LAVORARE GRATIS? È MENO ASSURDO DI QUEL CHE SI PENSA

Nel suo ultimo libro Franco Gesualdi torna sul tema del modello di sviluppo: più economia pubblica e meno mercato ci salveranno

di Paola Springhetti

Francesco Gesualdi non è uno che si accontenti di mezze misure. Il coordinatore del Centro Nuovo Modello di Sviluppo ci crede davvero, che un nuovo modello di sviluppo è possibile, ma non si accontenta di ricette parziali, come l’uso delle tecnologie per rendere più efficienti i consumi. Lui rimette in discussione il concetto di lavoro, il modo con cui gestiamo il tempo, il rapporto pubblico-privato.

Lo fa in un volumetto da poco pubblicato dalla casa editrice EMI: Gratis è meglio. Tempo, lavoro e denaro: le persone più del mercato. Il punto di partenza del suo ragionamento è l’insostenibilità del nostro modello di vita, che ci sta portando a distruggere il pianeta: «il dramma della situazione è che abbiamo messo il pianeta a soqquadro per garantire non la dignità di tutti, ma lo spreco di pochi 0187, scrive Gesualdi, elencando pochi numeri ma efficaci: 850 milioni di affamati e 600 milioni di obesi, un miliardo di persone che usano 70 litri di acqua per una doccia e due miliardi e mezzo che non dispongono di servizi igienici, tre miliardi di motorizzati e quattro miliardi che vanno a piedi.

In Gratis Gesualdi rilancia la sobrietà

Continuando a percorrere questa strada ci impediamo di assolvere almeno due doveri: permettere ai più poveri di raggiungere un livello di vita dignitoso e lasciare alle future generazioni un pianeta su cui sia ancora possibile vivere.

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Francesco Gesualdi

E se questo è il problema, è evidente che non basta fabbricare mezzi di trasporto e prodotti più leggeri e che consumano meno, se poi ne consumiamo di più. Il problema è porre limiti ai nostri consumi. Riconvertirci alla sobrietà, che «non significa rinuncia al necessario, ma recupero di sovranità, razionalità, condivisione».

La sobrietà ridà sovranità perché rimette nelle nostre mani – e non in quelle della pubblicità – la scelta di quello che ci serve. Razionalità, perché ci permette di mettere ordine e gerarchizzare i nostri consumi. Condivisione, che è la vera risposta a molti problemi. «Noi non abbiamo bisogno di possedere auto, lavatrici o tosaerba, bensì di poterci muovere, disporre di panni puliti, avere giardini in ordine. Dunque è inutile che ci dotiamo tutti degli stessi strumenti che utilizziamo solo saltuariamente. Molto meglio condividere e imparare a usare i beni in comune se vogliamo stare bene proteggendo le risorse e limitando i rifiuti».

Più economia pubblica, meno mercato

Obiezione: ridurre i consumi significa metter in crisi il mercato, perdere posti di lavoro, creare disoccupazione. Ma in Gratis Gesualdi ribalta il problema: «nella storia dell’umanità il lavoro non è mai stato un fine da perseguire, bensì un giogo dal quale liberarsi. Solo noi, figli del mercato, abbiamo trasformato il lavoro in un idolo da venerare».

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La campagna “Abiti puliti” è una delle più note tra quelle lanciate dal Centro Nuovo Modello di Sviluppo

L’obiettivo non è il lavoro, ma il vivere bene. E per vivere bene serve sicurezza. E la sicurezza ce la può dare solo l’economia pubblica. Dunque, in barba al liberismo spinto che prevale oggi in Europa va espansa l’economia pubblica, «per garantire a tutti, sempre e comunque, il soddisfacimento dei bisogni fondamentali e la tutela dei beni comuni». Dall’altro lato, va riorganizzato il lavoro, per liberarci dalla dipendenza salariale.

Significa che i bisogni fondamentali vanno considerati come diritti, e dunque devono trovare una risposta nella comunità, per lasciare al mercato solo i desideri. Perciò «bisogna creare le condizioni affinché l’economia pubblica possa espandersi, pur in presenza di un’economia di mercato che per spirito di necessità deve contrarsi».

L’economia pubblica, per essere autonoma, deve poter contare su un retroterra produttivo: dunque non si limiterà più a fornire ad esempio i servizi sanitari, ma produrrà farmaci, apparecchiature mediche, letti…

Anche il lavoro Gratis, o quasi

Parallelamente, nella società occorre riscoprire la gratuità del dare e del ricevere, che permetterebbe di garantire le tre sicurezze di base: la salvaguardia dei beni comuni, il soddisfacimento dei bisogni fondamentali, la garanzia di un posto di lavoro.

In Gratis Gesualdi ipotizza che il lavoro (o una parte del lavoro) possa essere pagato non con salario, ma con servizi.  In pratica: «ogni adulto mette a disposizione qualche giorno al mese o qualche settimana all’anno da passare in un servizio o fabbrica pubblica e in cambio ottiene gratis, dalla culla alla tomba, per sé e i propri familiari, tutti i beni e i servizi che la comunità ha classificato come diritti: una quantità appropriata di acqua, cibo, vestiario, energia, oltre ad alloggio, sanità, istruzione, trasporti locali, comunicazioni. Un paracadute integrale, che risolverebbe in forma ugualitaria qualsiasi altra esigenza di pensione e di reddito di cittadinanza».

Tutto questo, ovviamente, non eliminerebbe il mercato, ma lo ridimensionerebbe, lasciandogli il compito di rispondere ai desideri. E restituendo così a tutti i membri della comunità la libertà di scegliere come vivere e al pianeta una possibilità di sopravvivenza.

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gratis gesualdiFranco Gesualdi
Gratis è meglio. Tempo, lavoro e denaro: le persone più del mercato
Emi 2016
pp. 64, € 5

LAVORARE GRATIS? È MENO ASSURDO DI QUEL CHE SI PENSA

LAVORARE GRATIS? È MENO ASSURDO DI QUEL CHE SI PENSA