LAVORO: LA CRESCITA DELL’OCCUPAZIONE NON SORRIDE ALLE DONNE

Dal Gender Policies Report dell’Inapp emerge un gap di genere del 18%. Un nuovo contratto su due alle lavoratrici è part time

L’occupazione cresce, ma non incide sul divario di genere. Ha raggiunto il 60,5% lo scorso ottobre, il valore più alto dal 1977. È quanto emerge dal Gender Policies Report 2022, la pubblicazione dell’Inapp (Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche) che ogni anno fotografa le differenze di genere nel mondo del lavoro. «I tassi di occupazione di uomini e donne continuano a restare distanti, con un gap di genere del 18%», dice Monica Esposito, Responsabile del gruppo di ricerca Prospettive di genere nel mercato del lavoro e nelle politiche pubbliche – Inapp.

Quali sono i dati più importanti che emergono dal rapporto?
«Il Gender Policies Report dell’Inapp si pone l’obiettivo di indagare le implicazioni di genere che hanno contrassegnato il mondo del lavoro e, in particolare, le forze lavoro, con l’obiettivo di contribuire, attraverso una ricerca gender sensitive, ad una sempre maggiore conoscenza dei fenomeni e delle problematiche.
Nonostante generali miglioramenti rispetto al biennio precedente, la ripresa del mercato del lavoro da una prospettiva di genere resta debole e disomogenea. La sfera della non partecipazione continua a vedere protagoniste le donne: i tassi di disoccupazione sono al 9,2% contro il 6,8% degli uomini e i tassi di inattività sono al 43,3% contro il 25,3% degli uomini. Il tema dell’inattività femminile risulta, ancora una volta, legato a doppio filo alle questioni riguardanti la cura familiare.
L’analisi dei dati Inps sull’andamento dei contratti attivati nel primo semestre 2022 mostra lo scenario di una crescita del lavoro femminile all’insegna della precarietà e della debolezza contrattuale, del regime orario ridotto e, conseguentemente, della minore redditività. Sono stati attivati a donne solo il 41,5% dei contratti del primo semestre 2022. La quota di contratti stabili incide per il 20% su quelli maschili e solo per il 15% su quelli femminili. Si conferma la specificità del part time, anche come forma di ingresso al lavoro: su tutti i contratti attivati a donne il 49% è a tempo parziale, contro il 26,2 % maschile».

In che modo l’aumento dei tassi di povertà, l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari e delle materie prime, l’accelerazione dell’emergenza climatica contribuiscono a produrre divari di genere e, dunque, a rallentare i miglioramenti nella parità?

gender policies report
Un momento della presentazione del Gender Policies Report Inapp

«Gli attuali contesti, europeo ed internazionale, si trovano di fronte a vecchie e nuove sfide che traggono origine sia dalle conseguenze socio-economiche della pandemia sia dai conflitti bellici e geopolitici, in primis quello russo-ucraino, nonché dai cambiamenti climatici e dalla crisi energetica, che amplificano le disuguaglianze di genere esistenti laddove generalmente la popolazione femminile, a livello mondiale, è protagonista di maggiori criticità legate alla condizione di povertà e di accesso alle risorse naturali.
Le disparità di genere si moltiplicano e rallentano i progressi avviati per raggiungere la parità. In un recente rapporto l’Onu indica che, nel 2022, nonostante un’importante dinamica di ripresa, la partecipazione delle donne alla forza lavoro rimarrà al di sotto dei livelli pre-pandemici in 169 Paesi e che, a causa della pandemia nel 2020, le donne hanno perso un reddito stimato di 800 miliardi di dollari; inoltre, circa 383 milioni di donne e ragazze vivranno in condizioni di estrema povertà rispetto a 368 milioni di uomini e ragazzi. Tali elementi sono alla base dell’aumento del divario di genere, rispetto al 2019, in circa 114 Paesi.
Il rapporto Oxfam descrive un sistema economico quale principale produttore di disuguaglianza, in cui povertà e genere si intersecano e dove le donne sono tra i soggetti maggiormente colpiti.
Anche il Global Gender Gap Report 2022 conferma tale tendenza, a causa della quale alle condizioni attuali ci vorranno ancora 132 anni per colmare il divario di genere globale. L’Italia, secondo il Global Gender Gap Index 2022 si colloca al 63° posto al mondo e al 14° posto in Europa per parità di genere, con un punteggio del Gender Equality Index dell’EIGE inferiore alla media europea e che vede in testa alla classifica paesi quali l’Islanda, la Finlandia e la Norvegia».

Quale potrà/potrebbe essere il contributo del PNRR alla parità di genere e all’occupazione femminile?

«Il PNRR prevede una quota ambiziosa di riforme e investimenti che mirano a generare effetti di ampia portata sull’occupazione e sull’aumento della partecipazione della forza lavoro arrivando, anche attraverso le misure volte a irrobustire il sistema di servizi per la cura, a una maggiore partecipazione della popolazione femminile e, dunque, alla riduzione dei gap di genere.
Le azioni direttamente volte a queste finalità sono concentrate nella missione Inclusione e coesione, attraverso incentivi all’autoimprenditorialità e l’introduzione del sistema nazionale di Certificazione della parità di genere, a sostegno della riduzione dei gap di genere nel sistema delle imprese e della trasparenza salariale, e nella missione Istruzione e ricerca, con azioni volte a rompere il rigido schematismo degli stereotipi di genere che penalizzano le prospettive formative e occupazionali delle donne nel settore della tecnologia e della scienza (STEM), anche attraverso partenariati universitari e nell’ambito dei centri di ricerca e, inoltre, con il tessuto imprenditoriale che opera in questo settore.
Parallelamente, la prospettiva di genere è stata integrata nel PNRR secondo una logica che attraversa tutte le sue missioni, insieme alle altre priorità trasversali relative a Giovani e Mezzogiorno, con l’obiettivo di tradurre operativamente il metodo del gender mainstreaming in una logica sistemica volta a superare la frammentarietà degli interventi. Pur rispondendo formalmente agli elementi del gender mainstreaming, il PNRR presenta criticità nella definizione di obiettivi chiari e nell’individuazione di indicatori e dati utili per la verifica dell’efficacia delle politiche attuate e delle risorse impiegate per la parità di genere: la mancata piena partecipazione delle donne mina le potenzialità del PNRR stesso, che richiede per il suo completamento, invece, un impegno massimale di tutte le risorse e le opportunità disponibili».

 

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