ROMA. LE PARROCCHIE CONTRO LA POVERTÀ, AL TEMPO DEL COVID

Il rapporto di Caritas Roma "Nessuno si Salva da Solo": tante richieste di disoccupati, precari e pensionati. Distribuiti soprattutto aiuti alimentari e buoni spesa.

Come hanno reagito le parrocchie romane all’emergenza coronavirus? Il primo impatto è stato il blocco della routine della vita parrocchiale (41,5%), seguito dalla riduzione dei volontari (25%), dalla paura (10%), dal forte disorientamento (6,2%). Va sottolineato però che questa riduzione si è risolta nell’azzeramento completo delle attività di carità solo in una minima percentuale dei casi (6,5%).
Malgrado il blocco, infatti, in tante parrocchie, i centri d’ascolto sono rimasti prevalentemente aperti, un buon 33,4% addirittura in presenza, in particolare nei popolosi settori Sud e Est. Un altro 22% è rimasto aperto e ha funzionato da remoto (per esempio, telefonicamente), un altro 25,4% dichiara di aver ridotto effettivamente il funzionamento e meno di un quinto del totale dichiara la chiusura vera e propria del centro.

Il report “Nessuno si salva da solo”

I centri d’ascolto dunque hanno continuato sostanzialmente ad essere una presenza viva e attiva sul territorio, una presenza che di fronte al dispiegarsi dei mille problemi causati dal Covid si è presentata spesso come unico e insostituibile riferimento per la collettività più prossima. Lo dice il rapporto di Caritas Roma “Nessuno si salva da solo” (che si può scaricare a questo link).

Nel report sono riportati i risultati di un questionario somministrato a 177 parrocchie romane. Mense, scuole d’italiano per stranieri, ma anche la stessa accoglienza diffusa, anche laddove erano attive e funzionanti, si ridimensionano fortemente, se non scompaiono del tutto, a causa delle norme per contenere il contagio. Svetta invece la funzione di presidio per aiuti alimentari (in 158 centri), la richiesta di aiuti economici (in 130), la richiesta di buoni spesa (in 87 centri), il ricorso al Fondo anticrisi (in 74 casi).

Il numero delle persone assistite dalle parrocchie è letteralmente esploso: secondo “Nessuno si salva da solo” l’85,9 % dei Cda presenti nelle parrocchie romane ha registrato un’impennata del numero delle persone assistite (che in alcuni casi è arrivato a decuplicare). Anche se la maggior parte delle parrocchie ha visto un aumento fino a 50 persone e in 6 casi l’aumento delle persone assistite è stato addirittura di oltre 500.

Più in particolare i tipi d’intervento riflettono quanto evidenziato prima: praticamente tutti i centri d’ascolto hanno distribuito pacchi alimentari, in molti casi predisposti con particolare cura e attenzione alle ipotizzabili esigenze degli utenti. Sono stati distribuiti nel 98,8% dei casi, seguiti dalla consulenza per la domanda relativa ai buoni spesa (55,8%), alla richiesta di fondi parrocchiali e diocesani (54,1%), all’assistenza ad anziani soli (25,6%). Quella della solitudine degli anziani è una problematica strutturale: l’isolamento richiesto dal lockdown ha infatti estremizzato situazioni di abbandono, di malessere, di disagio evidenti per molti anziani (l’assistenza a queste persone registra il 25,6% dei casi), in particolare in quegli ambiti della città in cui il tasso di invecchiamento della popolazione è più avvertito.

Chi ha bisogno di aiuto

Secondo il Report “Nessuno si salva da solo”, tra gli assistiti c’è soprattutto chi ha un impiego irregolare, seguono i disoccupati di lunga data, lavoratori precari, i lavoratori dipendenti in cassa integrazione, infine gli intermittenti e stagionali in attesa di bonus.

Nessuno si salva da solo
L’utilizzo del fondo anticrisi, nella prima fase

Molto considerevole anche la percentuale di pensionati che si sono rivolti alle parrocchie, pari al 51,5%.

La richiesta di accesso ai fondi parrocchiali e diocesani è stata prevalentemente motivata con il bisogno di pagare l’affitto, le bollette, le rate del mutuo.

Nessuno si salva da solo
L’utilizzo del Fondo Anticrisi, nella seconda fase

Tale dato è ulteriormente confermato dalla domanda relativa ai problemi rilevati: tra di essi, si evidenzia soprattutto il cibo (84,3%), la mancanza di lavoro/reddito (79,1%) e la mancanza di denaro per pagare l’affitto o il mutuo (71,5%). Anche la solitudine permane come un problema sensibile (rilevato nel 23,3% dei casi), che il lockdown ha ulteriormente esteso e aggravato.

Il problema delle risorse

La valanga di richieste che ha sommerso i centri d’ascolto si è rivelata ben presto e in molti casi sproporzionata, sia rispetto alle risorse (con 69,7% dei casi), sia rispetto al numero dei volontari (ne lamenta la carenza il 43,7%), sia rispetto alle stesse capacità organizzative (nel 32,4% dei casi).

Una riflessione a parte merita la tematica della sicurezza, particolarmente rilevante nell’emergenza pandemica. I centri d’ascolto hanno dichiarato nel 56,9% dei casi (oltre la metà quindi) di aver riscontrato numerose difficoltà dal punto di vista organizzativo, cosa che non è difficile credere considerato quanto   severe siano le disposizioni di sicurezza in una crisi caratterizzata da forte contagiosità. Ma gli intervistati hanno sottolineato anche le grandi difficoltà derivanti dalle informazioni scarse (36,2%) e dalle difficoltà a reperire dispositivi di sicurezza (31,9%).

Fare rete, con chi?

Tra le difficoltà legate alla collaborazione con altri enti spiccano con il 77,5% dei casi quelle di coordinamento con le altre istituzioni, mentre assai meno significative si sono rivelate le difficoltà legate al coordinamento territoriale tra le parrocchie (30,4%) e con altri organismi di volontariato (25,5%). In effetti, oltre un terzo degli intervistati dichiara di aver collaborato con altri soggetti del Terzo Settore. Riguardo la collaborazione con le istituzioni invece è mancata totalmente nel 39,5% dei casi.

Per la rimanente parte la rete dei centri d’ascolto Caritas nelle parrocchie nel 38,3% dei casi dichiara di avere interagito in collaborazione con i municipi e nel 29,9% con gli assistenti sociali, mentre minoritarie si evidenziano le collaborazioni con ASL e Ospedali. Infine per quanto attiene alla collaborazione con soggetti privati va messa in evidenza l’alta percentuale, evidenziato nel 65,5% dei casi, di persone private che hanno supportato le parrocchie con donazioni proprie (in denaro e beni di prima necessità). Allo stesso tempo è interessante il sostegno che nel 30,4% dei casi le parrocchie hanno ricevuto dalla Protezione civile e nel 19,3% dai commercianti o le imprese del quartiere.

Gli equilibristi della povertà

«Il lockdown pandemico ha fatto da cartina al tornasole per tante fenomenologie, che in parte già covavano sotto le increspature di superficie della società, ma che erano pronte ad emergere alla prima congiuntura negativa: le fragilità del mercato del lavoro (precari, stagionali, false partite Iva, lavoro in nero) avevano già prodotto percorsi esistenziali impegnati già in precedenza e costantemente nello sforzo di bilanciare entrate e uscite», si legge nel report .

Nessuno si salva da solo
I dati sui buoni spesa

Si tratta di quella fascia di popolazione che la Caritas di Roma già definiva nel rapporto sulle povertà dello scorso anno “gli equilibristi della povertà”:persone costantemente in bilico che possono entrare in uno stato di povertà conclamata per una relativamente modesta spesa imprevista, per poi magari uscirne appena una piccola opportunità dovesse concretizzarsi. E, successivamente allo sfaldarsi della recente occasione positiva o all’arrivo di un’imprevista nuova difficoltà, ripiombare di nuovo nel vasto bacino della povertà.

Lo scorso anno si parlava, nel rapporto povertà, di “povertà liminale”, che cammina cioè costantemente sulla linea di confine tra povertà e inclusione sociale. Quello che è certo è che il lockdown ha fatto deflagrare tali situazioni, precipitare tanti “equilibristi della povertà” in una povertà conclamata. Nei centri d’ascolto Caritas delle parrocchie romane oltre l’83% denuncia di essersi trovato di fronte a forme di “nuova povertà”, cioè persone che per la prima volta si rivolgevano a un servizio Caritas”.

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