L’INCONTRO EUROPEO DELLE PERSONE POVERE

La loro partecipazione attiva è essenziale per affrontare il problema. Perché i poveri non possono più aspettare

Il 24 e 25 novembre si è tenuto il 19° incontro europeo delle persone con esperienza di povertà (People Exepriencing Poverty – PEP).

L’incontro si è svolto a distanza causa pandemia, in 28 postazioni diverse di altrettanti Stati membri, incluso in Italia, dove le sedi da cui ci si è collegati sono state: Roma, Perugia, Avellino, Benevento, con una delegazione di 6 persone provenienti da esperienze e condizioni diverse: lavoro a bassa intensità, famiglia numerosa, migrazione. In totale oltre 170 persone “esperte” di povertà, discriminazioni, disuguaglianze, esclusione sociale.

Il lavoro organizzativo italiano è stato coordinato da Sirio Di Capua, volontario del Collegamento Italiano di Lotta alla Povertà, sezione nazionale della Rete europea di lotta alla povertà (EAPN) che dal 2001 gestisce questi incontri, e membro del coordinamento europeo per l’organizzazione degli eventi PEP.

La partecipazione delle persone con esperienza di povertà

Cosa è l’incontro europeo delle PEP? È un evento che si svolge ogni anno, per conto della Commissione europea. Fino al 2019 tali incontri si sono svolti in presenza, a Bruxelles; mentre a causa del Covid 19 gli spostamenti tra paesi di origine e la capitale belga si sono interrotti.

Perché tali incontri? Per rendere parte attiva anche le persone che solitamente vivono ai margini della società. Le persone in povertà sono invece “esperte”, conoscono per esperienza diretta cosa significai vivere in strada;  cosa significa avere una attività lavorativa a bassa intensità che non consente garanzie necessarie per avere una casa in affitto; cosa significa essere sole e non raggiungere il punteggio per entrare in graduatoria nelle liste delle case popolari; cosa significa vivere in zone periferiche o rurali, dove la distanza tra l’abitazione e i servizi è tale che mette a rischio l’accesso alle cure; cosa significa non avere un reddito perché la salute mentale è minata da fattori ambientali e sociali.

La partecipazione delle Persone che hanno esperienza di Povertà non è un “Cavallo di Troia”, al contrario insegna a prendere la parola, a non lamentarsi sempre e comunque; insegna piuttosto a prendere consapevolezza e partire da ciò che si vive o si è vissuto ed avanzare proposte. Se non da se stessi, da chi possono arrivare le soluzioni per uscire da una certa situazione?

I volontari ci sono, ma…

L’empowerment però necessita di formazione, di incontri, di scambi, di apprendimento reciproco. Da diversi anni le risorse economiche sono state ridotte e gli incontri delle PEP hanno subito in ogni Stato membro delle limitazioni. Non è possibile far incontrare persone che già vivono un grave disagio fisico, sociale e psicologico attraverso lo schermo di un computer. Per integrare è necessario interagire anche fisicamente, parlarsi, guardarsi. Questo è stato fatto nel corso di  19 anni degli incontri europei: la pandemia, le scarse risorse economiche hanno ridotto gli incontri delle delegazioni nazionali, incluso quella italiana. Se vogliamo che anche le PEP siano parte attiva di questa nostra società e non solo essere beneficiarie di sussidi e assistenza, i decisori politici di qualsiasi livello devono investire anche su queste persone e non affidarsi solo alla buona volontà del volontariato. I volontari ci sono, vorremmo che anche le istituzioni facessero la loro parte in maniera fattiva e non si limitassero dire: noi condividiamo il vostro lavoro e le vostre richieste. Grazie, ma non basta.

Come è stato detto negli anni, proprio durante gli incontri delle persone in povertà: la povertà non aspetta, e i poveri non possono più aspettare

In una Europa dove i diritti sono garantiti dai Trattati e dalle Carte, in una Italia dove i diritti sociali, sanitari, educativi sono universali, la povertà è in aumento perché le cause non sono più solo economiche per mancanza di reddito, ma influiscono cause globali. Il cambiamento climatico colpisce anche l’Europa, ma di più le popolazioni del Sud del mondo che ne sono maggiormente toccate: siccità, inondazioni, sfruttamento delle materie prime che provocano morti, migrazioni forzate. Senza dimenticare le guerre civili, i conflitti, attentati, violenze contro i civili. I più noti sono quelli in Afganistan, Etiopia, Siria, Libia che per forza di cose muovono migliaia di rifugiati alla ricerca di una vita migliore. L’elenco sarebbe molto più lungo.

I temi su tavolo

Di cosa si è parlato in questi due giorni? Chi è intervenuto? I temi di quest’anno erano: diritto ad una casa, reddito minimo, digitalizzazione e accesso alle cure sanitarie.

Il primo giorno hanno parlato le persone che solitamente non hanno voce. Dorota 60 anni, dalla Polonia, che da madre di famiglia si è trovata a vivere in strada per un matrimonio fallito e la perdita dei figli. Solo dopo molti anni e grazie all’aiuto dei volontari è riuscita ad essere ospitata in un centro di accoglienza e “risalire la china”, rincontrando i propri figli ormai grandi. Famara, 30 anni, migrato dal Gambia in Spagna dopo un percorso accidentato, che lo ha portato in un Paese senza conoscere la lingua e senza documenti, con l’aiuto della Caritas è riuscito a studiare, oggi fa l’infermiere e aiuta come volontario. Astrid dall’Austria, che perdendo il lavoro non è più riuscita a pagare il mutuo della casa.

Le reazioni dei partecipanti nell’ascoltare queste testimonianze sono state le più diverse: solidarietà, ispirazione, coraggio, resilienza, sostegno, determinazione, creatività, opportunità, ma anche responsabilità dello stato, stigmatizzazione, società malata.

I messaggi alle istituzioni

Ogni evento sociale europeo termina con dei messaggi chiave che vengono posti all’attenzione delle Istituzioni. Quest’anno i messaggi sono stati: aumento dell’occupazione e investimento sulle competenze di chi vuole lavorare attraverso la formazione; investire sugli alloggi sociali e quindi sull’ampliamento della platea dei beneficiari; la garanzia del mantenimento e dell’aumento del reddito minimo; l’accesso alla salute con un investimento maggiore verso gli ospedali pubblici; il rafforzamento dei servizi di mediazione e interpretariato per una maggiore inclusione delle persone.

Questi messaggi sono stati portati il secondo giorno (25 novembre) all’attenzione dei rappresentanti delle istituzioni. Pierfrancesco Majorino (europarlamentare, presidente dell’Intergruppo Povertà) ha sposato in pieno quanto è stato presentato con i messaggi chiave, ma ha anche aggiunto che gli interventi di sostegno al reddito devono essere conciliati con interventi diretti nei servizi territoriali. Pensava più all’Italia forse? L’accesso alla casa è un tema essenziale, che non è stato al centro delle politiche europee.

Anche la Vice-presidente della Commissione Dubravka Šuica, in un video messaggio, ha confermato che la partecipazione dei cittadini con esperienza di povertà è parte essenziale della democrazia e la voce delle PEP deve essere portata all’interno della COFOE (Conferenza sul futuro dell’Europa). Lo consideriamo un gradito invito, ma non è possibile organizzare una reale partecipazione senza una formazione di chi deve essere coinvolto.

I diritti sono universali o non lo sono e le misure adottate devono essere accessibili a tutti, altrimenti disuguaglianze, discriminazioni, esclusione sociale e povertà aumenteranno, questo è quanto è stato confermato in questa due giorni.

Leggi anche: CONFERENZA SUL FUTURO DELL’EUROPA: I DATI E I TEMI (retisolidali.it)

 

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