È IL TEMPO DELLE BANCHE DEL TEMPO. RILANCIAMOLE!

A Roma le Banche del Tempo sono passate da 23 a 12 e soffrono il mancato sostegno da parte delle istituzioni. Eppure servono, per un welfare di Comunità

di Lucia Aversano

Il prossimo anno le Banche del tempo di Roma festeggeranno 25 anni di vita e, mai come oggi, i nostri territori hanno bisogno di questa esperienza, nata in Inghilterra a metà degli anni ’80, per costruire un welfare di comunità.

Le Banche del Tempo, sono banche dove i correntisti anziché depositare i loro soldi depositano il loro tempo, e dove le transazioni sono caratterizzate dalla circolazione del tempo al posto del denaro, generando in questo modo  un’economia alternativa (questo è il sito dell’associazione nazionale delle BdT). Un’esperienza che a Roma ha avuto un’evoluzione tutt’altro che scontata.

La sfida in una metropoli

Le prime Banche del Tempo in Italia si sviluppano nelle provincie, soprattutto quelle del Nord: l’essere costituita da centri di dimensioni contenute, dove la vita è meno caotica ed è più facile conoscersi e fidarsi, rappresentava un terreno adatto allo sviluppo di tale esperienza. Inaugurare una Banca del Tempo a Roma rappresentava una scommessa che è stata vinta in breve tempo, visto che a tre anni dalla prima Banca inaugurata nel 1996, le BdT di Roma erano diventate 23. Ciò ha dimostrato che, sebbene la periferia metropolitana sia da sempre sinonimo di anomia sociale, Roma era pronta ad accogliere quest’esperienza.

 

La copertina del libro della Banca del Tempo Associazione Articolo Nove

Lo scorso 29 settembre, la Banca del Tempo Associazione Articolo Nove ha presentato un libro dal titolo “Nel corso del tempo. Le donne della banca del tempo” in cui ha raccolto le testimonianze e le esperienze di questi 20 anni. All’interno della pubblicazione sono stati riportati, tra l’altro, anche alcuni dati riguardanti i correntisti che si sono avvicendati presso la Banca del Tempo di Testaccio. I dati mostrano innanzitutto come la presenza femminile sia stata sempre preponderante in questi anni e di come la tenacia di queste donne abbia saputo affrontare anche i momenti più difficili, quando è venuto meno il sostegno delle istituzioni e molte attività sono state portate avanti nonostante tutto.

La presenza maschile, è passata dal 25% degli inizi all’8% di oggi. Anche i giovani sono progressivamente scomparsi dai radar della BdT: se agli inizi gli under 30 componevano il 25% dei correntisti, adesso questa fascia d’età è completamente sparita, e solo il 7% degli utenti rientra nella fascia d’età tra i 30 e i 40 anni. Di pari passo con l’età, è andato crescendo anche il livello d’istruzione: se prima coloro che avevano conseguito una laurea, o un diploma di laurea erano il 27%, adesso le laureate sono oltre la metà, ben il 52%. Tra i dati sui correntisti c’è anche quello relativo alle condizioni economiche. Quello che emerge, leggendo i numeri relativi all’occupazione degli utenti, è che casalinghe e studenti non ci sono quasi più (oggi i numeri di casalinghe e studenti si fermano rispettivamente all’1% e al 2%). Aumentano le pensionate che passano dal 18% degli inizi al 56% di oggi, e i non occupati che sono il 10% in più rispetto a ieri.

Le Banche del Tempo abbandonate

Negli ultimi anni però questo progetto è stato lasciato al palo dalle istituzioni e ha perso la sua forza. Maria Luisa Petrucci, ex presidente dell’Associazione Nazionale Banche del Tempo, contesta con veemenza l’assenza di sostegno da parte dell’amministrazione «questo progetto non è stato più seguito dalle istituzioni, e quando i progetti non vengono più seguiti perdono il loro significato, nonostante le numerose belle esperienze nei quartieri».

 

banche del tempo
La presentazione del volume

Questo ha provocato la progressiva chiusura delle Banche romane, che hanno lasciato un vuoto per numerosi cittadini: «oggi le Banche del Tempo a Roma sono circa 12, tutti i cittadini che sono stati privati della loro Banca ci contattano e ci chiedono del perché siano state chiuse. I valori che noi rappresentiamo sono fondamentali per la tenuta del tessuto sociale, siamo stati antesignani di una società diversa, di un’economia solidale e circolare, e le amministrazioni lungimiranti dovrebbero sostenerci perché, attraverso le attività svolte, contribuiamo a connettere le persone, a farle conoscere e a costruire i territori; in altre parole manteniamo un livello di felicità e superamento dei contrasti che difficilmente si trova altrove, e tutto a costo 0».

Tuttavia, l’abbandono da parte delle istituzioni non ha fermato le attività portate avanti dalle Banche del Tempo, segno di una volontà di non abbandono del territorio.

Per il welfare di comunità

«È necessario rilanciare le Banche del Tempo», sostiene Francesca Danese, portavoce del Forum Terzo Settore Lazio, «perché da troppo tempo non si parla più del tempo di vita, del tempo di lavoro e di conciliazione.» Secondo la portavoce, le Banche del Tempo rappresentano un luogo di relazione e di condivisione imprescindibile per la città. «Se si pensa, ad esempio, alla demografia di Roma, dove alcuni Municipi hanno un tasso di invecchiamento altissimo, le Banche del Tempo svolgono una funzione fondamentale nella costruzione di un welfare di comunità vero e autentico. Non tutte le donne hanno la fortuna di avere qualcuno che può sostituirsi al welfare di comunità e molte donne, spesso già avanti con gli anni hanno una persona anziana da assistere. Oggi più che mai è indispensabile rendere attuale un’idea di comunità forte, un modello di città che guarda al futuro, ed è tempo di rimettere a pieno regime queste esperienze coinvolgendo anche le nuove generazioni».

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