I VOLONTARI? SONO TESTIMONI DI PROSSIMITÀ

Il tema delle relazioni è al centro del libro di Livio Ferrari sulla formazione al volontariato.

Parla di come formare al volontariato, il libro di Livio Ferrari “Testimoni di prossimità”. L’autore milita da oltre 30 anni nel volontariato: è stato fondatore ed è presidente del Centro Francescano di Ascolto di Rovigo e co-fondatore nel 1998, con Luciano Tavazza, della Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia. Il suo impegno nel settore della Giustizia lo ha portato a costituire nel 2019 il “Movimento No Prison”, di cui è portavoce. Una così lunga militanza – parola desueta nel volontariato attuale quanto indicativa di un solido stile di vita improntato alla solidarietà – è fonte credibile di saggezza esperienziale, oltre che di elaborazione teorica sull’azione gratuita.

Formare al volontariato

Il libro dissemina i concetti base del profilo personale e comportamentale del volontario, motivato all’aiuto della persona in difficoltà, ad un impegno di “cura” nei confronti di chi è in stato di sofferenza o si è smarrito nella vita. È il volontariato della gratuità, che nasce come dono di sé nella dimensione “io verso gli altri”, a testimoniare la solidarietà che per un francescano laico, come è l’autore, disvela anche la “carità di Dio”, segno della cooperazione salvifica con l’uomo.

Livio Ferrari, autore di “testimoni di prossimità”

La riflessione dell’autore procede richiamando una serie di parole chiave sul concetto e la pratica della “prossimità”, parole che non sono nuove, ma che sono qui tra loro connesse a formare una sorta di “manuale” del volontario a sostegno dei soggetti più fragili. In questa carta identitaria spiccano le capacità relazionali che, se non possono prescindere da quelle tecnico-conoscitive, ne sono condizione di efficacia. L’autore alterna la parola volontario con quella di “operatore sociale” e in questa equivalenza vuole sottolineare, che non si può essere volontari se non si è anche professionali – non basta la buona volontà – e non si può essere professionali se non si opera con spirito di gratuità, che significa disponibilità alla relazione autentica. E questo vale per ogni professione a contatto con soggetti in stato di disagio, malattia e devianza.

Una relazione di aiuto significa esercitare il potere di essere e di fare qualcosa non tanto per l’altro quanto con l’altro, accompagnandolo al recupero di protagonismo e di auto-progettualità. Significa lavorare per un progetto, per un cambiamento che riguarda il singolo, ma al tempo stesso la comunità, il contesto societario esistente nella consapevolezza di esercitare un ruolo politico. Questo richiama il concetto di responsabilità, che in assoluto viene prima della libertà di mettersi al servizio, e orienta il fine dell’azione solidaristica a fronte di un disagio o di una sofferenza che origina da omissioni, disuguaglianze, inefficienze proprie di un sistema sociale di cui anche i volontari sono parte.

Imparare anche dagli errori

Non mancano alcune avvertenze per il candidato volontario in formazione. Una condizione a monte: occorre stare bene con sé stessi, cioè «stare bene dentro la propria storia umana», e aver imparato a conoscere anche i propri difetti e i propri limiti, a modificare atteggiamenti non irreprensibili, così come stereotipi o pregiudizi, a sapere fino a dove può arrivare nel suo agire. Nel fare volontariato si lavora anche su sé stessi, si accetta di imparare anche dai propri errori, talvolta anche dall’esperienza del fallimento, nell’obiettivo di aiutare le persone o del sentirsi impotenti o inutili.

formare al volontariato
@Maurizio Costanzo, Progetto FIAF-CSVnet “Tanti per tutti. Viaggio nel volontariato italiano”

Per questo è necessario esercitare una “pratica riflessiva”, mettere a verifica teoria e prassi, de-costruire narrazioni dominanti che risultano fuorvianti, avere chiara la visione del proprio agire, da monitorare costantemente, non dando mai niente per scontato. Quello del volontariato non è un percorso facile, a volte frustrante, fatto di momenti di solitudine, così come andare incontro alla sofferenza o alla fatica altrui di vivere richiede impegno e dedizione, non è un passatempo ed è quello che fa la differenza rispetto al gesto filantropico o al volontariato occasionale. Per questo è importante non operare isolatamente ma assieme agli altri volontari, dentro un’organizzazione di supporto. Questa ha altresì maggiori opportunità di fare sentire la sua voce, di incidere sulle modificazioni delle politiche e degli interventi sociali in collaborazione con gli enti pubblici.

La capacità di relazione

Il capitolo centrale è dedicato dall’autore alla capacità di relazione. La relazione di cura è anche “prossimità”, se l’incontro con l’altro parte dal riconoscimento della sua pari dignità, chiunque sia, qualunque sia il suo problema, disagio o diversità. L’incontro avviene prima di tutto con gli occhi della persona (importanza dello “sguardo”), ci si pone accanto e in un ascolto attento, rispettoso, accettando senza alcuna ansia il silenzio (“è uno “spazio”) e i tempi della sua apertura che va intesa come un atto di fiducia. Ascoltare significa anche accogliere l’altro nella propria interiorità, dargli importanza e accettarlo per quello che è, saper osservare nelle pieghe della comunicazione non verbale, creare empatia.

Senza ascolto non c’è comprensione, né comunicazione, né poi possibilità di agire. Occorre però mantenere con chi si ha davanti una certa distanza emozionale, per evitare giudizi morali, talvolta si dovrà tollerare la frustrazione di non capire o la paura iniziale a gestire le sofferenze della persona che si affida a noi. E agire con pazienza, senza l’ansia di raggiungere un obiettivo che l’interlocutore deve sempre condividere.

Ferrari sottolinea ancora come non si fa volontariato solo per gli altri, vi è una necessità interiore che spinge a farlo. Nell’altro il volontario incontra anche sé stesso, intraprende un percorso di crescita personale, affina le proprie qualità umane, è il primo a trarne vantaggio, ad arricchirsi in umanità e saggezza, a cambiare in meglio. Il volontario ha la possibilità di fare un percorso di liberazione che lo rende vivo, vero, cittadino solidale di tutti i giorni. Il volontariato non è lo “straordinario di ogni giorno”.

Un libro da raccomandare alla lettura dei giovani e meno giovani che intendono fare volontariato.

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formare al volontariatoLivio Ferrari
“Testimoni di prossimità. Formarsi al volontariato”
ed. Paoline 2020
pp. 137, €13,00

 

 

 

 

 

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