GIUBILEO DEI GIOVANI, CASA FAMIGLIA LODOVICO PAVONI: «QUI SI INCONTRA IL MONDO INTERO»

In viaggio tra le voci, i ricordi, le speranze di persone che, insieme, sono diventate una comunità e un pezzo di storia della solidarietà romana. Siamo a Torpignattara, nella Casa Famiglia Lodovico Pavoni, che anche in questo Giubileo è stata la famiglia di tutti. Padre Carlo Cavatton: «Dentro queste mura chiunque deve sentirsi a casa»

di Antonella Patete

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Mentre il primo sole cala tra i palazzoni della Marranella, la Casa Famiglia Lodovico Pavoni comincia ad animarsi di voci e presenze di tutte le età. Non si tratta di una comunità per minori o per mamme con i loro bambini, come il nome potrebbe suggerire, ma di un luogo che ambisce, a fatti e a parole, a essere la casa e la famiglia di tutti. Via Leonardo Bufalini 46, Torpignattara, Municipio V, periferia Est di Roma. Molti conoscono questo luogo, che ha contribuito a fare la storia della solidarietà nella città di Roma. Fondata ufficialmente nel 1996 da un sacerdote di San Barnaba, Padre Claudio Santoro, scomparso nel 2021, insieme a Clara Fantini, questa realtà è stata per oltre 40 anni un punto di riferimento in un quartiere sempre più multietnico. E nel 2025, grazie al progetto Vol.A in Rete è diventata anche uno dei Punti di accoglienza per i pellegrini in arrivo a Roma per il Giubileo. Promosso dal Dipartimento Protezione Civile e dal Dipartimento Politiche Sociali e Salute di Roma Capitale, Vol.A in Rete è un progetto realizzata da CSV Lazio e Forum Terzo Settore Lazio per fornire informazioni e supporto ai pellegrini attraverso le organizzazioni civiche nella città. La Casa Famiglia Lodovico Pavoni sarà una delle realtà che coinvolta in modo particolare nel prossimo Giubileo dei Giovani, dal prossimo 28 luglio al 3 agosto.

«Il progetto si sposa perfettamente con la filosofia della Casa Famiglia Lodovico Pavoni», spiega Adam, uno dei volontari di Vol.A in Rete. «I pellegrini possono trovare qui un rifugio, sentirsi accolti, usufruire delle docce e ricevere indicazioni. Facciamo del nostro meglio per aiutarli a sentirsi parte della nostra grande famiglia nel tempo che trascorrono con noi».

casa famiglia lodovico pavoni
Clara Fantini: «Ho dedicato tutta la mia vita alle persone più fragili. Prima i volontari e i ragazzi mi chiamavano mamma, ora mi chiamano nonna, ma questo è l’unico posto al mondo dove mi sento veramente Clara»

Un’oasi di pace e di accoglienza nel cuore del V Municipio

La Casa Famiglia Lodovico Pavoni si sviluppa su due piani per un totale di 250 metri quadrati di superficie. Affaccia su due campi di calcio e un cortile, dove ogni angolo è contraddistinto da un nome suggestivo, come Via degli Angeli o Piazza dei Popoli. All’interno, oltre la cucina e la sala da pranzo, ci sono le aule studio per il doposcuola, una scuola di calcio e una di ginnastica artistica, il bar, le docce aperte il giovedì per le persone senza fissa dimora, un centro per lo smistamento degli abiti e un magazzino per la distribuzione settimanale dei pacchi alimentari. «Padre Claudio Santoro ha voluto che questo fosse un oratorio atipico», spiega Padre Carlo Cavatton, che nel 2022 ha preso le redini dell’oratorio e della Casa Famiglia. «Voleva che fosse un’oasi di pace e di accoglienza a 360 gradi, senza nessun tipo di discriminazione. Dentro queste mura chiunque doveva sentirsi a casa». Clara Fantini oggi ha quasi 70 anni ed è una delle colonne portanti della Casa Famiglia. Quando è arrivata all’oratorio era poco più di una ragazza. «Venivo qui per portare i miei figli a giocare a pallone», racconta. «Un giorno si presentò una nonna che aveva perso il figlio per overdose ed era rimasta sola con tre nipoti. Non sapeva come fare. Decidemmo di occuparci dei bambini durante il giorno, seguendoli nelle attività della scuola e nel recupero scolastico, mentre la sera sarebbero tornati a dormire dalla nonna». Quei tre bambini furono solo l’inizio, e oggi l’oratorio accoglie fino a 200-300 minori, provenienti da Egitto, Etiopia, Somalia, Bangladesh, Cina per dirne solo alcuni. «Su questi campi da calcio si incontra il mondo intero», dice Clara.

Clara: «Ho dedicato la via vita agli altri. Qui mi sento veramente Clara»

Clara oggi viene alla Casa Famiglia Lodovico Pavoni tutti i giorni. La sua «più che una passione è una vocazione». Ha imparato il valore dell’accoglienza da piccola, vivendo in una famiglia con la porta di casa sempre aperta. Per potersi dedicare meglio ai ragazzi del quartiere ha rinunciato a un impiego da infermiera. «Ho potuto farlo perché lo stipendio di mio marito ce lo consentiva», ricorda. «Ho dedicato tutta la mia vita alle persone più fragili». Se per qualche ragione non può andare alla Casa Famiglia, ne sente la mancanza. «Non vedo l’ora di tornarci», precisa. In questo posto ritrova se stessa, la ragazza di un tempo, sa di poter fare davvero qualcosa per gli altri. «Prima i volontari e i ragazzi mi chiamavano mamma, ora mi chiamano nonna», conclude. «Ma questo è l’unico posto al mondo dove mi sento veramente Clara».

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La Casa Famiglia Lodovico Pavoni è una delle organizzazioni della rete di accoglienza del progetto Vol.A in Rete e che sarà coinvolta nel prossimo Giubileo dei Giovani

Adam: «Ero uno dei ragazzi che frequentavano il doposcuola, oggi aiuto i bambini a fare i compiti»

Ad aiutare Clara nella sua missione ci sono una trentina di volontarie e volontari come lei. C’è chi segue i ragazzi che fanno i compiti e chi distribuisce il pane, chi presidia le docce e chi tiene in ordine i magazzini, chi smista gli abiti e chi prepara i pasti che ogni giovedì sera vengono portati alle persone senza fissa dimora della stazione Termini e dintorni. Tutti danno il loro tempo e tutti sono convinti di ricevere in cambio molto di più di quello che hanno dato. Leila è nell’età della pensione, anche lei viene qui tutti i giorni e sistema quintali di vestiti. Nahida è arrivata 30 anni fa dalla Giordania e ogni pomeriggio prepara le merende per i ragazzi. Nella Casa del pane, a Piazza 100 Gatti, Fernando distribuisce pizza e pagnotte alle famiglie del quartiere insieme a Nahida e alla loro inseparabile compagna, la gatta Nerina. Anche Adam, che abbiamo incontrato all’inizio di questo piccolo viaggio, viene quasi ogni giorno all’oratorio. La prima volta che è arrivato qui, insieme a sua madre Mymuna, aveva appena otto mesi. «Mia madre era profuga politica», racconta. «È scappata dall’Etiopia senza sapere di essere incinta e si è ritrovata in Italia da sola, senza nessun su cui poter contare. Fortunatamente ha incontrato Clara e Padre Claudio». Nella Casa Famiglia Adam ci è cresciuto, era uno dei bambini che frequentavano il doposcuola. E oggi, che ha 24 anni e due lauree, una in Economia Aziendale e l’altra in Economia e Management sanitario, è lui ad aiutare i bambini del doposcuola. Anche Mymuna è una volontaria, in associazione dà una mano come può. «Ora che stiamo bene vogliamo fare qualcosa per gli altri», conclude Adam. «In Italia non abbiamo parenti, è questa la nostra famiglia».

Nella Casa Famiglia Lodovico Pavoni tutti insieme si fa comunità

Al tramonto la piazza dell’oratorio si riempie di vita. C’è l’intervallo della merenda per chi sta facendo i compiti e i campi di calcio sono pieni. È iniziato il karaoke, si sente distintamente una voce cantare “Sei l’unica donna per me” di Alan Sorrenti. Sembra un ritorno alla fine degli anni Settanta, in un’Italia che oggi non esiste più. A cantare è Padre Carlo Cavatton, camicia a quadretti e viso rilassato, che si è preso un momento per sé. Insieme agli altri naturalmente, perché il senso più profondo della Casa Famiglia Lodovico Pavoni è il valore di fare comunità.

Foto Francesco Paolucci

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