PACE. LE PROPOSTE DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO, PIÙ CHE MAI ATTUALI

Dialogo con Daniele Taurino, esponente del Direttivo Nazionale del Movimento Nonviolento, dopo la Marcia della Pace Perugia-Assisi

All’indomani dell’edizione 2021 della Marcia per la Pace Perugia-Assisi, riflettiamo con Daniele Taurino del Movimento Nonviolento – che non ha presenziato l’edizione 2021 – ripercorrendo alcune delle tappe storiche che hanno visto il MN direttamente impegnato nella sua realizzazione.

Parliamo del Movimento Nonviolento: come e quando si costituisce?

«Il Movimento Nonviolento (qui il sito) viene fondato nel 1962 per opera del filosofo Aldo Capitini all’indomani della prima Marcia per la Pace e la Fratellanza dei popoli Perugia-Assisi del 1961, da lui stesso ideata e promossa; la nascita del MN è caratterizzata dalle idee di Capitini, che aveva portato il pensiero gandhiano della nonviolenza attiva ed organizzata in Italia, attraverso opere teoriche e molteplici iniziative per la pace, la nonviolenza e il disarmo.

Movimento non violento
Daniele Taurino, del Movimento Nonviolento

Il Movimento Nonviolento affonda le sue radici nell’opposizione al regime fascista, opposizione che all’epoca si declinava in forme di resistenza intellettuale e clandestina (Capitini finirà in carcere per due volte) che hanno portato anche ad esperienze di partigianeria senz’armi; fin dall’idea originaria di Capitini, il Movimento non nasceva come gruppo isolato: egli ha tentato di creare un legame con altre realtà di opposizione al fascismo e alle guerre, costruendo una rete internazionale di contatti e amicizie. Grazie alla presenza di Capitini e di altre brillanti menti antifasciste, tra cui l’amico Claudio Baglietto, all’interno dell’Università Normale di Pisa, vengono organizzate delle riunioni clandestine in cui ricreare uno spazio di confronto intellettuale sulla spiritualità, sulla teologia, promuovendo contestualmente una riflessione più ampia sulla nonviolenza come netta opposizione al fascismo, quest’ultimo espressione eclatante di militarismo e burocrazia. In questo contesto dunque germoglia e fiorisce quella che sarà la necessità di organizzare la nonviolenza, facendosi portavoce di istanze in netto contrasto con la violenta propaganda del regime».

Cosa rappresenta la Marcia Perugia-Assisi?

La prima Marcia cui ci si riferisce è quella voluta da Capitini nel 1961, conosciuta come Marcia per la Pace e la Fratellanza dei popoli, nella cui definizione sono racchiusi i capisaldi stessi del pensiero capitiniano: la pace come obiettivo politico e la dimensione popolare della Marcia. Novità rivoluzionaria per l’Italia del tempo – se si considera l’estraneità della Marcia a qualsiasi tipo di appartenenza politica, partitica o religiosa – ma che trova dei precedenti già nella Marcia organizzata dal filosofo Russell ad Aldermaston in Inghilterra nel 1958.

Uno degli aspetti che conferisce maggior carattere di novità alla Manifestazione è rappresentato dal percorso scelto dallo stesso Capitini: la strada da Perugia ad Assisi – quest’ultima cittadina umbra sede della spiritualità francescana, dunque esplicito richiamo alla nonviolenza – e che attraversa villaggi contadini dell’entroterra umbro, come a voler restituire alla collettività un senso di appartenenza alla Marcia quale espressione diretta di un attivismo diffuso.

La prima Marcia rappresenta dunque il frutto di una ricerca appassionata sul territorio e del percorso che avrebbe consentito la più ampia partecipazione popolare, sancendone il carattere di apertura ed inclusività. La mattina del 24 settembre del 1961 si ritrovano in migliaia pronti a manifestare attivamente per gli ideali di pace e fratellanza tra i popoli, decretando il successo di un impianto organizzativo che aveva visto coinvolto in prima persona Capitini e pochi amici, affinché la Marcia fosse espressione della comunità accorsa in massa, ma al contempo fermamente indipendente da “contaminazioni” politiche e religiose.

Approfondiamo il tema della Campagna “Difesa civile non armata e non violenta”

«”Un’altra Difesa è possibile!” Campagna per la difesa civile non armata e nonviolenta trova la sua genesi in due eventi molto partecipati: la Marcia del 2011, quell’anno eccezionalmente co-promossa dal Movimento Nonviolento, e il convegno nel 2012 per i 40 anni della legge sull’obiezione di coscienza a Firenze.

Movimento non violentoSia dalla Rocca di Assisi che dal capoluogo toscano vengono lanciati appelli concreti per il disarmo, proponendo di lavorare in particolare sulla riduzione delle spese militari (campagna contro gli F35, cacciabombardieri nucleari); per la promozione del Servizio Civile, affinché costituisca realmente un Istituto di difesa civile non armata e nonviolenta della Patria e per il blocco dell’export degli armamenti. Intorno a queste proposte il MN intensifica il suo lavoro di rete, mirando ad allargare il raggio di azione per un impegno attivo di prevenzione sulle cause che conducono alle guerre, nella direzione di un persuaso antimilitarismo nonviolento. Questa mobilitazione al fianco di altre associazioni conduce alla convocazione per il 25 aprile 2014 dell’Arena di Pace e Disarmo a Verona, cui aderiscono molte realtà tra cui note sigle ed associazioni quali Arci, Acli, Libera. Oltre 13.000 persone accorrono a Verona per “Arena di Pace e Disarmo”, in una giornata in cui vengono proposti e dibattuti con ospiti e interventi d’eccezione i temi alla base della campagna “Un’altra difesa è possibile”. Proprio in tale occasione le sei Reti promotrici, Conferenza Nazionale Enti di Servizio Civile, Forum Nazionale per il Servizio Civile, Rete della Pace, Rete Italiana per il Disarmo, Sbilanciamoci!, Tavolo Interventi Civili di Pace, annunciano formalmente la Campagna. L’intenzione è quella di allontanarsi da iniziative “rituali e fini a sé stesse”, con l’intento piuttosto di abbracciare concretamente la causa per la quale si è scelto di manifestare e marciare».

Come si è sviluppata la Campagna?

«La Campagna ha vissuto diverse fasi: dopo la raccolta di firme di iniziativa popolare (oltre 53.000!), consegnate all’allora presidente della Camera Onorevole Laura Boldrini, la proposta è stata trasformata, caduta la legislatura, in iniziativa parlamentare attraverso la presentazione della proposta da parte di un intergruppo parlamentare per la pace, trasversale ai partiti. Oggi – terminata anche l’esperienza di quell’intergruppo – continua il suo percorso accidentato, incardinata nelle Commissioni Difesa ed Affari Costituzionali. Nel giugno del 2020 il testo è stato inoltre messo a disposizione di Senato e Camera dei Deputati attraverso lo strumento della Petizione costituzionale (articolo 50) inoltrata dalle sei Reti promotrici della nostra Campagna.

Attualmente si sta lavorando per l’avvio di una nuova fase che consenta di trasferire la proposta dal dibattito parlamentare interno alle Commissioni all’approvazione della proposta, le cui istanze in sintesi sono: l’istituzione di un Dipartimento della difesa civile non armata e nonviolenta, espressione del dettato costituzionale di cui all’articolo 52; l’introduzione di un’opzione fiscale, ovvero la possibilità di conferire un 6permille dell’IRPEF alla difesa civile non armata e nonviolenta, quale retaggio delle campagne di obiezione fiscale alle spese militari; la costituzione di un Istituto di ricerca sulla Pace e il Disarmo; più investimenti per il Servizio Civile e i Corpi Civili di Pace».

Quale dovrebbe essere l’impegno affinché la Marcia della Pace custodisca il suo carattere di contrasto attivo alla violenza?

«La Marcia Perugia-Assisi del 1961 di fatto non nasce con l’intento della reiterazione; fin dall’esordio il suo promotore Aldo Capitini voleva evitare che la manifestazione assumesse il carattere della ritualità. Nel citarne l’espressione: “la Marcia produce onde che vanno lontano”, si incappa nell’errore di associare questa riflessione alla ripetizione della Marcia, senza valutare che le “onde” rappresentavano nel pensiero capitiniano le manifestazioni spontanee, che dal 1961 si sarebbero generate in altri luoghi di Italia, specificamente rivolte all’opposizione alla guerra e alla sua preparazione.

Capitini non indirà mai una seconda Marcia; sarà Pietro Pinna nel 1978, in occasione del decennale dalla scomparsa del fondatore del Movimento Nonviolento Aldo Capitini, a convocare una seconda Marcia col titolo “Mille idee contro la guerra”, decidendo di riaprire alla dimensione popolare il lavoro del Movimento Nonviolento, tentando così la strada di un dialogo più serrato con i partiti ed i movimenti sociali molto attivi in quel frangente storico. La partecipazione alla marcia, svoltasi il 24 settembre 1978, è stata valutata in 15.000 presenze, con la più grande varietà di provenienza geografica, ideologica e sociale. Come nel caso della prima Marcia, anche la manifestazione del 1978 non presuppone la continuazione nell’anno successivo, tanto che la terza edizione si svolgerà solo nel 1981. Quest’ultima edizione, nel segno del motto “Contro la guerra: ad ognuno di fare qualcosa” ha visto l’esplosione della partecipazione popolare con una straordinaria affluenza anche internazionale, valutata tra le 70.000 e le 100.000 persone, contribuendo anche al successo della campagna contro l’installazione dei missili nucleari Cruise presso la base militare di Comiso in Sicilia, richiamando la platea ad un impegno attivo per il disarmo e la nonviolenza.

Movimento non violento
Per Daniele Taurino il messaggio politico della nonviolenza è ancora più che attuale

Il successo porta il MN a convocare un ulteriore marcia nel 1985, ma con uno slogan più stringente: “Contro il riarmo blocchiamo le spese militari” con l’obiettivo mirato di convogliare gli aderenti alla manifestazione intorno agli obiettivi specifici di una Campagna che da lì sarebbe partita. Nonostante l’adesione attiva e la sottoscrizione dell’impegno di contribuzione alla Campagna, alcuni dei partiti sostenitori voteranno a favore dell’aumento del bilancio per le spese militari nel dicembre dello stesso anno, circostanza che convince Pietro Pinna ed i suoi collaboratori a non dare seguito a ulteriori convocazioni della Marcia.

Da questo momento l’esperienza della Marcia per la Pace intraprende un percorso differente, rappresentato da alcune associazioni della dimensione pacifista e dalle Istituzioni ed Enti locali che negli anni a seguire ne hanno curato le edizioni coagulandosi nella Tavola della Pace.

Ci sono però un paio di eccezioni: oltre alla già citata Marcia del 2011, co-promossa dal Movimento in occasione del 50esimo anniversario dalla Marcia per la Pace voluta da Capitini, ci fu quella 2000: “Mai più eserciti e guerra” fortemente voluta da Piero.

Quella fu una marcia speciale…

«Fu una marcia specifica, con le seguenti motivazioni:

1) che veda, fin dalla sua costruzione e proposta, l’impegno delle associazioni, dei gruppi, dei singoli amici della nonviolenza;
2) che contrasti la rassegnazione all’inevitabilità delle guerre che è l’implicita legittimazione degli eserciti;
3) che presenti la ricchezza e positività delle esperienze nonviolente, pur nella ristrettezza dei mezzi a disposizione, per l’umanizzazione, trasformazione e risoluzione dei conflitti;
4) che nel richiamo a Francesco d’Assisi sappia trasmettere a tutti un messaggio di unità e di apertura.

Il significato profondo di questa marcia nonviolenta stava nel suo motto di convocazione: per abolire la guerra, bisogna abolire gli eserciti, strumento principale di realizzazione delle guerre. A questa marcia nonviolenta parteciparono oltre cinquemila persone e si concluse con la lettura dei messaggi di Norberto Bobbio e di Pietro Pinna.

Questo messaggio politico della nonviolenza è ancora più che attuale e oggi lo portiamo avanti nell’impegno e nelle campagne della Rete italiana Pace e Disarmo».

 

Leggi anche: PACE. DOPO LA MARCIA PERUGIA-ASSISI L’ONDA VA LONTANO (retisolidali.it)

 

 

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