NESSUNO ESCLUSO: EMERGENCY CONTRO LA POVERTÀ LEGATA AL COVID19
Il progetto Nessuno Escluso-Neanche chi è ora in difficoltà è nato per aiutare chi soffre ed è fuori dai radar
29 Marzo 2021
Sono intervenuti, in tutto il mondo, per tante emergenze sanitarie dovute alle guerre. Ma, nel momento in cui un’emergenza sanitaria ha colpito anche l’Italia, hanno deciso di intervenire nelle nostre città, e non in modo legato prettamente alla sanità. Parliamo di Emergency, associazione che non ha bisogno di presentazioni. L’emergenza sanitaria è quella legata al Covid-19, ormai esplosa da un anno. In questi mesi ha cominciato a lasciare dietro di sé un’altra emergenza: una nuova povertà, che si è già affacciata nella quotidianità di molti. Famiglie numerose, anziani soli, giovani precari, lavoratori di settori gravemente penalizzati dalla crisi si sono ritrovati dall’oggi al domani senza mezzi di sostentamento.
È per aiutare queste persone che Emergency ha avviato Nessuno Escluso – Neanche chi è ora in difficoltà, un progetto che va oltre il consueto ambito sanitario che è nella mission dell’associazione. Ha come obiettivo la distribuzione gratuita di pacchi di alimenti e di beni di prima necessità alle persone che hanno bisogno di un sostegno per superare questo momento e che non hanno accesso ad altri aiuti.
Abbiamo ascoltato la storia del progetto durante le giornate della Milano Digital Week perché il progetto si è avvalso di un sistema informatico per essere messo a punto. Per individuare i beneficiari nelle città dove il progetto Nessuno Escluso è attivo – Milano, Roma, Napoli, Piacenza e Catanzaro – Emergency si è affidata a un sistema di micro-territorialità, raccogliendo le segnalazioni delle persone in stato di bisogno, tramite una fitta rete di associazioni e realtà del territorio. Il risultato è un vero e proprio database che ci racconta come la pandemia si sia innestata su una situazione sociale già caratterizzata da forti disuguaglianze con il rischio di accentuarle ancora di più. Ne abbiamo parlato con Marco Latrecchina, referente nazionale del progetto, Rolando Bricchi, system administrator, e Francesca Agnello, coordinatrice a Milano del progetto Nessuno Escluso di Emergency.
Nessuno escluso
«A marzo e aprile dell’anno scorso le chiamate da persone che avevano bisogno di mangiare non sono arrivate subito», racconta Marco Latrecchina. «Chi era al di sotto della soglia di povertà prima della pandemia era già legato ad altri meccanismi di aiuto. Ma in occasione della pandemia, dopo un paio di mesi, alcune persone anno cominciato a franare». Magari avevano tirato avanti qualche mese con i soldi messi da parte, ma dopo un po’ non bastavano più.
Le istituzioni stavano mettendo in campo misure di sostegno al reddito anche emergenziali. «Ma per accedervi c’erano dei requisiti formali, che però non dicevano niente della condizione corrente, come l’ISEE e altre misure di questo tipo». Una fetta della popolazione quindi rischiava di rimanere esclusa da queste misure, perché la loro era una condizione di povertà improvvisa, che dai dati in possesso non figurava. «Abbiamo ricevuto segnalazioni di persone che avevano bisogno e che non sapevano come fare. Perché chi non ha mai chiesto aiuto non sa a chi rivolgersi», racconta Latrecchina. «Sono venuti a bussare negli uffici di casa Emergency, anche se la nostra non è una sede operativa. In un periodo di confusione e disorientamento qualcuno vede in noi un punto in cui si può chiedere qualcosa e indirizzare un bisogno. Non ci siamo sentiti di mandare queste persone da un’altra parte».
Una sorta di triage per l’accesso
E allora è nata l’idea di aiutare chi non rientrava nelle misure di aiuto già esistenti. Ma come organizzarsi e impostare un progetto? «I principi li abbiamo presi dai nostri progetti sanitari», spiega Latrecchina. «Uno dei principi cardine è l’accesso, tutti devono avere accesso, al di là delle condizioni burocratiche. Così per leggere le segnalazioni e iniziare gli aiuti si è ricorsi a un principio traslato dal sanitario, che è quello del triage. «Arrivavano tante telefonate, e noi dovevamo avere un metodo», spiega Francesca Agnello. «Dovevamo raccogliere informazioni sulla vulnerabilità del nucleo familiare e dare una priorità alle persone che arrivavano». «Sulla vulnerabilità abbiamo dovuto inventarci uno strumento», continua. «E abbiamo analizzato 4 ambiti: reddito, casa, rete sociale intorno alla famiglia e salute. In questi 4 ambiti abbiamo definito delle domande, un questionario che desse una lettura di cosa aveva causato la pandemia a queste famiglie; a seconda di quello che rispondevano venivano registrare su una piattaforma IT che generava un punteggio. Che era basato su dei pesi. Il reddito pesava sul 55%: chiedevamo in famiglia quanti lavoravano, quanto guadagnavano e quanto guadagnano adesso, se hanno un reddito di cittadinanza, una pensione o un sussidio di disoccupazione. Se il reddito è stato azzerato prendono il punteggio massimo».
Questo sistema insomma mette insieme dati quantitativi e qualitativi. Oltre al reddito un indicatore è la casa: se è in affitto che non si riesce a pagare, se è di proprietà con un mutuo che non si riesce a pagare e così via.
1.500 pacchi alla settimana
Il progetto Nessuno Escluso è fatto da una mappa di processi, molto complessi. Non è solo la raccolta del bisogno, ma anche il modo di soddisfarlo. C’è quindi tutta l’attività di gestione e consegne dei pacchi, in modo da dare ai nuclei familiari generi di prima necessità. «Si è trattato di contattare fornitori che ci dessero dei beni, e organizzarli in pacchi», spiega Rolando Bricchi, che a Emergency si occupa di Information Technology. «Tutto questo è stato realizzato grazie a persone già in grado di gestirli. Su 5mila nuclei familiari, sulla base dello score, andavano individuati quali fossero i più vulnerabili sulla base di come lavoriamo noi e di un certo livello di beni che riusciamo a raccogliere». Emergency infatti è in grado di gestire 1.500 pacchi alla settimana. «Lo score, la nostra classificazione, doveva tirare fuori i 1.500 nuclei più urgenti da gestire. Si trattava di trovare regole che unissero realtà eterogenee in un questionario che dovevamo dare immediatamente», spiega Bricchi. «Ci siamo inventati qualcosa che nel giro di qualche giorno desse le possibilità ai centralini di raccogliere informazioni e fare lo score».
Grazie ai volontari e alle associazioni
Distribuire in concreto i pacchi è stato possibile grazie a 1.000 volontari, alcuni attivi alcune sere e il weekend, altri tutta la settimana. Sono stati trovati diversi punti di distribuzione in ogni città, e in alcuni casi i pacchi sono stati consegnati a domicilio. E la consegna è stata fatta in collaborazione con associazioni che hanno dato volentieri una mano. Si trattava anche di decidere come dovessero essere fatti i pacchi. In questo caso si può procedere in due modi. Uno è ricevere i generi alimentari e mettere nei pacchi quello che arriva. Oppure decidere prima, e volere che in quei pacchi ci sia tutto. «Si inizia a riceve della grande distribuzione il 5-10% quello che ti serve», spiega Marco Latrecchina. «Altri generi arrivano dal Banco Alimentare. Cosa mi manca per completare il pacco? Tutto questo deve essere calcolato».
Un data base al di là dell’ISTAT
È ormai quasi un anno che Emergency è impegnata nella lotta alla povertà. Cosa è stato imparato in un anno? «Ogni volta che raggiungiamo un plateau la situazione è così fluida che serve fare un ulteriore riflessione», spiega Latrecchina. «Le nuove povertà vanno oltre l’ISEE e l’ISTAT, come le leggiamo e come le affrontiamo?». «Stiamo parlando con gli altri grandi attori dell’emergenza alimentare, per avere un data base, uno strumento in grado di monitorare l’emergenza al di là dell’ISTAT» conclude. «Cercheremo di mettere a frutto questo patrimonio, di creare una coalizione, sempre a supporto di quello che fanno le istituzioni. Non di duplicare quello che fanno. Ma in un momento come questo c’è bisogno di fare rete».