NON AUTOSUFFICIENZA. LA RIFORMA NON PUÒ PIÙ ASPETTARE

Lo SNA e le proposte del Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza. Gori: «La legge delega va approvata entro la primavera 2023». Russo: «Questa discussione non è centrale nel dibattito politico»

Con quasi 14 milioni di anziani il nostro Paese è il più vecchio d’Europa. Per renderci conto meglio, se nel 1981 su 100 under 15 c’erano 61 anziani, oggi ce ne sono 188. «Grazie alla legge 833 del 1978, il sistema sanitario nazionale ha garantito alla popolazione italiana standard di assistenza molto elevati. Ora non basta più, il welfare italiano è arrivato ad un punto di svolta decisivo». A parlare è Giancarlo Penza, responsabile servizio anziani della Comunità di Sant’Egidio, nel corso del seminario Un nuovo patto per la non autosufficienza, promosso da Acli e Caritas Italiana, che si è tenuto a Roma nei giorni scorsi per riaffermare con forza la necessità di portare a conclusione il percorso di riforma della non autosufficienza in Italia.

Un percorso che aveva preso le mosse dalla proposta del Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza portata avanti da Cristiano Gori, coordinatore scientifico, insieme a 52 organizzazioni, la maggioranza delle organizzazioni impegnate nell’assistenza e nella tutela degli anziani in Italia, come ha evidenziato lo stesso Gori: «siamo eterogenei – ci sono le associazioni, i sindacati dei pensionati, le associazioni di familiari, gli ordini professionali, i gestori – perché l’autosufficienza è un tema tanto frammentato che solo mettendo insieme tutti i punti di vista è possibile provare a capire».

Non autosufficienza: la proposta

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Lo SNA punta ad un’integrazione di tutta la filiera dell’assistenza

Il Patto punta all’introduzione di un unico Sistema Nazionale Assistenza Anziani, lo SNA, composto da tutti gli interventi di titolarità pubblica, siano essi statali, regionali o comunali, dedicati all’assistenza degli anziani in condizione di non autosufficienza e fondato sul finanziamento pubblico dei livelli essenziali. Un nuovo sistema nazionale basato sul governo condiviso, sulla realizzazione congiunta degli interventi, che mantengono la propria titolarità istituzionale; un sistema nazionale che aggrega le tre filiere delle politiche sanitarie, delle politiche sociali, dei trasferimenti Inps, oggi ben poco coordinate.

«Negli altri paesi», ha spiegato Gori, «quando è stata fatta la grande riforma della non autosufficienza, è stato inventato un nuovo settore dello stato sociale, con un disegno istituzionale mirato a dare unitarietà al settore. In Italia oggi sarebbe impossibile superare la separazione tra le tre filiere. Quello che è possibile, ed è la logica dello SNA, è definire un sistema di governo congiunto: programmazione unitaria, organizzazione unitaria, presa in carico unitaria. Pur mantenendo, quindi, le tre filiere, le governiamo nella maniera più organica possibile».

Lo SNA punta quindi ad un’integrazione complessiva di tutta la filiera dell’assistenza – accesso, valutazione delle condizioni dell’anziano, progettazione ed erogazione delle risposte, organizzazione dei servizi, programmazione e monitoraggio degli interventi –.

I benefici per gli anziani e i loro familiari, come lo stesso Gori ha spiegato, sarebbero non di poco conto. Anzitutto una risposta organica, unitaria, un accesso semplificato, in un sistema, quale quello attuale, fatto di regole frammentate. Con la proposta di Riforma si supererebbe, quindi, la separazione degli interventi tra sociale e sanitario e si definirebbero sia Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), in ambito sanitario, che Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali (LEPS), in ambito sociale, così da rendere sempre di più l’assistenza per i non autosufficienti un diritto pubblico garantito in ogni contesto.

Lo SNA interverrebbe anche sulle valutazioni delle condizioni dell’anziano, riducendole a due. La prima, nazionale (la Valutazione nazionale di base), di responsabilità dello Stato, necessaria per accedere all’insieme degli interventi e ottenere le misure di carattere nazionale, che ingloberebbe le valutazioni previste oggi per ricevere le prestazioni nazionali (accompagnamento, legge 104 e invalidità civile, congedi per i caregiver) e l’altra territoriale, per i servizi e le prestazioni di competenza locale.

La proposta di riforma prevede interventi anche sugli interventi prevalenti, indennità di accompagnamento, domiciliarità, residenzialità, che è possibile approfondire qui.

I prossimi passi

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Istituire lo SNA, secondo i promotori del Patto, significa accreditare la non autosufficienza come specifico ambito del welfare

«La legge delega va approvata dal parlamento entro la primavera 2023, i decreti attuativi poi vanno fatti entro il 2024», ha sottolineato Gori. «Storicamente quello della non autosufficienza è un mondo di welfare territoriale, in cui lo Stato, se fa qualcosa, fa generiche declaratorie. Questa è la prima volta in cui una legge dello Stato può fare la differenza, è la prima volta in cui dal territorio si può guardare al nazionale. Tuttavia il PNRR obbliga a fare una riforma, non obbliga a fare una buona riforma: siamo sicuri che nella primavera 2023 ci sarà una legge approvata dallo Stato, che, però, potrà essere da una vaga declaratoria a un impianto strutturato. Inoltre, in questo momento, questa riforma non ha finanziamenti agganciati, ci sono solo i finanziamenti temporanei degli investimenti PNRR, che sono un’altra cosa. La non autosufficienza ha bisogno di essere ristrutturata, ma ha anche bisogno di 5 o 6 miliardi a regime». Istituire lo SNA, secondo i promotori del Patto, significa accreditare la non autosufficienza come specifico ambito del welfare, con un oggetto identificabile, obiettivi chiari e confini delineati. L’approvazione della legge delega, il tempo, le risorse – dirette, cioè stanziate appositamente e strutturali, e indirette, dai risparmi legati alla prevenzione e ad un’assistenza sanitaria tempestiva e duratura -, le risorse umane sono le parole chiave a questo punto della strada. «Questa Riforma riguarda 14 milioni di italiani over 65 e 3 milioni di anziani già in una condizione di non autosufficienza», ha affermato 𝗔𝗻𝘁𝗼𝗻𝗶𝗼 𝗥𝘂𝘀𝘀𝗼, Vicepresidente nazionale Acli. «Una riforma attesa per troppo tempo in un paese dove si nasce meno e si vive di più e dove la qualità dell’invecchiamento è strettamente legata a fattori sociali e sanitari che, troppo a lungo, sono stati elementi distinti». Siamo nel cuore di una campagna elettorale, è stato da più parti sottolineato, ma «questa discussione non è centrale nel dibattito politico», come lo stesso Russo ha ribadito. La Riforma contiene proposte che non sono particolarmente innovative rispetto al dibattito tecnico, ma lo sono fortemente rispetto alla realtà del welfare italiano, come ha spiegato Giancarlo Penza. «Sono decenni che invochiamo l’integrazione tra sanità e sociale, nei fatti, non nelle parole o nei testi di legge; che segnaliamo l’assenza di misure organiche per fronteggiare la non autosufficienza; che auspichiamo che davvero faccia perno sulla domiciliarità; che chiediamo un pieno riconoscimento della figura del caregiver. Tutto questo è nella Riforma, siamo a un passo dal traguardo, pretendiamo che non ce lo spostino».

NON AUTOSUFFICIENZA. LA RIFORMA NON PUÒ PIÙ ASPETTARE

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