DISABILITÀ, TOBIA: SUPERARE LE BARRIERE NELL’ACCESSO ALLE CURE

Con l'adozione delle linee d’indirizzo sui percorsi assistenziali delle persone con disabilità, il servizio Tobia sarà implementato in tutto il Lazio. FISH Lazio: «Un passo avanti per il diritto alla salute delle persone che hanno bisogno di sostegni intensivi»

L’hanno chiamato Tobia perché un nome così simpatico richiama qualcosa di familiare e di prossimo, che tenga in qualche modo compagnia nei momenti difficili. E significa, in sostanza, che nessuno da qui in avanti dovrà sentirsi più solo. Tobia è l’acronimo di Team Operativo Bisogni Individuali Assistenziali e, grazie all’adozione delle linee d’indirizzo regionali per l’organizzazione dei percorsi assistenziali rivolti alle persone con disabilità complessa e/o cognitivo-relazionale, questo strumento è stato implementato in tutte le aziende ospedaliere del Lazio, nei presidi, nei policlinici universitari e negli istituti di ricovero e cura. In ogni luogo dovrà quindi essere replicata l’esperienza che, da tre anni, portano avanti con successo al San Camillo-Forlanini, prevedendo un’equipe socio-sanitaria multiprofessionale (e multispecialistica) che dovrà fare da raccordo tra la persona con disabilità, la famiglia, la medicina territoriale e i servizi specialistici; in questo modo, il paziente sarà preso in carica a 360 gradi, dalla diagnostica agli aspetti clinici-assistenziali. 

Percorsi facilitati

Sulla base delle norme in vigore, nei pronto soccorso sarà consentita la presenza e la collaborazione di un caregiver che conosce la persona (spesso non collaborante), anche per offrire modalità di comunicazione specifiche, e la necessaria disponibilità di ausili e presidi sulla base delle diversificate esigenze individuali. Ogni struttura dovrà predisporre quindi un’accoglienza adeguata e procedure di accesso semplici per le persone con disabilità complessa come quella cognitivo-relazionale. Qualora sia necessario un regime di ricovero, la persona dovrà essere assistita da uno staff medico-infermieristico opportunamente formato e dovrà essere ospitata insieme al familiare/caregiver di riferimento. Questo progetto – esteso a tutto il territorio laziale – è nato una volta appurata la difficoltà, per le persone con un certo tipo di disabilità, di collaborare durante esami come una risonanza magnetica, un’endoscopia gastrica, una rettoscopia, un elettrocardiogramma o un prelievo del sangue. Per i pazienti normodotati sono visite nella maggior parte dei casi semplici da gestire, ma non si può dire altrettanto per i pazienti che necessitano di un sostegno; creare un “percorso facilitato”, prendendoli in carica e passando prima da un triage telefonico e poi dall’accompagnamento del personale specializzato, può dunque garantire pari opportunità e una gestione decisamente più serena degli interventi. Tra le raccomandazioni c’è, ad esempio, quella di ricorrere ai “day hospital” per concentrare le visite in poche ore senza dover tornare in ospedale più volte, oltre che elaborare un progetto condiviso con le associazioni e con le famiglie dei pazienti per agevolare il lavoro degli staff. La valorizzazione e l’ampliamento di Tobia, secondo gli esperti, ha il merito di superare barriere di diverso tipo e rendere possibile l’accesso al servizio sanitario regionale a persone che, fin qui, ne erano praticamente escluse. “Si possono superare in questo modo gravi disuguaglianze. Ci troviamo davanti a un provvedimento importante su cui sarà necessario garantire l’impegno per l’attuazione in tempi rapidi delle linee guida affinché le persone ne possano beneficiare” spiegano in una nota la Cgil e la Spi Ggil di Roma e del Lazio.

Il contributo delle associazioni rappresentative delle persone con disabilità 

tobia
Per mancanza di strumenti e di “corridoi dedicati” molto spesso le persone con disabilità rinunciavano alla diagnosi, limitandosi alle cure sintomatiche

È soprattutto una partita che ha giocato (e vinto) la Federazione Italiana Superamento Handicap (FISH) del Lazio che, già a giugno 2022 nel convegno Disabilità in movimento, proponeva a gran voce l’adozione di nuove disposizioni per l’istituzione e la promozione di un percorso a elevata integrazione socio-sanitaria in favore di persone con disabilità. Il presidente della FISH Lazio, Daniele Stavolo, ha infatti ricordato come l’appropriatezza della cura definisca in qualche modo “il risultato dell’intervento”. E così, dopo aver sollecitato a lungo le amministrazioni regionali per realizzare percorsi finalmente inclusivi, si è arrivati «al provvedimento che rappresenta un passo in avanti fondamentale per il diritto alla Salute delle persone che hanno necessità di sostegni intensivi, ponendo particolare attenzione alle modalità con cui l’ospedale e lo specialista interagisce nel prestare la cura, creando un contesto favorevole in ambiti notoriamente strutturati e rigidi come quelli sanitari». Il prossimo passo sarà formare gli operatori che andranno a costituire il team operativo nelle diverse aziende ospedaliere «e un contributo decisivo per questo aspetto potrà essere offerto dalle associazioni rappresentative delle persone con disabilità come la stessa determinazione prevede» ha aggiunto Stavolo. Il primo appuntamento con la formazione si è già svolto, lunedì 6 marzo presso l’aula magna dell’ospedale San Camillo, mentre il 13 e il 20 marzo ne sono stati programmati altri due. A tenerli sono gli attuali specialisti del Servizio TOBIA-DAMA (Disabled Advanced Medical Assistance), la cui esperienza sul campo può in qualche modo tracciare una via e creare un protocollo mutuabile ovunque. Stefano Capparucci, responsabile del Tobia del San Camillo-Forlanini (al quale si sono rivolte oltre 800 persone in 3 anni), ha ricordato che «quando il progetto fu istituito con Delibera aziendale, non pensavo certo che avrebbe raggiunto questi risultati». I medici hanno intercettato  «un bisogno davvero grande di persone che non riuscivano ad accedere al servizio sanitario regionale e ne pagavano grandi spese in termini di salute». Per mancanza di strumenti e di “corridoi dedicati” molto spesso le persone con disabilità rinunciavano alla diagnosi, limitandosi alle cure sintomatiche. La pandemia, con i conseguenti ritardi nell’accesso alle cure, ha peggiorato ulteriormente il quadro, rendendo il monito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità una vera urgenza: il Rapporto globale sull’equità sanitaria per le persone con disabilità’ dell’OMS (dicembre 2022) spiega come le persone con una grave disabilità vedano la propria aspettativa di vita ridursi fino a vent’anni in meno a causa delle disuguaglianze sanitarie che sono sistemiche e persistenti. Offrire a chi si trova in una condizione di grande fragilità le prestazioni di un DEA di 2° livello, che può comprendere una o più unità operative specialistiche, diventa una scelta di civiltà non più rinviabile. Il Lazio fa un passo in avanti grazie a Tobia, che diventa l’amico della porta accanto. L’auspicio di molti resta però ancora da compiere definitivamente: che la gestione regionale del settore non continui a essere l’alibi perfetto per avere un sistema sanitario che corre a 20 velocità diverse.

 

DISABILITÀ, TOBIA: SUPERARE LE BARRIERE NELL’ACCESSO ALLE CURE

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