DONAZIONE SANGUE. BASTA EMERGENZE, SERVE UNA NUOVA CULTURA DEL DONO

Servono donatori costanti e ricambio generazionale. Domani è la Giornata Mondiale del Donatore di Sangue e per Avis Roma bisogna partire da qui

Superare gli allarmismi delle emergenze e proporre ai cittadini dei percorsi per comprendere la motivazione che sta alla base del dono. Come ogni anno, domani, 14 Giugno si celebrerà la Giornata Mondiale del Donatore di Sangue istituita dall’OMS per tenere accesi i riflettori sul dono del sangue, un tessuto che ancora oggi non è riproducibile in laboratorio e che è possibile ottenere solo dal gesto gratuito, volontario e anonimo delle persone.
Il Lazio è tra le regioni col più alto deficit di sangue raccolto ed è spesso costretta ad importare sacche da altre regioni più virtuose. Carenza sempre più preoccupante con l’arrivo dei mesi estivi. Ne abbiamo parlato con Maurizio Infantino, presidente di Avis Roma.

 

giornata mondiale del donatore di sangue
Maurizio Infantino, presidente Avis Roma

Ad oggi, qual è la situazione della raccolta di sangue a Roma?
«La carenza di sangue purtroppo è seria, stiamo cercando di trovare degli equilibri per soddisfare le richieste dei pazienti ma laddove non riuscissimo ad arrivare, purtroppo occorrerà richiedere delle compensazioni (sacche di sangue importate da altre regioni ndr) e ciò comporterà tempi di attesa più lunghi e costi aggiuntivi. Giugno comincia ad essere un mese critico ma le settimane più a rischio saranno quelle che andranno dai primi di luglio a dopo ferragosto, periodo in cui stiamo cercando di pianificare più donazioni possibili».

 

 

Lo scorso settembre 2017 il Ministero della Salute ha varato il “Programma di autosufficienza nazionale del sangue” chiedendo alle Regioni di rientrare in determinati valori di raccolta. Per la regione Lazio, quanto si è distanti dal dato auspicato?
«Il programma ha incluso delle stime, queste ci dicono che dovremmo aumentare la raccolta ma di fatto l’età media dei nostri donatori si sta sempre di più alzando e non c’è un subentro efficiente di giovani che potrebbero colmare questa carenza. Posso confermare che siamo distanti dal dato stimato dal programma».

 

Quali iniziative sono state messe in campo per arginare il fenomeno?
«Nella Capitale stiamo facendo degli sforzi organizzativi più importanti perché riteniamo che sia una città che può donare di più. Su oltre tre milioni di abitanti, trovare centomila donatori dovrebbe essere abbastanza naturale; purtroppo non riusciamo a raggiungerne oltre quindicimila. Siamo davanti a numeri realmente bassi se paragonati ad altri contesti come il Veneto e l’Emilia Romagna dove, in proporzione ai residenti, ci sono più donatori»

 

giornata mondiale del donatore di sangue
Per educare alla donazione e avere continuità occorre puntare sulle scuole

È un problema culturale?
«Certamente non si può continuare a lavorare in regime di emergenza. Ciò che sta accadendo è che molto spesso sono i terremoti a chiamare all’appello molti donatori. Ma il tema non è avere delle persone che donino per un evento specifico ma cittadini che scelgono di intraprendere un percorso che li porti ad una donazione regolare e programmata. Per fare questo c’è bisogno di una nuova cultura del dono. A partire dalle scuole e da quei presidi che più volte rinunciano a organizzare delle giornate di sensibilizzazione perché “i ragazzi non possono sottrare tempo allo studio”. La carenza di sangue nella capitale è il frutto di un percorso che non è stato voluto intraprendere dalle istituzioni e dalle agenzie educative».

 

Perché ci sono sempre meno giovani donatori?
«Tutto dipende da cosa gli viene proposto. Ai ragazzi non va raccontata solo l’emergenza legata ad una situazione triste e quindi negativa. La conseguenza è che quel donatore, donerà il sangue una volta e non lo farà più perché ricorda la malattia o la morte di quell’amico o familiare. Se, invece, proponiamo un percorso di solidarietà e felicità del dono, otterremo persone più motivate. Al cittadino interpellato è richiesto un percorso personale: se ho fatto mio il concetto che sono una persona che sceglie di donare per l’altro, allora sarà anche automatico farlo regolarmente».

 

Dunque c’è anche una responsabilità di voi associazioni e del tipo di proposta che fate…
«Certamente, e ciò deriva dal fatto che siamo più concentrati nel raccogliere più che sensibilizzare e motivare la gente (questo è il nostro vero mandato!). Poi c’è anche un problema di come comunichiamo. Avis Roma vuole cambiare pelle e lo sta già facendo in tante forme. Le persone vogliono fare esperienza di ciò che quotidianamente realizziamo e non basta raccontarlo. Ecco perché stiamo avviando un nuovo progetto che si chiama “Casa del donatore”».

 

Cos’è la “Casa del donatore”?
«In ospedale spesso ci sono dei limiti: le famiglie non possono entrare, si va lì sono in casi di emergenza, si può donare solo di mattina, eccetera. La “Casa del donatore”, invece, sarà un luogo con all’interno un trasfusionale, un punto di prelievo, degli ambulatori per fare medicina preventiva e dove potranno accedere anche le famiglie e le scuole per delle giornate di formazione e sensibilizzazione alla donazione del sangue. Soprattutto sarà un luogo dove si potrà donare anche il pomeriggio, di sabato e domenica, esigenze che spesso riscontriamo in molti nostri donatori. Un progetto che partirà a Roma ma che vogliamo estendere anche al nord e al sud».

 

Insomma un polo multifunzionale pensato per andare oltre la semplice donazione del sangue …
«Esattamente. Il nostro prossimo obiettivo è quello di far rete anche con associazioni che non operano nella raccolta del sangue ma che condividono con noi il concetto di “dono per gli altri”: realtà che operano a domicilio, che mettono in atto servizi gratuiti nelle piazze, negli ospedali, eccetera. C’è il tentativo di andare oltre! Se invece restiamo chiusi nel nostro mondo e a dichiarare solo stati di emergenza, il nostro percorso sarà breve».

 

giornata mondiale del donatore di sangueDomani, 14 giugno, in occasione della Giornata Mondiale del Donatore di Sangue, come Avis Roma organizzerete il convegno “Religione e Laicità del dono, nel tempo e nello spazio”. Quali temi si affronteranno?
«Dialogheranno tra loro un filosofo, uno storico e un religioso per sottolineare come il concetto di dono ha avuto origini diverse in Italia. Si può donare in maniera diversa, nel tempo ma soprattutto nello spazio. Per questo l’evento è organizzato insieme all’AVIS di Venezia, per confrontarci con una cultura e una filosofia di dono diversa dalla nostra romana».

 

Il suo appello ai cittadini romani per questa Giornata Mondiale del Donatore di Sangue 2018 qual è?
«Bisogna andare oltre. Stendere il braccio è importante però bisogna capire perché lo si fa, e successivamente bisogna dirlo agli altri e dirlo forte. Insieme possiamo costruire condizioni migliori per questa città».

 

Se avete correzioni o suggerimenti da proporci, scrivete a comunicazione@cesv.org

 

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