FOOTBALL3: L’ALTRO LATO DEL CALCIO, A PIETRALATA

L’evento Football for Unity ha visto circa cento ragazze e ragazzi dagli 11 ai 25 anni scendere insieme in campo. Giocando un calcio inclusivo

di Maurizio Ermisino

C’è una miriade di colori, al Centro Sportivo Fulvio Bernardini a Pietralata, Roma. Ma non sono quelli delle nazionali impegnate nei campionati europei di calcio in corso in questi giorni. E non sono neanche quelli, fin troppo divisivi, delle nostre famose squadre di club. È un sabato pomeriggio caldissimo, quello del 19 giugno, e a Pietralata sta andando in scena una giornata molto particolare. Stiamo parlando dell’evento Football for Unity, durante il quale circa cento ragazze e ragazzi dagli 11 ai 25 anni, appartenenti alla comunità italiana e a quelle straniere, sono scesi insieme in campo per un torneo di Football3, un modo di giocare a calcio molto particolare.

L’evento è stato organizzato grazie a Uefa Foundation for Children e StreetFootballWorld, e co-finanziato dalla Commissione Europea. Liberi Nantes, realtà che da 13 anni lavora sullo sport come inclusione, è stato il partner italiano del progetto, insieme ad un ampio partenariato locale. Il Presidente di Liberi Nantes, Alberto Urbinati, ci aveva illustrato più di un mese fa la nascita di questo progetto (ne abbiamo parlato qui). E sabato scorso lo abbiamo visto visibilmente soddisfatto.

Football3Alla fine vincono tutti

Tanti colori, dicevamo, ma prima di tutto un colore unico. Tutti i ragazzi indossano le magliette verde acceso di Football For Unity. Sopra, per dividerli in squadre diverse, hanno i “fratini”, le pettorine di colore diverso, gialle, rosse e blu. L’atmosfera è festosa. Non c’è alcuna pressione. In campo, i ragazzi sono divisi in 12 squadre, che giocano su sei campi. Poi le squadre cambiano campo e giocano un’altra sfida. E alla fine vincono tutti.

Possono giocare tutti, e tutti insieme: i ragazzi e le ragazze, gli sportivi e quelli meno abituati a giocare, ma che vogliono divertirsi. Sugli spalti un deejay mette musica da festa, e sono sedute le tifoserie più belle, e pacifiche, che ci possano essere: le famiglie, i ragazzi, le associazioni. Il Football3 combina fair play, uguaglianza e gioco di squadra con confronto e riflessione, in modo da attivare processi di inclusione, crescita personale e sviluppo delle relazioni tra i più giovani. L’idea, e la speranza, è che questi processi, attivati attraverso il gioco, vengano poi portati anche nella vita di tutti i giorni. La data del 19 giugno è stata scelta, in collaborazione con UNHCR, per aprire simbolicamente le celebrazioni per la Giornata Mondiale del Rifugiato che ricorreva il giorno successivo, il 20 giugno.

Una rete dei più piccoli vale doppio

Durante il pomeriggio di sabato siamo stati in mezzo al campo, a parlare con gli animatori, ad ascoltarli mentre stavano aiutando i ragazzi a organizzare le partite, e con i ragazzi stessi. Gli animatori sono presenti perché nel Football3, come dice il nome, una partita è composta da tre tempi. Nel primo tempo i ragazzi si organizzano, e decidono le regole della partita che andranno a giocare. Il secondo tempo è la partita vera e propria. Nel terzo tempo ci si riunisce, e si discute della gara appena giocata, per poi assegnare i punteggi.

Qualche esempio delle regole che possono essere stabilite nel primo tempo di una partita di Football3: chi segna esulta, e l’altra squadra può esultare insieme alla prima, magari copiandone l’esultanza. Una rete segnata dai ragazzi più piccoli, che giocano insieme ai più grandi, può valere doppio. Così come può valere di più la rete di chi non ha mai giocato a calcio prima di questa partita. Ma le regole che si stabiliscono, in ogni caso, vanno nella direzione del fair play, dell’inclusione, dell’uguaglianza di genere. A proposito di fair play, abbiamo visto una squadra congratularsi con l’altra per avere ammesso che un gol da loro segnato non c’era, e dare quindi alla squadra così corretta un bel punteggio in fatto di fair play.

Un ambiente pedagogico e funzionale al dialogo

Quello dell’animatore è un ruolo delicato, importante. A volte un animatore deve essere più presente, a volte non serve che si faccia sentire molto. Deve, questo sì, essere preparato a dovere. «Abbiamo fatto una formazione on line, poi seguita da un’altra fase grazie a un’app. E poi abbiamo fatto una simulazione a Roma con il Liceo Newton», ci ha raccontato Aris, uno degli animatori. «Bisogna far capire ai ragazzi che non stanno giocando una partita di calcio, ma una partita di Footaball3. E quindi creare prima un ambiente che sia pedagogico e funzionale al dialogo. E poi far capire loro quali siano i temi principali, come la correttezza e l’eguaglianza di genere. E cercare una mediazione tra i ragazzi più grandi e quelli più piccoli. Quello del mediatore è un ruolo maieutico, bisognerebbe intervenire il meno possibile. Ci sono gruppi di ragazzi che lavorano molto bene, che propongono subito delle regole, altri che vanno stimolati di più».

«Devi considerare la fascia d’età che hai» ci spiega Francesco, un altro degli animatori che abbiamo conosciuto. «Oggi ho giocato con bambini dai sette ai dieci anni e ho tenuto conto di questo nell’organizzare la partita». Francesco ci spiega come vengono scelte le regole. «Devi favorire il tema principale di questo gioco, che è il fair play, con regole divertenti ma che, in qualche modo, cerchino di premiare sempre anche la squadra avversaria, magari il gesto tecnico di un giocatore dell’altra squadra», racconta il mediatore. «Tra le regole che ci siamo dati in una delle partite di oggi c’era quella di dare il “cinque” ai giocatori dell’altra squadra quando facevano gol. Per favorire l’ingresso di tutti i componenti, abbiamo pensato di far girare tutti i giocatori, a tempo, e di farli alternare nel ruolo del portiere».

Football3Ragazze e ragazzi sullo stesso campo

Una delle cose belle del Football3 è che ragazzi e ragazze possono giocare insieme, nella stressa squadra, senza distinzioni. Eleonora ha quindici anni, gioca a calcio da quando è piccola, e ha giocato sempre in mezzo ai ragazzi. Tre anni fa ha iniziato a giocare a calcio a cinque nella squadra di una parrocchia. Poi è passata al calcio a 11, dove gioca trequartista. «Abbiamo scelto tre regole prima di giocare», spiega. «Una sull’inclusione di genere, una sul fair play e una sulla tecnica. Avevamo deciso insieme che, dopo due gol subiti, dovevamo cambiare portiere. E poi il gol delle ragazze valeva doppio».

Ma come è stata questa partita a squadre miste? Come si sono comportati i ragazzi? «Siamo state fortunate, ci siamo trovate bene con i ragazzi della squadra, non hanno giocato da soli, ci hanno passato la palla, hanno cercato di includerci» risponde Eleonora, per tornare poi immediatamente a giocare.

L’importante è provarci

Manuel ha tredici anni. È arrivato al Bernardini insieme ad altri ragazzi del Centro per le Famiglie e i Minori La Ginestra, un punto di riferimento importante per i ragazzi del territorio. «Oggi mi sono divertito a giocare con i miei compagni, anche se non li conoscevo» ci ha raccontato. «Mi sono divertito anche se non abbiamo fatto neanche un gol, anche se abbiamo sempre perso» commenta. «Però mi è piaciuto il fatto che la nostra squadra sia stata leale nei confronti dell’altra, che non siamo mai stati scorretti.».

L’importante, ci fa capire Manuel, è altro. «Mi è piaciuto fare nuove conoscenze, e giocare queste partite che sono belle». È la prima volta che Manuel giocava a Football3. «La cosa che mi ha sorpreso sono i tre tempi. Credevo che questa partita si svolgesse come nel calcio normale, in due tempi. Invece, in un tempo organizzavamo le regole, nel secondo giocavamo, nel terzo facevamo il recap della partita e ci confrontavamo sul fair play. E questo è molto bello».

Manuel segue il mondo del calcio dei grandi. E allora gli chiediamo se c’è qualcosa che quel calcio potrebbe imparare dal Football3. «Secondo me anche se le squadre più piccole sono meno forti, e magari giocano contro le big del campionato, non si devono chiudere e rimanere in difesa, ma giocarsela a viso aperto. L’importante è provarci. Anche se perdi con cinque gol di scarto non fa niente. Almeno ci hai provato».

Se ci pensiamo, non sono solo le squadre di calcio che possono far tesoro dallo spunto di Manuel. È qualcosa di cui potremmo far tesoro tutti noi.

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