona. «Noi che ci occupavamo della parte sanitaria», continua D’Angelo, «abbiamo capito ben presto che molti dei rifugiati non avevano compreso bene come funzionasse il sistema sanitario nazionale e ci siamo resi conto di quanti, con la legge Bossi-Fini, non avessero accesso alle cure mediche poiché messi fuori dalla regolarità. Per questo motivo iniziammo un’attività all’interno della Asl e fino al 2010 abbiamo fatto un ambulatorio dedicato agli stranieri presenti nel territorio.»

Nel 2006 l’associazione entra a Palazzo Selam. La dottoressa D’Angelo venne chiamata per un urgenza a Selam e da allora, viste le condizioni critiche, iniziarono le visite settimanali ai rifugiati che ancora oggi perdurano.

 

LO SPORTELLO SANITARIO. Dal 2013 a febbraio 2018 sono state 341 le persone che si sono rivolte allo sportello sanitario dell’associazione per problemi relativi alla salute. La maggior parte di loro, l’84%, ha fatto il suo primo accesso attraverso lo sportello e solo successivamente è potuto accedere all’ambulatorio di medicina generale, poiché le questioni burocratiche insieme alla scarsa conoscenza del sistema di funzionamento dei servizi, precludono agli abitanti di Selam il diritto alla salute.

Palazzo Selam
Cittadini del Mondo lavora per l’integrazione anche attraverso la sua Biblioteca Interculturale e i corsi di italiano.

Le problematiche sanitarie sono estremamente eterogenee: la maggior parte (14%) riguarda l’apparato muscolo-scheletrico, che rappresentano per i lavoratori un problema invalidante. Ci sono poi le malattie infettive e parassitarie (12%) quali scabbia e patologie dermatologiche da funghi, dovute alle precarie condizioni igieniche della struttura. Seguono le malattie gastroenterologiche (8%) quelle del sistema respiratorio (7%) quelle endocrine, nutrizionali e metaboliche (4%). Un 10% degli ospiti accusa segni e sintomi non definite.

 

NO AI GHETTI. I dati su Palazzo Selam raccolti dall’associazione dicono chiaramente che il sistema d’accoglienza italiano non funziona adeguatamente. Mancano gli strumenti per far sì che i rifugiati, una volta accolti, possano integrarsi nel tessuto sociale e questo  ha creato e continua a creare ghetti e situazioni di emarginazione non più tollerabili.

 

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